|
A Poggioreale è "normale" emergenza Un giorno qualsiasi tra il caldo e la sanità negata
Il Manifesto, 12 agosto 2003
Nel carcere più grande della Campania le condizioni di vita sono "disumane". Protestano i familiari dei detenuti. Fino a 18 persone per cella, aria per 45 minuti e il lavoro che non c’è. Dire drammatico è dire poco. A Poggioreale, il penitenziario più grande della Campania, la situazione si aggrava ogni giorno di più. Ieri sono scesi in strada, bloccando gli accessi all’istituto, oltre 150 familiari dei detenuti. La protesta, pacifica ma ferma, è durata qualche ora, finché la Digos non è riuscita a calmare gli animi. Fino alle 13 le mogli e i figli dei detenuti hanno srotolato striscioni e raccontato le loro storie. Nel pensiero di tutti c’è soprattutto l’assistenza sanitaria negata. Le condizioni all’interno del carcere, secondo i familiari, sarebbero "disumane". Come racconta Lucia, una donna di 36 anni moglie di Giovanni, detenuto da un anno e mezzo in attesa di giudizio per detenzione e spaccio di stupefacenti: "Stamattina sono andata al colloquio e Giovanni non riusciva nemmeno a parlare. Ho paura, forse sta andando in coma. Dorme sempre e ha le piaghe. Pesa 40 chili. I sanitari dicono che è in anoressia, è paranoico e schizofrenico, e allora mi chiedo perché non segnalano il caso al magistrato? Se a Poggioreale non lo possono curare, perché non lo trasferiscono in un ospedale o in un’altra struttura?". Lucia ha radunato ieri tutte le altre donne che da tempo lamentano il sovraffollamento del penitenziario e le cattive condizioni in cui vivono i detenuti, "ci sono anche le zecche", dice un’altra donna, Maria. Anche Concetta interviene per dire la sua: "Io tre volte alla settimana sono costretta a portare la macchinetta dell’ossigeno a mio marito, perché a Poggioreale non ce l’hanno. Lo so che mio marito deve pagare per quello che ha fatto, ma almeno trasferitelo in un carcere attrezzato". Lo scoglio sul quale si infrangono con regolare frequenza le richieste dei sanitari del carcere per l’assistenza medica negli ospedali è il tribunale di sorveglianza. Si dice che a Napoli siano molto rigidi nell’accesso ai benefici e alle cure esterne. Tanto che sono molti i detenuti che chiedono il trasferimento a Benevento. Il carcere di Poggioreale ha quasi 1.000 detenuti in più rispetto alla capienza (1.359 posti), al 30 giugno erano circa 2.000 ma non è raro trovarne anche fino a 2.400. L’istituto infatti è un carcere di primo ingresso e nelle sue mura passano in un anno oltre 12mila persone. Se sei arrestato, a Napoli, finisci subito lì. Due terzi dei detenuti sono imputati in attesa di giudizio. Come racconta il coordinatore dell’associazione Antigone a Napoli, Dario Dell’Aquila, impegnato in questi giorni in una serie di visite negli istituti napoletani, "la situazione è allarmante". Non è difficile credergli, ragionando sui tagli alla sanità, il passaggio ancora incompiuto della medicina penitenziaria al servizio sanitario nazionale. In più il sovraffollamento cronico, il grande caldo, le aspettative generate dall’indultino, la lentezza con la quale vengono concessi i benefici di legge. Dell’Aquila racconta che nei fondi dimezzati per la spesa farmaceutica in carcere non rientrano solo le medicine, ma anche le spese per i medici esterni in convenzione. Di fatto, l’assistenza sanitaria è inoperante. Per i tossicodipendenti la situazione è ancora più grave. Fino all’anno scorso a Poggioreale non esisteva il trattamento metadonico, che è un diritto per chi già ne usufruisce all’esterno. Negato nelle celle, tanto che a volte per chi va in crisi di astinenza si ricorre al vecchio metodo della "doccia fredda". Solo da poco si è avviata una "sperimentazione", limitata a 50 detenuti. I medici in servizio a Poggioreale, (10 più 70 infermieri, di cui 51 non di ruolo), sono insufficienti e lavorano in condizioni pessime. Secondo Antigone, nelle varie celle esistono delle liste d’attesa interne per avere un colloquio con il medico. Ci sono da 8 a 18 detenuti per cella, fino a 3 file di letti a castello e un solo bagno. A causa del sovraffollamento l’ora d’aria è ridotta a 45 minuti e i posti di lavoro interni sono stati ridotti di un terzo perché mancano i fondi. Solo 40 detenuti hanno accesso ai corsi di formazione. Chi sta peggio sono gli stranieri (a Poggioreale sono pochi rispetto alle altre carceri, 200-300). Quasi sempre stanno chiusi nelle celle, privi di visite dall’esterno, di benefici, e quindi di ogni sollievo, specie nel vitto. I mediatori culturali e gli interpreti non esistono e gli stranieri affrontano spesso i consigli disciplinari in caso di infrazione non capendo neanche una parola. Anche Biagio Fulco, delegato Cgil, racconta che la nuova assistenza sanitaria a Napoli non si è vista. "L’atmosfera è critica. Il disagio è fortissimo, anche tra chi in carcere lavora. Per ora alcune ambiguità nelle leggi sono state sciolte e con un’integrazione dei fondi qualcosa in più si sta riuscendo a fare". Anche ieri, giorno di normale emergenza, i telefoni del provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria a Napoli, squillavano a vuoto.
|