Misteriosa
morte dietro le sbarre
Il
Resto del Carlino, 4 settembre 2002
Non
respirava più. Era morto: disteso nel suo letto, Umberto Tubelli, 54 anni —
presunto boss dell'omonimo clan napoletano finito al completo dietro le sbarre
il mese scorso — aveva gli occhi sbarrati. Occhi spogli, uccisi da un arresto
cardiaco due notti fa. Lunedì mattina l'hanno trovato fisso sul letto della sua
cella del carcere di Forlì.
Una morte che scotta. Per vari motivi. Di certo perché s'è subito innescata
un'inchiesta giudiziaria, coordinata dal sostituto procuratore Filippo
Santangelo. Che ha disposto l'autopsia al cadavere di Tubelli, che pare
soffrisse di diversi disturbi da alcuni giorni: avrebbe pure chiesto di uscire
per essere visitato e curato adeguatamente fuori dal carcere. Permesso non
concesso. L'esame verrà eseguito nelle prossime ore. Ci sarebbero comunque già
degli indagati.
Una morte che scotta anche perché quella di Umberto Tubelli — a capo, secondo
le accuse, della più forte organizzazione di truffatori e campanellari
d'autogrill — è un'altra fine scomoda legata al carcere della Rocca. Le altre
sono quelle di Fabio Benini (avvenuta comunque a Torino) e Gino Corvini. La fine
di Tubelli ha scatenato tensione e rabbia tra i detenuti, compresi i figli
dell'uomo, pure loro finiti in manette, arrestati dai carabinieri di Meldola:
diciassette i napoletani, che dovevano rispondere di associazione a delinquere
finalizzata a rapina, estorsione e truffa.
Il riserbo è massimo. Tutti si tengono in equilibrio sopra evasivi «non so».
L'autopsia sarà comunque un passo decisivo per stabilire eventuali
responsabilità di questa morte. L'esame al corpo del presunto boss dovrebbe
stabilire le esatte cause della morte. E da lì sarebbe poi possibile risalire
ad eventuali responsabilità.
Tuttavia, codice alla mano, sarebbero già partite informazioni di garanzia.
E
questo perché l'autopsia giudiziaria è considerata dalla legge un «accertamento
tecnico non ripetibile»: in previsione di un eventuale processo, è stabilito
che i probabili soggetti imputabili siano già individuati con nomi e cognomi
per poter essere presenti all'«accertamento» e potersi quindi successivamente
difendere. Chi e quanti siano gli indagati non è però ancora chiaro.
Il
Resto del Carlino, 5 settembre 2002
E'
stata eseguita ieri l'autopsia sul corpo di Umberto Tubelli, 54 anni, il boss
napoletano trovato morto lunedì mattina nel carcere della Rocca, dove era
rinchiuso dal 31 luglio. L'esame è stato disposto dal sostituto procuratore
Filippo Santangelo, che ha aperto un'inchiesta sull'episodio. I risultati
saranno noti tra una quindicina di giorni, ma intanto — per voce di Marco
Beltrandi, della direzione dei Radicali Italiani — non si placano le polemiche
sull'assistenza medica in carcere e sulla tempestività delle pronunce dei
magistrati sulle incompatibilità col regime carcerario.
«Il detenuto soffriva di insufficienza renale e gli era stata asportata la
vescica — dice Marco Beltrandi, della direzione dei Radicali Italiani — le
sue condizioni erano talmente serie che era stata presentata richiesta di
scarcerazione al GIP, che tuttavia l'ha respinta, senza che egli abbia potuto
apprenderlo dato che era già deceduto».
Beltrandi cita anche la morte di Fabio Benini, 29 anni, avvenuta nel carcere
forlivese delle Vallette. «Ma la tragedia — accusa l'esponente radicale —
si è sviluppata nella casa circondariale di Forlì, dove Benini aveva già
perso 55 kg nel giro di alcuni mesi per una forma di anoressia. Nessuna cura è
stata fornita prima del trasferimento disperato al carcere di Torino, dove
Benini è morto dopo pochi giorni per denutrizione, racconta l'autopsia. Come si
poteva tenere in stato di detenzione e senza cure una persona che vede dimezzare
il proprio peso in poco tempo?».
Infine nel mirino finisce il ministro della Giustizia, Castelli: «Lo invito a
darsi da fare — attacca Beltrandi — invece di definire "Grand
Hotel" le carceri italiane».