A cura del Coordinamento
"Liberiamoci dal carcere" di Napoli
Da Sassari a
Poggioreale... o viceversa?
Il 3
aprile del 2000 un gruppo di
agenti reclutati nelle carceri sarde entra nell’istituto di Sassari per eseguire
una perquisizione straordinaria e trasferire una ventina di detenuti.
Il 3 maggio
del 2000 i magistrati di Sassari
emettono 82 ordini di custodia cautelare contro 79 guardie, il Provveditore
delle carceri della Sardegna, la direttrice e il comandante di Sassari. Scoppia
il caso Sassari. Le polemiche scoppiate in seguito alle prime rivelazioni sui
fatti di violenza investe
l’amministrazione penitenziaria, e soprattutto il corpo di polizia che
governa le carceri. I racconti dei calci in faccia con gli anfibi, delle
secchiate di acqua gelida, delle umiliazioni dei denudamenti e delle
perquisizioni anali fanno il giro delle redazioni di giornali e televisioni. Si
scopre la vergogna del carcere italiano, per tanti anni rimasto silente e
nascosto.
Il 7
maggio la violenta reazione dei sindacati della polizia penitenziaria prende
corpo nella prima manifestazione nazionale di protesta contro gli arresti
operati dalla magistratura sarda. La piazza scelta è quella di Napoli; lo
scenario le mura del carcere di Poggioreale. Perché proprio Napoli? Perché per protestare contro 82 arresti
avvenuti a Sassari si decide di indire una manifestazione di protesta fuori al
carcere di Poggioreale? Perché il provveditore delle carceri della Sardegna,
campano, per effettuare l’operazione di Sassari fa trasferire da Benevento il
suo ex capo delle guardie? E chi ha
autorizzato il trasferimento dell’uomo duro che ha gestito lo sfollamento?
Il 19
maggio, dopo che il Governo ha risposto ai fatti di Sassari con un l’aumento
degli organici della polizia penitenziaria e l’apertura di nuove prigioni, i
centri sociali napoletani organizzano una manifestazione di solidarietà ai
detenuti fuori al carcere di Poggioreale. Il "popolo dei dannati della terra"
risponde con una battitura delle
stoviglie sulle sbarre che dura fino a tarda notte: è la prima iniziativa di
protesta che parte da un carcere italiano. I detenuti chiedono che sia messo
fine al clima di violenza e di intimidazione che impera nel penitenziario,
mostrano cosa significa vivere 17 persone in una cella, chiedono assistenza
medica, condizioni di vita dignitose. La storia della lotta dei detenuti per
l’indulto e l’amnistia comincia da qui, dalla denuncia degli orrori del modello
della massima deterrenza che è Poggioreale.
Cosa
rappresenta nel sistema penitenziario italiano di oggi il "modello Poggioreale"?
Qual’è la classe dirigente che ha costruito questo modello, quale il ruolo che
essa occupa nelle architetture del potere penitenziario e il mandato politico a
cui obbedisce? Cosa accadrà nelle nostre prigioni quando l’operazione
indulto/amnistia sarà conclusa?
Dopo un
decennio di emergenze criminali, di campagne di allarme e ideologie della
sicurezza, di tolleranze zero e criminalizzazione della miseria, oggi scopriamo
l’indecenza di un sistema carcerario rimasto troppo a lungo nascosto e silente.
Napoli, e il suo carcere, hanno costituito probabilmente un importante
laboratorio di sperimentazione delle forme del sorvegliare e punire negli
scenari della crisi sociale contemporanea.
Alcune delle trasformazioni che hanno investito il carcere italiano in
questo tempo sono senza
dubbio passate da questa città. Lavorando alla cronologia che vi proponiamo
siamo partiti dai fatti di Sassari, per approdare, inevitabilmente, a Poggioreale. Proprio quando credevamo
di aver individuato un percorso, ci siamo resi conto che si trattava di un
tragitto a doppia corsia di scorrimento: da Sassari a Poggioreale, e
viceversa.
Buona lettura.
Napoli, 30 giugno
2000
Da Sassari a Poggioreale,
o viceversa?
Cronaca di un pestaggio annunciato
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Date
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Fatti |
Informazioni |
16.1.2000
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Rivolta nel
carcere di Parma. Sette detenuti sequestrano per sei ore un agente e
chiedono il trasferimento in altre strutture. I rivoltosi denunciano le
pesanti condizioni di vita cui sono costretti i reclusi nel penitenziario
emiliano. Polemica tra gli agenti di polizia penitenziaria e le altre forze di polizia perla
mancata comunicazione da parte delle autorità carcerarie a carabinieri e
questura del tentativo di sommossa. “In realtà il merito è tutto nostro”,
hanno detto due sindacati autonomi di polizia penitenziaria.
In città si
svolgono una serie di manifestazioni di solidarietà con le proteste
interne al carcere seguite nei giorni successivi alla rivolta.
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- La dichiarazione con cui i
sindacati della polizia penitenziaria di Parma hanno rivendicato il
pieno merito della soluzione della rivolta esprime un elemento
importante della cultura professionale di questo corpo di polizia,
tradizionalmente prigioniero di una sindrome di
deprivazione relativa che nasce dal confronto con le altre forze di
polizia.
-
Il Corpo di
Polizia Penitenziaria, nella sua sistemazione attuale, nasce con la
legge 395 del 15.12.1990, dalle ceneri del Corpo degli Agenti di
Custodia e quello delle Vigilatrici Penitenziarie.
Con questa legge
il Corpo viene chiamato a far parte delle forze di Polizia ed assume nuovi
compiti, quali quelli delle traduzioni dei detenuti ed internati ed il
servizio di piantonamento dei detenuti ed internati ricoverati in luoghi
esterni di cura, rendendosi in questo modo operativo anche all'esterno
degli istituti penitenziari.
La crescita
esponenziale del peso (quantitativo e funzionale) dei poliziotti
penitenziari ha inizia proprio a partire da questa legge. In poco più di
dieci anni passano da 28.000
a 44.000 unità; conquistano un assetto gerarchico che prevede
circa 12 passaggi di carriera; all’ombra delle emergenze criminali di
questi anni, ispirano diverse leggine di riassetto delle carriere che
hanno di fatto comportato un generale processo di mobilità verticale, che
ha fatto slittare verso l’alto la gran parte della massa dei poliziotti,
senza alcuna forma di selezione e qualificazione professionale; hanno
ottenuto recentemente l’istituzione di un proprio ruolo dirigenziale, che
li sottrae di fatto al rapporto gerarchico con la dirigenza ‘civile’ del
personale penitenziario. |
22.1.2000
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Muore nel carcere di Nuoro Luigi Acquaviva, un detenuto che qualche
giorno prima era stato protagonista di una protesta in cui aveva tenuto in
ostaggio per 4 ore un agente di polizia penitenziaria. La versione
ufficiale delle autorità penitenziarie parla di suicidio. I familiari di
Acquaviva contestano la ricostruzione dei fatti proposta dalla direzione
del carcere. Tre agenti di
Polizia penitenziaria indagati per lesioni e uno per omissione di
soccorso. |
Nei giorni
successivi a questo episodio
c’è stato uno sfollamento dal carcere di Nuoro; alcuni detenuti sono stati
trasferiti anche a Sassari. |
19.3.2000
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Una delegazione
di parlamentari visita il carcere di Sassari. |
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20.3.2000
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Il Provveditore per la Sardegna Giuseppe Della Vecchia relaziona al
Dap sui risultati della visita dei parlamentari nel carcere di Sassari. Il
funzionario descrive le gravi disfunzioni, la sporcizia ed il disordine in
cui versa la struttura. Della Vecchia propone la sostituzione del
comandante delle guardie, descritto come persona troppo morbida e
demotivata, con Ettore Tomassi, un sottufficiale proveniente dal carcere
di Benevento. L’Ufficio centrale del personale accoglie immediatamente la
proposta. |
Ettore
Tomassi
Ettore
Tomassi è stato per molti anni comandante delle guardie carcerarie nel
carcere di Benevento, diretto per lungo tempo proprio da Della Vecchia.
Tomassi ha iniziato la sua
carriera nel carcere di Poggioreale. (citare gli articoli di
giornale). |
21.3.2000
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Il sindacato dei
direttori penitenziari (Sidipe) indice uno sciopero dei responsabili degli
istituti. Previsto il blocco totale delle carceri per il 28 e 29 marzo. Al
centro della protesta un decreto del Consiglio dei Ministri in cui si
riconosce ai direttori la qualifica di dirigenti della Pubblica
Amministrazione, previo il superamento di un concorso. I direttori
chiedono al Governo l’inquadramento senza sostenere alcuna prova
selettiva. Il segretario nazionale del Sidipe dichiara: “Noi non vogliamo
danneggiare i detenuti, ma purtroppo non abbiamo scelt”.
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Guerra tra
corporazioni
All’origine del malumore dei dirigenti vi è la ennesima riforma del
corpo di polizia penitenziaria, promossa dall’ex Ministro Diliberto, che
ha concesso agli agenti una propria autonoma carriera dirigenziale. Si
tratta della istituzione del ruolo ordinario e speciale dei dirigenti
della polizia penitenziaria che dovrebbero assumere la responsabilità
della direzione delle aree della sicurezza interne agli istituti
(praticamente il controllo autarchico dei regimi disciplinari, dell’ordine
e della sicurezza). I direttori penitenziari, attualmente titolari di un
potere di comando assoluto su tutti gli aspetti della vita carceraria
(dalla gestione dei detenuti a quella del personale, passando per
l’amministrazione e la gestione economica), hanno opposto una strenua
resistenza a queste trasformazioni degli assetti gerarchici del carcere.
Ma ciò che essi veramente temono è la nascita di una nuova classe
dirigente, non proveniente dai loro ruoli, che entrerà inevitabilmente in
concorrenza negli sviluppi di carriera verso gli uffici centrali del
ministero.
I direttori si aspettavano un
provvedimento che riconoscesse alla quasi totalità delle sedi
penitenziarie lo status di “sede di prima dirigenza”, cioè l’opportunità
di entrare da subito e tutti nella fascia alta della dirigenza pubblica,
mettendosi così a riparo dalle mire carrieristiche dei nuovi arrivati. Si
sono invece trovati con un riassetto della dirigenza modesto, e con un
concorso da effettuare, mentre ai comandanti dei poliziotti penitenziari
veniva riconosciuta l’ottava qualifica dirigenziale in base al solo
criterio dell’anzianità.
In realtà
dall’entrata in vigore della legge di riforma che nel 1990 ha
smilitarizzato il vecchio corpo degli agenti di custodia, il sistema
penitenziario è stato aggredito da una esplosione di lotte di potere, che
hanno alimentato appetiti corporativi voracissimi che non esitano a
colpire anche i detenuti pur di spingere verso decisioni politiche
gradite. Il feroce scontro tra poliziotti e direttori ha però trovato un
comune terreno di azione tattica negli attacchi sistematici che in questi
anni sono stati portati ai magistrati che si sono alternati alla
presidenza del Dap. Da Capriotti a Cianci; dall’ex procuratore di Roma
Michele Coiro ad Alessandro Margara, tutti hanno dovuto fare i conti con
l’aggressività delle lobby sindacali penitenziarie. Dopo aver divorato
Margara, adesso è il turno di Caselli, che ha ricevuto la prima richiesta
di dimissioni appena tre mesi dopo il suo insediamento, pur essendo
arrivato al Dap in seguito alla rimozione di un ‘garantista’ ritenuto poco
amante delle divise. In realtà ciò che vogliono gli interessi forti che si
muovono nell’apparato è che alla sua direzione arrivi un uomo che proviene
dalle carriere interne al Dap;
in questa ottica figure di magistrati forti e prestigiose
rappresentano soltanto un intralcio al lento lavorio delle
corporazioni. |
28.3.2000
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Iniziano i due
giorni di sciopero dei direttori delle carceri. |
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30.3.2000
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Il settimanale
Panorama intervista il Generale della Polizia Penitenziaria Enrico Ragosa,
Direttore dell’UGaP (intervista pubblicata sul numero del 30/03/2000.
d. “E cosa pensa del processo che si sta svolgendo
a Reggio Calabria, in cui un direttore del carcere e un gruppo di agenti
sono accusati dell’omicidio di un detenuto che è stato ucciso nel
settembre del 1997?”
r. “All’epoca io non c’ero e comunque non credo
proprio che fra i nostri ragazzi ci siano degli assassini. Rispetto il
lavoro dei Magistrati, ma i poliziotti penitenziari, non dimentichiamolo,
difendono quotidianamente la società dagli assassini.”
d. “C’è ancora in sospeso il caso Fabiani, un
detenuto in carrozzella morto suicida a Parma. La moglie afferma che sia
stato picchiato più volte.”
r. “Non ce li
vedo dei padri di famiglia a mettere le mani addosso a un minorato.”
“In carcere ci sono 17mila
detenuti extracomunitari. Non sappiamo chi sono e, soprattutto non
sappiamo chi siano i Totò Riina fra i cinesi, gli albanesi o gli slavi (…)
Non abbiamo carceri sovraffollate, ma solo sottostrutturate, infatti la
nostra popolazione di detenuti è nella media europea. Faccio un esempio:
se ci sono due topi in una gabbia grande, è probabile che non si
azzanneranno. Perciò stiamo costruendo nuove carceri. (…) Non possiamo
sottovalutare la forza della mafia. La sua capacità genetica di
trasformarsi, simile a quella dei topi, fa sì che riemerga sempre. Perciò
non possiamo abbassare la guardia. Dobbiamo (…) creare un cordone
sanitario intorno ai detenuti pericolosi (…) con l’impiego permanente dei
GOM, che non sono dei piccoli rambo ma solo operai specializzati nella
sorveglianza dei mafiosi e in situazioni di emergenza.”
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Ugap
Questa scheda è
tratta da due articoli apparsi sul quotidiano ‘Il Manifesto’ del 23.2.1999
e sul mensile ‘Il Diario’ del marzo 1999.
UGAP,
Ufficio per la Garanzia Penitenziaria del Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria è una struttura di intelligence creata
dall’ex Ministro Diliberto nel febbraio 1999 con il ‘compito’ ufficiale di
vigilare sulla ‘sicurezza degli istituti penitenziari’.
La decisione del
Ministrò sollevò forti polemiche e sospetti. In una interrogazione
parlamentare, una ventina di senatori – di uno schieramento trasversale
che andava da Forza Italia a Rifondazione Comunista – chiesero chiarimenti
sulla natura dell’operazione. Il timore dei senatori era che l’Ugap fosse
solo una struttura di intelligence, negando così ogni tentativo di
trasparenza all’interno dell’amministrazione penitenziaria. I senatori
contestarono, poi, che a gestire l’Ugap fosse chiamato il generale Enrico
Ragosa, allora dirigente del Sisde, fino al 1996 responsabile dei reparti
speciali degli agenti di custodia protagonisti di pestaggi di detenuti,
come accadde a Secondigliano nel 1993, e a Pianosa, nel 1992.
Sulla nascita di
questa struttura di intelligence l’associazione Antigone assunse allora
una forte presa di posizione. “Creare l’Ugap – denunciò Stefano Anastasia,
Presidente di Antigone – significa togliere attribuzioni e poteri al
direttore del Dap (che allora era Alessandro Margara), e indica una strada
pericolosa, quella della militarizzazione della polizia penitenziaria”.
Inoltre, Ragosa non è una figura
delle migliori: “già a capo delle cosiddette squadrette interne
dell’amministrazione penitenziaria che, negli anni ottanta gestivano le
situazioni di crisi nelle carceri, poi allontanato dal precedente
direttore del Dap, Michele Coiro, e finito al Sisde, oggi gestirebbe un
vasto potere nel sistema carcerario.” |
31.3.2000
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Si toglie la
vita nel carcere milanese di S. Vittore un albanese di trent’anni,
arrestato per sfruttamento della prostituzione. L’uomo, che era appena
stato trasferito dal carcere di Brescia, da due giorni era solo in cella
al centro di osservazione psichiatrica. |
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1.4.2000
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Della Vecchia
comunica al Dap che provvederà ad una perquisizione straordinaria nel
carcere di Sassari, vista la situazione di ingovernabilità in cui versa la
struttura. |
Le carceri
sarde
Nell'isola
sono aperti 12 istituti di reclusione, tre colonie penali all'aperto e un
carcere minorile. Agenti (circa 1.400), detenuti (tra i 1.700 e i 2.000).
Carceri
vecchie e malandate nelle quali la bassa qualità della vita rende
difficile, anche per l'eccessivo affollamento, la convivenza tra detenuti
e agenti.
Da
tre anni al governo dell'amministrazione penitenziaria in Sardegna, il
dottor Della Vecchia aveva un sogno, anzi due: riuscire a utilizzare le
carceri minorili di Quartucciu per i detenuti di Buoncammino (Il carcere
di Cagliari), mettere ordine delle colonie all'aperto di Mamone e Isili.
"Dalle case di reclusione all'aperto - sosteneva - andrebbero allontanati
i detenuti che scontano brevi pene (come tossicodipendenti ed
extracomunitari) per sostituirli con quelli che scontano pene più
lunghe".
Il suo
modello di carcere era diventato quello di Alghero - dove sono stati
"rinchiusi" gli agenti coinvolti nel pestaggio - che voleva trasformare in
un lucroso centro clinico carcerario polivalente, adeguandosi, da
napoletano, al suo collega Giuseppe Brunetti, Provveditore per la
Campania, che nella sola città di Napoli gestisce ben due centri clinici,
Poggioreale e Secondigliano).
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3.4.2000
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La perquisizione
si svolge il 3 aprile e si conclude con il trasferimento di 21 detenuti,
ritenuti i fomentatori dei disordini nell’istituto sardo. Della Vecchia
comunica che l’operazione è andata a buon fine e che si segnalano soltanto
tre agenti contusi, poiché “si sono verificati scontri fisici senza uso
della violenza”.
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4.4.2000
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Muore per
infarto nel carcere di Cosenza Giuanluca Seta, un ragazzo di 24 anni
arrestato per un tentativo di furto |
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7.4.2000
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La Procura di
Sassari apre un’inchiesta sui pestaggi al San Sebastiano su denuncia dei
familiari dei detenuti.
Dopo che l’Ansa
diramava una prima notizia sul pestaggio, il direttore Generale delle
carceri Giancarlo Caselli invia un ispettore a Sassari che conferma i
sospetti del pestaggio. Caselli ordina all’Ufficio del personale di
prendere “provvedimenti conseguenti”. Vengono sospesi il provveditore
regionale, la direttrice del carcere e Tomassi. |
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12.4.2000
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Alcuni organi di stampa rilanciano la notizia
dell’ansa sul presunto pestaggio avvenuto nel carcere di Sassari agli
inizi di aprile. Autori dell’impresa un centinaio di agenti penitenziaria
reclutati nei diversi istituti dell’isola. Le violenze sarebbero accadute
nel corso del trasferimento di una ventina di detenuti ritenuti
responsabili delle proteste di quei giorni contro i disagi provocati dallo
sciopero dei direttori.
I titolari
dell’inchiesta giudiziaria hanno interrogato ieri i detenuti vittime delle
violenze. Il pestaggio è confermato anche da fotografie fatte scattare dai
magistrati, che documenterebbero le tumefazioni e i lividi sui corpi dei
prigionieri.
Alcuni familiari
dei detenuti picchiati e gli avvocati del Foro di Sassari denunciano
pubblicamente il pestaggio. Giancarlo Caselli apre un’inchiesta
amministrativa. Giuliano Pisapia presenta un’interrogazione parlamentare
al Ministro Diliberto. |
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13.4.2000
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L’ispettore inviato da Caselli a Sassari per verificare la
fondatezza delle denunce di violenze è Nello Buongiorno, direttore
centrale dell’ispettorato delle carceri. Cinque giorni dopo il suo arrivo
a Sassari Buongiorno consegna una relazione ispettiva che conferma i
sospetti sui pestaggi avvenuti nel carcere sardo. Un’altra relazione,
redatta dall’ispettore sanitario Francesco Di Girolamo, contiene le
prove che i detenuti sono
stati presi a calci con gli anfibi e ridotti in condizioni impresentabili
tra denti e costole rotte. Nel rapporto di Buongiorno, tra l’altro, si
dice che l’avvicendamento del vecchio comandante del carcere con Ettore
Tomassi è stato “ratificato dagli organi centrali del Dap, cioè da dal
direttore del personale Emilio Di Somma. |
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14.4.2000
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Diliberto, in
visita all’Università di Sassari, viene ‘accolto’ da un drappello di familiari dei detenuti pestati nel
carcere di Sassari. Il Ministro comunica che è oggi in corso un’ispezione
nel carcere di San Sebastiano. La delegazione dei parenti delle vittime
chiede la rimozione del nuovo comandante delle guardie, Ettore
Tomassi.
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15.4.2000
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Un detenuto di
36 anni, condannato a due ergastoli, si impicca nel carcere di
Secondigliano. Una settimana prima si era tagliato le vene ed era stato
salvato in extremis. |
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16.4.2000
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Si suicida nel
carcere di Lecce Vito Monosi, un uomo di 38 anni detenuto per omicidio.
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21.4.2000
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Via Crucis e
fiaccolata dei familiari dei detenuti attorno al carcere di Sassari.
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28.4.2000
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Il Ministro
Diliberto, lasciando l’incarico in seguito alla crisi di governo, invia
una lettera di saluto alla Polizia Penitenziaria: “Abbiamo ottenuto
risultati che credo storici per la Polizia Penitenziaria, quali i ruoli
direttivi e dirigenti, il nuovo regolamento di servizio, la partecipazione
della Pol. Penit. Alle missioni all’estero, il salvataggio del pagamento
dello straordinario, lo stanziamento per le nuove divise, il DL sul
condono delle sanzioni disciplinari, lo stemma araldico del Corpo, la
richiesta al capo dello Stato per il diploma di navigazione di lungo
corso… Ma soprattutto, abbiamo insieme ottenuto qualcosa che non ha
prezzo. E’ la dignità ritrovata e l’orgoglio di appartenenza del Corpo,
che va di pari passo con il rispetto che oggi, più di ieri, vi portano le
altre forze di polizia. Non siete più un Corpo di serie B”.
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Il partito si è
fatto un po’ stato, e torna a casa.
Cosa fa un
piccolo partito, appena uscito da una scissione, senza una solida base
sociale e dall’incerto consenso elettorale quando occupa un ministero
importante, come quello della Giustizia?
Si guarda
intorno e scopre che nelle carceri italiane ci sono 44.000 agenti di
polizia penitenziaria, che
significano 44.000 famiglie di agenti di polizia penitenziaria,
cioè un potenziale bacino elettorale di 200.000 persone.
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3.5.2000
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I magistrati
della Procura di Sassari emettono 82 ordini di custodia cautelare per 79
agenti di polizia penitenziaria, il comandante delle guardie di Sassari,
Ettore Tomassi, la direttrice dell’istituto, Cristina Di Marzio e per il
Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria della Sardegna
Giuseppe Della Vecchia.
Gli arrestati sono accusati di aver organizzato
una spedizione punitiva nel carcere di Sassari il 3 aprile scorso, in
seguito ad una protesta dei detenuti. Nell’ordine di custodia cautelare si
sostiene che il pestaggio “è stato organizzato e voluto intenzionalmente…
e perpetrato con sevizie e crudeltà”, ed è stato ordinato da Della
Vecchia, presente a Sassari, dalla Di Marzio e da Tomassi.
Il Direttore
generale delle carceri, Giancarlo Caselli, dichiara che in seguito ad
un’inchiesta amministrativa erano già stati rimossi e sostituiti tutti i
responsabili dai loro incarichi.
Altissima la
tensione tra gli agenti di Polizia Penitenziaria che incontrano il
Ministro Fassino.
Alcuni articoli
di stampa tirano in ballo il Gom, la struttura di pronto intervento del
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. |
Il Gom
Questa scheda è tratta da un articolo del
quotidiano ‘Il Giorno’ dell’8.11.1998, dal Mensile ‘La Grande Promessa del
dicembre 1998, da Il Messaggero del’8.5.2000 e da ‘Il Manifesto del
4.5.2000.
Questo corpo
speciale nasce da un decreto interno al Dipartimento dell’Amministrazione
Penitenziaria nel 1994 (dopo che era scoppiato lo scandalo dei pestaggi
nel carcere di Napoli Secondigliano – vedi Da Sassari a Poggioreale
n.3).
Tra le finalità
ufficiali di questa struttura vengono indicate il mantenimento dell’ordine
e della disciplina negli istituti penitenziari, con priorità a interventi
in occasione di ‘gravi situazioni di turbamento’; inoltre i Gom sono impegnati nel
garantire la sicurezza delle traduzioni di detenuti pericolosi .
Il Gom (Gruppo operativo mobile), diretto dal Generale Alfonso
Mattiello, è un gruppo di circa 600 uomini alle dirette dipendenze di
Giancarlo Caselli. Ufficialmente ha compiti di sorveglianza e protezione dei detenuti di
massima pericolosità. Il Gom nasce nel 1994, dalle ceneri dello Scop
(Servizio coordinamento operativo), un corpo composto da 500 uomini sparsi
in tutta Italia e pronti a correre da un carcere all’altro in caso di
rivolte o di particolari necessità. Lo Scop infatti, oltre a sedare le
proteste ha avuto la funzione, poi ereditata dal Gom, di acquisire
informazioni.
Durante gli anni
’90 furono aperte due grandi inchieste per maltrattamenti avvenuti nelle
carceri di Secondigliano e Pianosa. Vennero rinviati a giudizio 65 agenti
dello Scop diretti dal generale Enrico Ragosa, poi passato al Sisde. Il
carcere di Pianosa venne in seguito chiuso grazie all’intervento dell’ex
direttore del Dap, Alessandro Margara, all’epoca magistrato di
sorveglianza a Firenze.
Lo Scop fu poi
disciolto ma il suo posto fu preso dal Gom, dove confluirono gli stessi
agenti.
Il primo episodio eclatante in cui vengono
coinvolti gli uomini del Gom
è del 1998, quando 15 agenti entrano nel carcere milanese di Opera
per effettuare una perquisizione straordinaria. “Detenuti spogliati,
qualcuno anche tre volte, costretti a ripetuti piegamenti, pure i
cardiopatici e gli anziani; quindi raggruppati nel cortile, al freddo
dalle 9.30 alle 13.30, chi in accappatoio, chi scalzo, mentre le celle
venivano perquisite”. “Alcuni agenti di Opera erano sconcertati, ed hanno
raccontato di aver rischiato di arrivare alle mani con i loro colleghi del
Gom”. |
4.5.2000
|
Un detenuto
lascia il carcere di San Sebastiano e conferma i pestaggi.
Altri 100
guardie carcerarie convocate dai magistrati nell’inchiesta sui
pestaggi.
Il CSM annuncia
l’apertura di un’inchiesta sui magistrati di sorveglianza assegnati al
controllo sugli istituti di detenzione.
Manifestazione a Sassari degli agenti di custodia contro gli
arresti dei loro colleghi. Donato Capece, segretario del Sappe (sindacato
autonomo di polizia penitenziaria), dichiara: “le mele marce, quando
occorre, le isoliamo noi”.
Diversi
esponenti della maggioranza di governo esprimono la loro solidarietà agli
agenti in lotta, imputando i fatti di Sassari allo stress dei lavoratori
costretti a sopportare i disagi del sovraffollamento. Diliberto esprime
alla Polizia Penitenziaria e al Sappe “la più completa solidarietà per gli
ingiustificati attacchi portati all’intero corpo”.
Il neo ministro della
giustizia Fassino propone di utilizzare i militari di leva per sorvegliare
l’esterno delle prigioni.
Il Polo e il Sappe
chiedono le dimissioni di Caselli. Per Capece a Sassari non c’è stato
nessun pestaggio. “La verità è che i detenuti hanno aggredito le guardie e
gli agenti hanno riportato l’ordine nell’Istituto. Si è trattato di una
“normale operazione di servizio”.
Intanto emergono
notizie su altri gravi episodi di violenze accaduti nelle carceri
italiane.
a)
Napoli Secondigliano. 24 agenti sotto processo per ripetute
violenze ai danni dei detenuti. I fatti vanno dal 95 al 99. Tra gli
inquisiti l’ex comandante del carcere, Giardinetto, trasferito dal
Ministero ad altra sede e mai allontanatosi da Secondigliano perché il suo
sindacato, il Sappe, lo ha nominato coordinatore regionale.
b)
Reggio Calabria. 12 agenti rinviati a giudizio per omicidio
volontario ed altri 12 per favoreggiamento. Un giovane di 28 anni sarebbe
morto per una serie di colpi di bastone e manganello.
c)
Nuoro. Rimosso il comandante del carcere di Bad ‘e Carros , dove il
23 marzo morì suicida Luigi Acquaviva che il giorno prima aveva
sequestrato un agente di custodia.
d)
Torino, carcere minorile Ferrante
Aporti. Alla vigilia di Pasqua un
ragazzo maghrebino si da fuoco per
protestare contro maltrattamenti e
ingiustizie di cui sarebbe stato
vittima.
Il quotidiano
‘L’Unione Sarda’ pubblica un’intervista ad un poliziotto penitenziario che
avrebbe partecipato al pestaggio. L’Uomo, che ha chiesto di conservare
l’anonimato, conferma i contenuti delle denunce dei detenuti.
|
Magistratura di
sorveglianza.
Tra i compiti
che la legge penitenziaria affida ai magistrati di sorveglianza ci sarebbe
anche quello di ‘vigilare sull’organizzazione degli istituti penitenziari
e prospettare al Ministro le esigenze dei vari servizi con particolare
riguardo all’attuazione del trattamento rieducativo’. Ed inoltre:
‘esercitare la vigilanza diretta ad assicurare che l’esecuzione della
custodia sia attuata in conformità delle leggi e dei regolamenti’.
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5.5.2000
|
Manifestazioni
di agenti in tutt’Italia. Sit-in delle guardie davanti al carcere di
Sassari al grido di “liberi, liberi” Il Consiglio dei ministri decide lo
stanziamento di 160 miliardi per costruire nuove carceri. Gli agenti
manifestano fuori all’istituto di Sassari chiedendo la liberazione di
tutti i colleghi arrestati.
Il Dap trasmette a Fassino i risultati dell’inchiesta
amministrativa.
La Procura di
Sassari smentisce la notizia, apparsa nei giorni scorsi, che le indagini
stiano procedendo anche verso i vertici del Ministero della Giustizia.
Giancarlo Caselli e il suo vice Mancuso tirano un sospiro di sollievo e
dichiarano di non volersi dimettere. In un documento presentato dal
Direttore Generale del Dap al Ministro Fassino appare chiaro che il
trasferimento di Tomassi da Benevento a Sassari, voluto fortemente da
Della Vecchia, è stato disposto autonomamente dal capo del personale,
Emilio Di Somma e dal suo vice Zaccagnini.
Il quotidiano La
Repubblica pubblica stralci di una lettera che il vecchio Comandante del
carcere di Sassari, l’Ispettore Capula, a metà aprile aveva inviato al
quotidiano ‘La Nuova Sardegna’.
“La sostituzione è avvenuta in una maniera
scorretta nei miei confronti, alla napoletana, perché quella è l’aria che
tira al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria”. Secondo La
Repubblica, Capula si riferisce a un gruppo di potere del quale i
beneventani Della Vecchia e Tomassi facevano parte, assieme ad altri.
Le Rappresentanze di Base del personale civile delle carcere
scrivono una lettera aperta al Ministro Fassino. “…Il tam tam tra
Direttori e Polizia Penitenziaria che si sta facendo in questi giorni
porta da un posto di lavoro all’altro la notizia che tutto questo
putiferio è avvenuto perché gli educatori dell’istituto sassarese hanno
parlato… èmotivo di orgoglio che il personale educativo abbia contribuito
all’accertamento della verità attraverso la denuncia di fatti che
ripugnano qualunque coscienza correttamente orientata… Di fatto in questi
anni è stato loro impedito di svolgere (si riferito agli educatori
penitenziari – ndr) il loro lavoro proprio perché, intervenendo
all’interno delle sezioni, vedevano e sentivano quello che non dovevano
sentire e vedere, diventavano testimoni scomodi, unitamente agli altri non
poliziotti, di quanto avveniva negli ambiti meno praticati e meno noti
degli Istituti di Pena italiani… Non abbiamo dubbio che gli episodi di
illegalità da parte dei poliziotti penitenziari siano stati episodi
isolati, ma le isole ormai sono tante…stanno diventando un
arcipelago…Negli anni 80-90 u detenuti avevano imparato a protestare
civilmente, ma le risposte sono state sempre simili a quella data a
Sassari. Nel carcere non si può più esprimere dissenso…Per questo motivo
non ci meraviglia l’arroganza di chi commette scientemente dei reati,
perché porta nel suo Dna professionale la violenza… non è un caso che si
cerchi con manifestazioni di piazza di condizionare i magistrati, come non
è un caso che coloro che sono andati a sostituire il Provveditore
regionale ed il Direttore del carcere abbiano gli stessi curricula
professionali degli inquisiti. |
Qualche
commentatore ha ricordato sulla stampa che un paio di anni fa Giancarlo
Caselli, allora Procuratore Capo a Palermo, fu mandato in Sardegna a
risolvere la scandalosa situazione causata dal Giudice sceriffo
antisequestri….., suicidatosi dopo l’interrogatorio con i magistrati
palermitani.
Da Sassari a
Poggioreale (1)
La lobby
dei napoletani
(I dati di questa scheda sono tratti da due articoli apparsi su ‘Il
Manifesto del 6.5.2000, ‘Il Messaggero’ dell’8.5.2000 e ‘La Repubblica’
del 13.5.2000).
Il Provveditore per la
Sardegna, arrestato dalla Procura di Sassari, è Giuseppe Della Vecchia,
per anni direttore del carcere campano di Benevento. Il comandante degli
agenti autori dei pestaggi è l’Ispettore Ettore Tomassi, ex braccio destro
di Della Vecchia a Benevento, e uomo che ha iniziato la sua carriera negli
anni ottanta nel carcere napoletano di Poggioreale. Direttore dell’ufficio
centrale del personale è
Emilio Di Somma, ex vicedirettore a Poggioreale. Il Vice di Di
Somma, quello che ha controfirmato il trasferimento di Tomassi, è
Zaccagnino, anche lui napoletano, anche lui passato per Poggioreale.
A
dirigere alcuni tra i provveditorati regionali più importanti (quelli che
poi passeranno agli uffici centrali del Ministero) vi è un folto gruppo di
dirigenti campani.
Giuseppe Della Vecchia, appunto, in Sardegna;
Antonio Passaretti (ex direttore del carcere speciale di Carinola e di
quello di Secondigliano), è l’influente Provveditore della Sicilia, dopo
essere stato anche provveditore in Sardegna; Mario Mascolo, Provveditore
delle carceri pugliesi (ex vicedirettore di Poggioreale); Giuseppe
Brunetti, capo degli istituti della Campania; Bocchino, provveditore della
Lombardia. Ma
se i quadri direttivi campani hanno occupato gli uffici decisivi nella
gestione del personale e delle strutture periferiche del Dap, non sono da
meno i dirigenti del corpo di polizia penitenziaria che si sono saldamente
insediati negli uffici centrali che controllano le materie della
sicurezza. A capo dell’Ugap, la struttura di intelligence creata da
Diliberto per vigilare sulla sicurezza all’interno degli istituti, è il
Generale Enrico Ragosa, l’uomo che, sempre negli anni ottanta, ha compiuto
i primi passi della sua prestigiosa carriera normalizzando la situazione
del carcere di Poggioreale, legato a Caselli dai tempi roventi dei primi
arresti eccellenti e dei primi pentiti.
A dirigere
invece il Gom, Gruppo Operativo Mobile, un reparto di pronto intervento
che gestisce anche il delicato circuito parallelo dei pentiti, è il
Generale Alfonso Mattiello, napoletano, anch’egli proveniente da
Poggioreale; braccio destro di Mattiello è l’ispettore Santoriello, ex
comandante del carcere di Secondigliano, inquisito dalla procura di Napoli
nella prima inchiesta sui pestaggi a Secondigliano (Santoriello proviene
anch’egli da Poggioreale). Infine, è campano anche il Generale Scialla,
capo dell’ufficio traduzioni (quello per intenderci, che organizza i
trasferimenti dei detenuti – vedi Sassari).
L’inarrestabile ascesa al cuore del Dap dei napoletani risale agli
inizi degli anni novanta, quando a dirigere l’ufficio del personale c’era
il potente Pastena, uomo di fiducia di Nicolò Amato, attualmente
responsabile per Alleanza Nazionale sulle questioni del carcere. La
riforma del corpo degli agenti di custodia, voluta da Amato e dai
sindacati nel 1990, oltre a smilitarizzare il corpo, aprì anche le
carriere dei direttori penitenziari, che cominciarono ad occupare alcune
importanti poltrone ministeriali, fino ad allora ad esclusivo appannaggio
dei magistrati. Da quel momento il ceto dei dirigenti del Dap inizia una
feroce lotta corporativa contro la presenza dei giudici al Dap, ancora
saldamente insediati negli uffici che gestiscono i detenuti. In questa
loro battaglia strategicamente hanno trovato importanti momenti di
alleanza con i sindacati della polizia penitenziaria, interessati a
facilitare la presa del pieno possesso dell’apparato da parte di uomini
che sono cresciuti tra i rivoli delle carriere penitenziarie. |
6.5.2000
|
Milano, carcere
di Opera. 10 agenti indagati dalla Procura per percosse su due detenuti e
perquisizioni illegali nelle celle. L’inchiesta sarebbe partita nello
scorso ottobre.
Ovidio Bompressi
lancia la proposta di un indulto e chiede un intervento della chiesa
cattolica a sostegno delle richieste di amnistia che vengono anche dal
mondo delle carceri. Si associano all’appello di Bompressi anche Adriano
Sofri e Sergio Cusani. La proposta di amnistia di Bompressi è già un
disegno di legge presentato alla Camera dai deputati verdi Manconi e
Saraceni.
Arriva a Sassari il nuovo direttore del carcere, Maurizio
Veneziano, proveniente dal Provveditorato di Palermo.
|
Da Sassari a Poggioreale (2)
(I dati di questa scheda sono tratti da un
articolo apparso su ‘L’espresso’ del 18 maggio 2000).
Maurizio Veneziani, 39 anni e una fama da duro, è il nuovo direttore
del carcere di Sassari, dopo la rimozione di Cristina Di Marzio. Ha
diretto le carceri di Agrigento, Reggio Calabria e Trapani, dove è restato
per oltre tre anni. Veneziani è ricordato a Trapani per “le sue
passeggiate nei corridoi delle camerate accompagnato da una decina di
agenti con anfibi e tuta mimetica… Perquisizioni a sorpresa, punizioni
immediate per chi osava protestare, l’acqua che scompariva improvvisamente
dalle docce…”. Veneziani fu costretto a lasciare il carcere di Trapani in
seguito alla denuncia del cappellano dell’Istituto, padre Mattarella, sul
regime di terrore e violenza instaurato dal Rambo. In seguito a questa
denuncia Veneziani venne trasferito con una promozione al provveditorato
per la Sicilia, quel provveditorato che è attualmente diretto da Antonio
Passaretti, uno degli uomini forti della cordata napoletana (anche nella
nomina del nuovo direttore di Sassari c’è lo zampino dei
napoletani?). |
7.5.2000
|
Rivolta dei
poliziotti penitenziari nelle carceri italiane. Tutte le organizzazioni
sindacali di categoria hanno indetto per martedì prossimo una
manifestazione nazionale davanti al carcere di Poggioreale. Annunciato
anche uno sciopero bianco a partire da mercoledì. Il sindacato istituisce
il ‘soccorso azzurro’, un servizio dove segnalare tutte le violenze subite
dagli agenti.
Sul fronte delle
indagini Della Vecchia dichiara di non aver assistito a nessuna violenza;
l’ex direttrice si avvale della facoltà di non rispondere; Tomassi scarica
la responsabilità di quanto accaduto su un suo sottoposto, l’ispettore
Pais.
Caselli e
Mancuso da oggi sono in visita in Sardegna. Incontreranno i poliziotti
penitenziari nelle carceri di Sassari e Cagliari. Anche la Cisl chiede le
dimissioni di entrambi, unendosi al Sappe, all’Osappe e al Sinappe.
Gerardo
D’Ambrosio e Pierluigi Vigna si dichiarano contrari ad ogni ipotesi di
indulto e amnistia. |
|
8.5.2000
|
Indagato anche
il medico del carcere di Sassari.
Dopo l’incontro con Caselli e Mancuso il Sappe annuncia che a
partire da domani il personale di polizia penitenziaria inizierà ad
attuare lo sciopero in bianco. Si annunciano decine di sit-in, di
proteste, di autoconsegne e astensioni dalla mensa in tutte le carceri
italiane. Lo sciopero sarà attuato con controlli più severi durante le ore
notturne; applicazione alla lettera degli ordini di servizio interni per
la fruizione dei passeggi, dei colloqui con i familiari. La protesta mira
direttamente a colpire i detenuti.
Il quotidiano
‘La Repubblica’ intervista l’ex Ministro della Giustizia Oliviero
Diliberto. Questa è quanto dichiara: “Alla trasmissione Pinocchio – (si
riferisce ad una trasmissione televisiva andata in onda un mese dopo la
sua nomina – ndr) dissi che bisognava abolire l’ergastolo, mantenere i
benefici della Gozzini, riconoscere i diritti dei detenuti. La reazione fu
una sequenza di impressionanti evasioni. In tre scapparono proprio dal
carcere di Rebibbia”.
D. C’era un piano? “Ne ebbi la sensazione, ma non
le prove. Ci furono altre fughe da Opera, poi scappò Ghiringhelli da
Novara… Lessi quegli episodi come la reazione contraria ad una linea di
apertura”. |
Medicina
Penitenziaria.
La sanità penitenziaria conta da circa 5.000 addetti: 350 medici
incaricati; 1.650 medici di guardia; 2.100 medici specialisti; 150
tecnici; 400 infermieri professionali di ruolo; 1.000 infermieri
convenzionati puri; 300 infermieri professionali convenzionati con le Asl.
La stragrande maggioranza di questo personale è impiegato con rapporto di
lavoro convenzionato, cioè con contratti a termine che vengono stipulati
con le singole carceri. La selezione di questo personale avviene a livello
locale, cioè nei singoli istituti, attraverso una procedura di valutazione
di titoli e prova attitudinale effettuata da commissioni presiedute dai
direttori delle carceri.
Questo
meccanismo di selezione assicura alle direzioni la più assoluta aderenza
dei medici e degli infermieri penitenziari alle ragioni della sicurezza,
prioritarie rispetto a quelle della cura e prevenzione. La classe
dirigente del Dap non ha nessuna intenzione di perdere il controllo su
questa parte del personale, e per questa ragione ha cercato di opporsi in
tutti i modi, sin dalla fase di avvio del dibattito parlamentare, alle
ipotesi di passaggio della medicina penitenziaria al Servizio Sanitario
Nazionale. La battaglia che l’ex ministro della Sanità Bindi ha dovuto
combattere perché questa legge andasse in porto è stata durissima, ed ha
dovuto scontare la fortissima resistenza dei direttori delle carceri, dei
titolari degli uffici centrali che gestiscono il personale, ed anche
dell’associazione dei medici penitenziari.
Nel 1988, in
occasione dell’approvazione al Senato di questa legge, l’associazione dei
medici carcerari mise in scena una fortissima protesta. Il presidente
dell’associazione dei medici penitenziari (Anapi), Ceraudo, si incatenò
fuori dal carcere di Rebibbia per protesta contro la nuova legge.
Soltanto nel
luglio 1999 un decreto legislativo stabilisce il passaggio della medicina
penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale, rimandando la concreta
attuazione alla emanazione dei relativi decreti (d. lgs. N. 230, del
22.7.1999). Attualmente, come soluzione compromissoria allo scontro tra
Sanità e Penitenziari, la riforma è in una fase di sperimentazione attuata
su tre regioni, alla fine della quale dovrebbe avvenire il concreto
passaggio.
Secondo la Cisl,
che sostiene la battaglia corporativa di Ceraudo, “il compito di un medico
penitenziario non è solo quello della prevenzione, diagnosi e cura,
dell’’accertamento delle patologie esistenti, ma è anche quello della
dimostrazione dell’inesistenza di alcune patologie…”; ed ancora “ciò che
differenzia l’operato del medico penitenziario da quello di un medico del
S.S.N. è la sua maggiore conoscenza della vita del penitenziario… che
risulta indispensabile per assistere i detenuti e comprendere l’attività
della Polizia Penitenziaria e le sue problematiche”.
Oliviero
Diliberto
Nell’ottobre del
1998 Oliviero Diliberto, da poco nominato Ministro della giustizia, scelse
il palcoscenico del carcere di Rebibbia per parlare al popolo delle
carceri e a quello che sta fuori, della necessità di liberarsi non dal
carcere, ma, più modestamente, dall’ergastolo. Ad un compiaciuto Gad
Lerner che gli chiese perchè mai avesse scelto proprio un penitenziario
per la sua prima uscita pubblica, Diliberto rispose, orgoglioso: “perchè
sono un comunista, e i comunisti partono sempre dagli ultimi”.
Qualche mese più
tardi, su un altro palcoscenico carcerario, a Secondigliano, stavolta
senza telecamere e nostalgici ex sessantottini, ad una eccitata platea di
poliziotti penitenziari annunciava l’ennesima riforma che ha consegnato
loro pieni poteri di autodeterminazione nella gestione della sicurezza,
dell’ordine e della disciplina dentro le prigioni; manda a casa il
garantista Alessandro Margara (su richiesta dei sindacati della polizia
penitenziaria – compresi i confederali), crea l’Ugap, l’Ufficio per la
sicurezza interna, e lo
affida al Generale Ragosa, conferma il Gom, Gruppo operativo mobile, nominando a suo coordinatore il
Generale Mattiello. Inoltre: condona le sanzioni disciplinari della
censura e della pena pecuniaria per recidiva inflitte agli agenti di
polizia penitenziaria (infrazioni che riguardano il 30% degli agenti), e
si batte come un leone perché una rappresentanza del Corpo partecipi alle
missioni militari all’estero.
Oggi, dopo un
anno e mezzo, rivela che il proclama politico di rilancio della legge
Gozzini, di abolizione dell’ergastolo, di maggiore apertura del carcere
all’esterno ebbe come immediata risposta una serie di evasioni dalle
carceri italiane, e lascia intendere che qualcuno lavorò dietro le quinte
per indurlo a maggior ragione.
Sarebbe il caso
che Diliberto, che non ha più responsabilità di Governo ed ha oramai
capito che i suoi sforzi non hanno portato neanche un voto dei poliziotti
penitenziari al suo partito, ci dicesse anche chi (non le persone fisiche
ma gli aggregati di interessi) remò contro.
|
9.5.2000
|
Manifestazione nazionale dei sindacati di polizia penitenziaria
(confederali e autonomi) davanti al carcere di Poggioreale. Catena umana
di guardie con i braccialetti ai polsi. Nicola Caserta, segretario
regionale del Sappe, nonchè
consigliere provinciale dei DS, chiede la liberazione di tutti gli
agenti arrestati, la riduzione dell’orario di lavoro e l’aumento degli
organici. Secondo Giuseppe Brunetti, Provveditore regionale per la
Campania, e napoletano anch’egli, “la protesta è sacrosanta… Bisogna
ridurre i tempi delle attività in carcere. Mi spiego meglio. Il detenuto
va a scuola, oppure lavora, ha i colloqui con i familiari, le pause di
ricreazione. E’ giusto, ma a una certa ora gli impegni devono essere
ridotti, dando respiro agli agenti”. (La Repubblica, 9.5.00)
La Repubblica intervista il PM napoletano Michele Morello, titolare
dell’inchiesta sui pestaggi a Secondigliano. Il primo processo agli
agenti, avviato nel 1993 (52 guardie rinviate a giudizio), si concluse con
l’assoluzione degli imputati perché molti detenuti testimoni– dichiara il
pm napoletano – ritrattarono le accuse. Il secondo processo, che riguarda
fatti accaduti tra il 1995 e il 1999 è attualmente nella fase
dibattimentale. Sono stati rinviati a giudizio 20 agenti.
Solo un
centinaio gli agenti che hanno partecipato alla manifestazione fuori al
carcere di Poggioreale (a fronte delle migliaia di persone annunciate).
Massiccia è invece la presenza di stampa e televisione. I familiari dei
detenuti in fila in attesa dei colloqui denunciano il clima di terrore e
le sistematiche violenze perpetrate a Poggioreale. Momenti di tensione tra
poliziotti e familiari dei detenuti. |
Da Sassari a Poggioreale (3)
(I dati di
questa scheda sono tratti dai seguenti articoli di stampa: Il manifesto
6.5.2000; La Repubblica 13.5.2000, 26.11.1998, 30.01.1993, 7.4.1994; Il
Mattino 8.8.1992, 25.11.1999).
Non è un caso che i
poliziotti penitenziari indicano la loro prima manifestazione nazionale
dopo i fatti di Sassari proprio a Napoli, la città dov’è in corso un
importante processo contro venti agenti e il comandante del penitenziario
di Secondigliano per violenze contro i detenuti.
Per comprendere i fatti di Sassari è utile
ripercorrere brevemente la storia del nuovo penitenziario napoletano, nato
nel 1991.
E’ il 1991
quando il Parlamento approva il primo provvedimento di legge che
inasprisce la lotta alla criminalità organizzata. Per il carcere si
inaugura una nuova stagione di leggi speciali. Il clima negli istituti si
irrigidisce repentinamente. Dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio la
legislazione carceraria speciale compie il suo salto definitivo: viene
istituito il regime del 41bis, riaprono le carceri speciali di Pianosa e
dell’Asinara. In questo clima si inaugura il
nuovo carcere di Napoli Secondigliano. Napoli e la sua nuova struttura
penitenziaria diventano laboratorio di sperimentazione della nuova
emergenza mafiosa.
I dirigenti del nuovo penitenziario vengono reclutati tra lo staff
che aveva gestito la normalizzazione del vecchio carcere napoletano di
Poggioreale negli anni ottanta, gli anni della guerra di camorra e della
gestione dei detenuti politici.
Direttore
del carcere venne nominato Alfredo Stendardo, ex vicedirettore a
Poggioreale, affiancato, al comando della polizia penitenziaria, da
Vincenzo Santoriello, anch’egli proveniente da Poggioreale. Sin
dall’apertura il nuovo carcere conquista la fama di struttura dal regime
del massimo rigore.
Nel 1992 dopo
pochi mesi dalla inaugurazione del carcere, viene assassinato l’agente
Gaglione, in servizio nel nuovo penitenziario napoletano. Il modello
Poggioreale della massima deterrenza raccoglie il suo primo risultato. La
situazione del carcere precipita velocemente. Esplode un conflitto acceso
tra il direttore Stendardo e
il comandante degli agenti.
I sindacati
degli agenti di polizia penitenziaria, che già da tempo chiedevano la
rimozione di Stendardo, accentuano la pressione sul Dap. Il comandante
e gli agenti coinvolti nei pestaggi denunciano continue minacce
anonime.
Il comandante del
carcere Santoriello denuncia il direttore Alfredo Stendardo di aver
introdotto stupefacenti nel carcere. Stendardo viene sospeso dal
servizio, poi successivamente arrestato e portato nel carcere militare.
Segue un lungo periodo agli arresti domiciliari. A sostituire Stendardo
viene chiamato Antonio Passaretti, ex vice direttore di Poggioreale e
titolare della direzione del carcere di massima sicurezza di
Carinola. Un altro ex
direttore di Poggioreale Emilio Di Somma arriva alla direzione centrale
del personale penitenziario. Nel corso di una
diretta televisiva un detenuto denuncia di essere stato picchiato. Dopo
non più di una settimana Passaretti è rimosso dal suo incarico e
promosso Provveditore Vicario per la Campania. Successivamente andrà a
dirigere prima il Provveditorato della Sardegna e poi quello della
Sicilia. Poco dopo anche Santoriello viene formalmente rimosso dal suo
incarico; in realtà gli uffici centrali del Ministero lo destinano
allo SCOP (Servizio Coordinamento Operativo), una struttura di pronto
intervento della polizia penitenziaria con l’incarico di risolvere le
situazioni critiche. Coordinatore dello Scoop è il Generale Ragosa,
attualmente responsabile di una nuova struttura di intelligence creata
dall’ex ministro della giustizia Diliberto (l’Ugap). Il modello della massima
deterrenza sperimentato a Secondigliano fa quindi scuola. Dopo la rimozione di
Passaretti nella direzione di Secondigliano si alternano Salvatore Acerra,
attualmente titolare a Poggioreale, e Della Vecchia (si, proprio quello di
Sassari).
Nel 1996 la prima inchiesta sui pestaggi a Secodigliano viene
archiviata. I sindacati della polizia penitenziaria raccolgono
in questa vicenda una vittoria importantissima. Da questo momento la
classe dirigente del carcere capisce il grande potere di
condizionamento e di pressione a cui è sottoposta.
Ma nel
1997 la Procura di Napoli apre una seconda inchiesta su nuove
violenze commesse dagli agenti di Secondigliano. Dopo due anni di
indagini i Pm napoletani emettono 20 avvisi di garanzia contro altrettanti
agenti e il loro comandante, Giardinetto. Precauzionalmente il
Ministero trasferisce Giardinetto in un altro istituto; ma il comandante
di Secondigliano in realtà non lascia mai il carcere napoletano in
quanto, in qualità di coordinatore regionale del Sappe (sindacato autonomo
della Pol. Pen.) si fa distaccare dalla sua organizzazione proprio nello
stesso istituto dove sono ospitati una parte dei detenuti testimoni della
nuova inchiesta. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria fa
finta di non accorgersi di questa situazione, esponendo i reclusi
coinvolti nel processo ad una pesante situazione di condizionamento,
essendo stati lasciati al loro posto anche i venti agenti inquisiti.
Dopo qualche
settimana Diliberto istituisce l’Ugap, mette al comando di questa nuova
struttura il Generale Ragosa, e dimissiona Margara. I sindacati della
Polizia Penitenziaria (compresi i confederali) rivendicano la rimozione
del ‘garantista’ Margara.
E’ appena il
caso di ricordare che qualche anno prima, proprio grazie all’intervento di
Margara (allora Presidente del Tribunale di sorveglianza di Firenze),
furono messi sotto inchiesta 65 agenti di polizia penitenziaria in
servizio allo Scoop, diretto dal Generale Ragosa per le violenze
verificatesi nel carcere di Pianosa (successivamente
chiuso)
|
10.5.2000
|
Cominciano a
farsi sentire i disagi creati dallo sciopero in bianco attuato dai
poliziotti penitenziari: ritardi nei colloqui con i familiari e con gli
avvocati, e rallentamento dei tempi delle attività dentro le prigioni.
Oltre ai sit-in ed ai cortei in diverse realtà i secondini minacciano
l’autoconsegna in carcere degli agenti.
Prime reazioni
dei detenuti ai disagi creati dalle agitazioni degli agenti. A Genova
rifiutano il vitto dell’amministrazione, mentre a Torino e Milano
scioperano i detenuti lavoranti. |
Rivendicazioni
degli agenti: aumenti degli organici, potenziamento dei mezzi e delle
strutture, istituzione del ruolo direttivo della polizia
penitenziaria. |
11.5.2000
|
Cgil, Cisl e Uil
promuovono una sottoscrizione in tutti gli istituti penitenziari “al fine
di sostenere economicamente i colleghi interessati dai provvedimenti di
custodia cautelare emessi dal Gip di Sassari e dalla conseguente
sospensione dal servizio con inevitabile riduzione dello stipendio”.
Dossier
dell’associazione Antigone sulle violenze quotidiane degli agenti di
custodia sui detenuti.
|
Il Libro bianco di
Antigone
(Questa scheda è tratta da un articolo
apparso sul settimanale L’espresso del 18.5.2000)
Sono 22 i casi di sospetti maltrattamenti avvenuti nelle carceri
italiane nel solo 1999.
Il 6 ottobre, a Brescia, muore un detenuto dopo
essere stato aggredito dai compagni. Le guardie, secondo i giornali, non
intervengono. Un mese dopo, il 16 novembre, la carcerata bresciana C.R.
sostiene di essere stata presa a calci e pugni in testa dagli agenti senza
motivo. Il 17 ottobre un detenuto lombardo Pietro Ibba muore per
un’infezione non curata. Secondo la madre ‘dopo aver accusato per 10
giorni febbre alta nel carcere di Lecco. A Nuoro, il 23 gennaio 2000,
muore Luigi Acquaviva: ‘tre agenti di polizia penitenziaria indagati per
lesioni e uno per omissione di soccorso. Il 28 ottobre ’99 viene arrestato
Marco Ciuffreda, perché trovato in possesso di sostanze stupefacenti.
Portato al carcere romano di Regina Coeli ottiene gli arresti domiciliari.
Il provvedimento non viene eseguito, per più di due giorni, dalla polizia penitenziaria che adduce mancanza di personale.
Intanto Ciuffreda si sente male, viene visitato una volta e poi più.
Ricoverato d’urgenza allo Spallanzani, muore. La diagnosi parla di
polmonite bilaterale anche se nessuno di coloro i quali lo avevano
incontrato avevano notato i sintomi.
A Viterbo, invece, di nuovo violenza. Qui ai primi
di novembre muore un detenuto tunisino. La versione ufficiale
dell’accaduto parla di suicidio. Un operatore penitenziario qualificato
afferma che frequenti sono i pestaggi e le vessazioni a carico di
detenuti. Uno degli ispettori gerarchicamente posto ai vertici della
struttura, durante la visita effettuata dagli osservatori di Antigone, ha
affermato che ‘i diritti umani con gli animali (cioè i detenuti) non
c’entrano”. |
12.5.2000
|
Tutti liberi. Il
Gip di Sassari revoca le misure cautelari per gli 82 inquisiti per il
pestaggio di Sassari. 62 tra sottufficiali e guardie tornano in servizio;
17 restano sospesi in attesa di trasferimento; Della Vecchia e Tomassi,
sospesi dal servizio, dovranno risiedere fuori dalla Sardegna; la Di
Marzio è trasferita al Ministero.
I sindacati
della polizia penitenziaria revocano lo sciopero in bianco.
|
Cosa hanno ottenuto le guardie:
1) subito un concorso per
1300 agenti
2) impiego degli
obiettori di coscienza
per svolgere compiti
di ufficio
3) trecento miliardi
per l’ammodernamento del parco mezzi
4) apertura di nuovi 4 istituti già
finiti
5) assunzione di 743 impiegati per
gli uffici
6) utilizzo di 2000
ausiliari dell’esercito
7) immediata istituzione
del ruolo dirigente e direttivo della polizia penitenziaria. 200
ispettori diventeranno
commissari; 500 nuove
assunzioni di dirigenti con concorsi esterni;
8) promozione per i
provveditori che saranno tutti dirigenti
generali. |
13.5.2000
|
Attentato
dinamitardo nei confronti di un appartenente al Corpo di Polizia
Penitenziaria coinvolto nelle indagini della magistratura sassarese.
|
|
16.5.2000
|
Manifestazione
nazionale a Roma della Polizia Penitenziaria indetta da Cgil, Cisl e Uil
“per rendere manifesto l’impegno e la presenza del sindacato confederale
in un settore ad alta esposizione sul piano della sicurezza, della
legalità e della convivenza sociale”. Dopo essersi prudentemente tenuti
fuori dalla mischia nei giorni più caldi della protesta, i vertici
nazionali dei confederali scendono in campo per porsi come mediatori del
conflitto e tesoreggiare i risultati della battaglia condotta dagli
autonomi.
Roma -
Volantinaggio fuori al carcere di Regina Coeli da parte dell’Assemblea
contro la repressione, che raccoglie l’autonomia di classe e gli anarchici
di Roma. I detenuti di Rebibbia dichiarano lo stato di agitazione;
all’esterno del carcere presidio di solidarietà .
|
|
19.5.2000
|
Il Consiglio dei Ministri emana il Decreto Legislativo in
attuazione della legge 266/89, Riordino dell’amministrazione
penitenziaria, introducendo la deroga alle assunzioni per
l’Amministrazione Penitenziaria per la copertura immediata delle vacanze
di organico.
Trasferiti il
direttore e il comandante del carcere di Nuoro dove era morto suicida un
camorrista napoletano.
Continua la
protesta dei detenuti di Regina Coeli che hanno chiesto di svolgere
un’assemblea in presenza dei giornalisti.
Napoli, carcere
di Poggioreale. Manifestazione dei centri sociali davanti al penitenziario
cittadino. Mentre si svolge il corteo ed il successivo concerto nella
piazza antistante il carcere, una delegazione di parlamentari e
consiglieri regionali entra nel penitenziario per assicurarsi che non vi
siano ritorsioni sui detenuti. I prigionieri immediatamente rispondono
alla manifestazione con la battitura delle stoviglie sulle sbarre. Lo
spettacolo delle celle lascia sgomenti i visitatori. Fino a 18 persone per
stanza, con un solo bagno che funge anche da cucina. A Poggioreale le
quattro ore d’aria previste per legge sono ridotte a due, e talvolta anche
ad una. I detenuti, senza alcun timore reverenziale per la presenza del
direttore e delle guardie, denunciano l’uso sistematico delle percosse,
dell’isolamento, e fanno anche i nomi di alcuni agenti componenti delle
squadrette punitive.Nel carcere napoletano si può incorrere in una
sanzione corporale per il solo fatto di aver guardato in volto un agente,
o di non aver tenuto le mani dietro la schiena quando si percorrono i
corridoi, o di non essersi messi sull’attenti durante la conta. Le
condizioni igieniche degli ambienti e lo stato dell’assistenza medica sono
indescrivibili. Dei risultati della visita vengono informati il Ministro
della Giustizia, il Direttore generale delle carceri e i vertici
dell’amministrazione. |
Poggioreale
Il grande rigore ed il clima di paura che caratterizzano la
situazione del carcere di Poggioreale sono ben noti a tutti coloro che
frequentano gli ambienti penitenziari. . Il reparto accettazione,
l’infermeria, l’isolamento del padiglione Genova sono veri e propri luoghi
terrifici per il popolo dei ‘dannati della terra’.
Un ragazzo che è
riuscito ad avvicinare un componente della delegazione che ha visitato il
carcere ha raccontato che anche con le guardie spesso si parla chiaramente
dell’uso della violenza nel penitenziario napoletano. Gli agenti
giustificano gli atti di violenza ricordando ai carcerati la situazione in
cui versava il carcere nei primi anni ottanta, quando gli uomini di Cutolo
ed i loro rivali avevano conquistato il controllo del penitenziario. La
normalizzazione di Poggioreale avvenuta nei primi anni ottanta è ricordata
dai detenuti come un evento mitico, per i livelli di violenza che quel
processo comportò. Da quel momento Poggioreale è diventato il simbolo
della lotta alla camorra, un luogo dove le strumentazioni più brutali
della repressione si sono fatte sistema, un carcere che sembra in
emergenza permanente, incapace di emanciparsi da quel pezzo della sua
storia. Da quel momento Poggioreale è diventato il modello penitenziario
della massima deterrenza, un modello che è stato utilizzato nell’apertura
del secondo carcere della città (quello di Secondigliano) e che ha
prodotto due inchieste giudiziarie per pestaggi e un morto tra gli agenti
di polizia penitenziaria.
Ma
Poggioreale non è ricordato soltanto per il grande rigore del suo regime
disciplinare; dalla sua storia recente è venuto fuori un pezzo importante
della classe dirigente dell’apparato penitenziario (vedi ‘Da Sassari a
Poggioreale 1-3).
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20.5.2000
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Milano. Il
collettivo contro la repressione è fuori al carcere di San Vittore con un
banketto di controinformazione. |
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21.5.2000
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Napoli. Dopo la
manifestazione davanti al carcere di Poggioreale, e l’astensione dal vitto
di tre giorni dei detenuti, l’Osappe (uno dei più forti sindacati autonomi
della Polizia Penitenziaria) indice una conferenza stampa “finalizzata a
mitigare le tensioni tra detenuti e agenti di polizia penitenziaria”. I
sindacalisti dichiarano che non temono le inchieste giudiziarie anche a
Poggioreale, “ricettacolo delle più gravi malattie infettive come Aids,
Tbc, epatiti, scabbia, pediculosi”.
Roma. I detenuti
del carcere di Rebibbia mettono in atto lo sciopero del carrello (rifiuto
del vitto), il rifiuto di scendere all’ora d’aria dalle 13.00 alle 15.55,
la battitura delle sbarre dalle 22.30 alle 23.30.
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23.5.2000
|
Prosegue la
protesta di Rebibbia con la battitura delle sbarre, il rifiuto del vitto e
dell’ora d’aria. |
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24.5.2000
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La Conferenza
Episcopale italiana chiede allo stato italiano un atto di clemenza per i
detenuti.
I detenuti di
Regina Coeli sospendono le agitazioni iniziate alcuni giorni fa. In un
comunicato si dichiarano fiduciosi nell’impegno assicurato da alcuni
parlamentari in visita al carcere.
Prosegue invece
la protesta dei detenuti di Rebibbia che presentano la loro piattaforma di
lotta ad una delegazione di deputati in visita al penitenziario. Tra le
azioni di lotta oggi c’è anche l’astensione dal lavoro, dalla frequenza
delle attività scolastiche e culturali. |
La
piattaforma di Rebibbia.
a)
Indulto di tre anni, generalizzato per tutti.
b)
Applicazione con maggiori automatismi della legge Gozzini.
c)
Depenalizzazione dei reati minori.
d)
Facilitazione all’espulsione dei detenuti stranieri che ne fanno
richiesta.
e)
Decarcerizzazione dei tossicodipendenti.
f)
Aumento degli organici degli educatori, psicologi e magistrati di
sorveglianza.
g)
Qualificazione della polizia penitenziaria.
h)
Adeguamento delle strutture penitenziarie alle esigenze della
risocializzazione.
i)
Riduzione dei termini della custodia cautelare.
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25.5.2000
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Un’emozione
fortissima.
Come a Poggioreale
venerdi’ 19, cosi’ a Rebibbia. Fuori-dentro. Parenti, mogli, amici, figli,
compagne, compagni. Voci, rumori, luci. Da dentro: Battitura di pentole,
acccendini, luci spente e accese aintermittenza, uno striscione da una
cella “la voce dei dimenticati”: LIBERI! LIBERI! LIBERTA’! Fuori
pentole, coperchi, clacson, giornali bruciati, ”LIBERI! LIBERI!”, uno,
due, tre, tutti insieme “SIAMO CON VOI, SIAMO CON VOI!” DALLE 22:30
ALLE 23:30 TUTTE LE SERE FINO A GIOVEDI’ 25 MAGGIO SOTTO REBIBBIA.Voce ai
senza voce, e la voce se ne va, corde vocali torturate. Ma una gioia di
aver gridato e di aver perso la voce. Nel frattempo rientrano le persone
in semidetenzione, passano, fanno un saluto alla folla chiassosa,
entrano dentro il mostro che rinchiude le loro notti.
La protesta dei
detenuti di Rebibbia èandata avanti fino al 30 maggio.
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29.5.2000
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Mara Malavenda,
parlamentare dei Cobas, presenta una interrogazione parlamentare sulla
situazione del carcere di Poggioreale. |
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30.5.2000
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Rinviato un
concerto degli Assalti Frontali programmato nel carcere romano di
Rebibbia. Il direttore dell’Istituto ha giustificato il rinvio per la
troppa tensione che c’è nelle carceri. Il rapper Militant A è comunque
riuscito ad incontrare i detenuti, che hanno deciso di continuare la
protesta. Si dissociano dalla decisione dei compagni di Regina Coeli che
hanno ceduto alle pressioni di alcuni politicanti di interrompere la
protesta “in cambio di permessi, lavori esterni…”. I detenuti dichiarano
che “sono vent’anni che succedono cose come in Sardegna, è stato solo uno
scontro tra poteri istituzionali a fare scoppiare la bomba”. “Il governo
con una mano vorrebbe migliorare il carcere e con l’altra presenta un
pacchetto sicurezza per l’esecuzione della pena dopo il secondo
grado”.
Una ragazza di
28 anni muore nel carcere di Ragusa per un accesso ai denti non curato. La
vicenda è accaduta il primo maggio, ma solo oggi se ne è avuta notizia. La
donna era detenuta per una condanna a 7 mesi per furto ed il primo luglio
sarebbe tornata a casa. Nel 1999 i morti in carcere sono stati 83; 59 i
suicidi; 920 i tentati suicidi; 6.536 gli atti di autolesionismo.
Per Giancarlo
Caselli 500 miliardi renderebbero le carceri più vivibili. L’indulto
farebbe risparmiare allo stato 1600 miliardi che potrebbero essere
investiti nell’assunzione di nuovo personale. |
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2.6.2000
|
I compagni e le compagne di Parma ‘per l’autonomia di classe
organizzano un’assemblea cittadina per discutere sull’attuale situazione
nelle carceri e delle lotte dei detenuti. |
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3.6.2000
|
Parma.
Manifestazione per le strade della città e presidio sotto il carcere di
via Burla in solidarietà con le detenute e i detenuti in lotta nelle
galere italiane e nel mondo.
Il Ministro
Fassino propone l’istituzione di circuiti differenziati per detenuti
tossicodipendenti, con strutture sganciate dal carcere, di piccole
dimensioni, collegate al territorio. Finora i tossici sono stati assistiti
dai Sert e dai presidi sanitari interni al carcere.
I deputati Mara
Malavenda e Paolo Cento, il consigliere regionale di Rifondazione Franco
Maranta, i centri sociali Officina 99 e Ska, le associazioni Antigone e
Lila visitano il carcere di Poggioreale. Vittorio Agnoletto, presidente
della Lila, chiede al Direttore del carcere informazioni sul trattamento
adottato nei confronti dei tossicodipendenti che entrano nella struttura. Il
presidente della Lila ricorda che un recente provvedimento del direttore
generale Caselli impone ai direttori delle prigioni l’uso del metadone per
i tossicodipendenti in crisi di astinenza. Ma quale metadone, risponde il
direttore ilare, qui non ne abbiamo bisogno. Ma c’è la direttiva, incalza
Agnoletto. E il direttore: “E noi la applichiamo a modo nostro”.
Carcere di
Nuoro. Il testo della perizia medico-legale sul corpo di Luigi Acquaviva,
morto il 23 gennaio, non conferma il suicidio e documenta invece i segni
delle percosse, con segni di violenza diffusi su tutto il corpo del
detenuto.
Torino.
Proiezione del film “Le rose blu” di E. Piovano, girato all’interno delle
carceri ‘Le Nuove’ di Torino, protagoniste le detenute, alcune delle quali
morte nel rogo del 3 giugno 1989 (nel giugno dell’89 in un incendio nella
sezione femminile del carcere torinese morirono 11 ragazze detenute.
Promotori dell’iniziativa associazioni e collettivi di movimento.
|
Dal primo gennaio 2000 una legge, voluta dall’ex ministro della
Sanità Bindi, trasferisce la medicina penitenziaria al Servizio Sanitario
Nazionale. Attualmente si è ancora in attesa dei decreti attuativi di
questa legge e si va avanti con due circolari della Bindi e di Diliberto e
una del Dap, emessa da Caselli.
Le circolari prescrivono la prevenzione attraverso
analisi; terapie farmacologiche e psicologiche; presa in carico immediata
da parte dei Sert assicurando la continuità assistenziali; terapia
metadonica. Per Giancarlo Caselli all’uso del metadone non dev’essere
opposto nessun ostacolo o resistenza”. |
6.6.2000
|
Dopo due
settimane i detenuti di Rebibbia sospendono lo sciopero della fame dopo
gli impegni assunti dai parlamentari presenti all’incontro del 30 maggio
per un provvedimento di amnistia e indulto. |
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7.6.2000
|
L’Osappe,
sindacato autonomo della polizia penitenziaria, indice per il prossimo 16
giugno uno sciopero della fame ad oltranza dei suoi dirigenti ‘davanti
alla Casa Circondariale di Napoli-Poggioreale, da sempre simbolo delle
situazioni periferiche gravi e irrisolte dell’Amministrazione e dei disagi
del personale’. |
Di nuovo una
manifestazione nazionale dei poliziotti penitenziari davanti a
Poggioreale. |
12.6.2000
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Sciopero dei
detenuti in tutte le carceri italiane a sostegno della nuova piattaforma
di rivendicazioni proposta dall’associazione Papillon di Roma
Rebibbia. |
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13.6.2000
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Indulto-amnistia. Scontro tra Ds e Forza Italia sui contenuti
dell’eventuale provvedimento indulgenziale. I forzisti spingono per
un’amnistia ampia, che copra anche i reati di tangentopoli. Intanto
all’ordine del giorno della Camera arriva oggi la discussione sul
pacchetto sicurezza. |
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15.6.2000
|
Sergio Segio e
Sergio Cusani, a Roma per sostenere la loro ipotesi di amnistia, vengono
ricevuti a Palazzo Chigi, in Vaticano e dal Polo. Pietro Folena dichiara
che il centrosinistra presenterà un ddl che recepisce le indicazioni
contenute nella proposta di Cusani e Segio, rispondendo anche all’appello
lanciato dalla Chiesa. Nel provvedimento, però, ci saranno due paletti
saldi: nessuna amnistia per i reati di tangentopoli né per quelli di grave
allarme sociale.
Contraria alla
concessione di un provvedimento indulgenziale generalizzato anche la
maggioranza del CSM. Il rifiuto è netto anche per il Presidente
dell’Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Gennaro,: “dopo ogni
amnistia le carceri sono tornate piene dopo pochi mesi. Sarebbe necessario
collegarla a un provvedimento più generale di decriminalizzazione e di
interventi sul recupero post-carcerario”.
Sul piano istituzionale tutto appare immobilizzato. Alla
commissione giustizia del Senato la discussione sulle proposte di
amnistia-indulto non sono neppure state messe nel calendario.
Due tunisini
sono evasi dal centro di permanenza temporanea di Trapani, dov’erano
rinchiusi in attesa del rimpatrio. Il centro di Trapani era stato teatro
nel dicembre scorso di una tragica rivolta. Alcuni immigrati avevano
appiccato il fuoco nella camerata dov’erano stati rinchiusi dopo un
tentativo di fuga. Nel rogo morirono carbonizzati due stranieri, e altri
tre erano deceduti in ospedane nei giorni successivi.
Antonio Di
Pietro scende in campo contro le ipotesi di concessione di amnistia. Le
dichiarazioni favorevoli di molti esponenti di Forza Italia, dichiara l’ex
Pm, svelano che dietro la voglia di amnistia c’è una voglia di
impunità. |
Le proposte
attualmente presentate
a)
Disegno di legge Manconi-Saraceni: prevede la concessione
dell’amnistia per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una
pena detentiva massima non superiore a quattro anni, e per una serie di
reati ritenuti di minore gravità. Anche l’indulto è previsto nella misura
non superiore a due anni. I beneficiari potrebbero essere circa
14.000.
b)
Disegno di legge Pisapia-Russo Spena: l’amnistia sarebbe
condizionata, cioè, l’eventuale beneficiario nei successivi cinque anni
dovrà dare prove effettive e costanti di buona condotta e volontà di
reinserimento. Sull’indulto si arriva fino a 3 anni e senza eccezioni. I
fruitori sarebbero circa 17.000.
c)
La proposta Cusani-Segio. Nella sua versione più radicale
prevede la concessione
dell’amnistia – seppur condizionata – per reati fino a 5 anni di pena
massima, comprendendo quindi anche il reato di falso in bilancio.
L’indulto è previsto per 3 anni. |
16.6.2000
|
Il consiglio dei
ministri vara il nuovo Regolamento Carcerario, che sostituisce quello del
1976.
Giuliano Pisapia, componente della commissione Giustizia, visita il
carcere di Cagliari.
Indetto uno
sciopero della fame pubblico per richiamare l’attenzione sulla gravità
della situazione carceraria si svolgerà a Roma, a Castel S. Angelo, dal 21
giugno al 9 luglio, giorno del Giubileo dei detenuti. Hanno aderito, tra
gli altri, Pietro Ingrao, Lidia Ravera, Erri De Luca, Tullia Zevi, Moni
Ovadia e Gianni Ippoliti. E, tra le associazioni, Antigone, Arci ora
d’aria e Nessuno tocchi Caino.
|
Le novità del
nuovo regolamento
-
migliori condizioni igienico-sanitarie
-
servizi sanitari più mirati alle specifiche patologie
-
modalità di trattamento più rispettose della personalità del
detenuto
-
mediatori culturali per stranieri
-
più lavoro extracarcerario
-
diffusione della scuola dell’obbligo in tutti gli istituti
-
locali e ministri del culto per la celebrazione di riti non solo
cattolici
-
i colloqui mensili passano da 4 a 6 senza vetro divisorio
-
possibilità di trascorrere parte della giornata con i familiari in
appositi locali o all’aperto
-
incremento del numero e della dutata delle telefonate.
Resta fuori per ora il capitolo sull’affettività
in carcere, bocciato dal Consiglio di Stato |
17.6.2000
|
Il Collettivo
contro la repressione di via dei Transiti organizza una giornata di
mobilitazione fuori al carcere di Milano Opera. |
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18.6.2000
|
Giancarlo
Caselli, Direttore delle carceri, presenta un piano di differenziazione
degli istituti penitenziari. Quattro modelli che favorirebbero una
graduale fuoriuscita dalle prigioni e un progressivo reinserimento
sociale. Un circuito per i detenuti più pericolosi, uno dove scontare pene
secondarie, un terzo per le pene brevi e infine un circuito ampio per chi
si trova in regime di custodia attenuata.
Samir non è morto, se n’è andato via.
Un detenuto
extracomunitario si suicida nel carcere di Pisa. Scontava una condanna a
pochi mesi per spaccio, stava per uscire, ha picchiato una guardia, è
stato messo in isolamento, si è impiccato con la giacca del pigiama.
|
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20.6.2000
|
Conferenza
stampa al Senato del coordinamento di associazioni e personalità politiche
che si battono per l’amnistia. Ovidio Bompressi annuncia che nella
giornata di domani inizierà a
Roma il digiuno pubblico che continuerà fino al 9 luglio, giorno del
giubileo dei detenuti. Pietro Ingrao chiede che il Parlamento dedichi una
seduta speciale ai temi delle carceri dove possano parlare le delegazioni
parlamentari che vanno in giro per le prigioni.
Alcuni deputati di Alleanza nazionale hanno
protestato per la presenza di Bompressi e di Francesca Mambro nella
saletta del Senato dove si è svolta la conferenza stampa. Nella giornata
di oggi la commissione giustizia del Senato deciderà se iscrivere o meno
la questione amnistia all’ordine del giorno. Intanto il partito della
Quercia si spacca tra i giustizialisti della tolleranza zero, capitanati
da Ayala, e i cerchiobottisti guidati da Fassino.
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21.6.2000
|
Feroce presa di
posizione contro le ipotesi di amnistia del Procuratore Generale di
Milano, Francesco Saverio Borrelli. Il capo di mani pulite attacca gli
uomini politici che hanno portato in parlamento ‘un terrorista e un
corruttore’, riferendosi a Sergio Segio e Sergio Cusani. In una
improvvisata conferenza stampa Borrelli invita Wojtyla a non ficcare il
naso negli affari interni dello stato italiano. La Commissione Giustizia
del Senato rinvia di una settimana l’iscrizione all’ordine del giorno del
tema dell’amnistia. L’Associazione Nazionale Magistrati esprime forti
perplessità su provvedimenti indulgenziali. |
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22.6.2000
|
L’Amministrazione Penitenziaria consegna alla Commissione giustizia
del Senato un rapporto sulla situazione delle carceri.
Molte le reazioni negative alle dichiarazioni fatte ieri dal
Procuratore Generale di Milano Francesco Saverio Borrelli. Sul piano
politico siamo allo stallo totale. La Quercia è il primo partito ad
opporsi ai provvedimenti di amnistia, anche se non arrivano a pronunciare
un no secco. Come non lo fanno Forza Italia e An. Il partito di Fini ha
anzi aperto uno spiraglio, chiedendo di approfondire la questione dei
reati che sarebbero coperti dal provvedimento.
Festa del Corpo di Polizia Penitenziaria; presenti il capo dello
stato, il ministro della giustizia e Giancarlo Caselli. Fassino legge le
cifre del sovraffollamento penitenziario e promette di rinfoltire gli
organici del personale penitenziario (1200 educatori e 1500 poliziotti
penitenziari). Per Caselli nessun intervento riformatore è possibile se
non si affronta il problema della presenza dei 15.000 detenuti in più rispetto ai posti letto delle
nostre prigioni.
|
Il rapporto
del Dap.
Secondo il
documento presentato dall’Amministrazione Penitenziaria i detenuti in
Italia sono 53.507 a fronte di una capienza regolamentare di 42.749
persone. I condannati sono 28.104, gli imputati in attesa di giudizio
23.933, gli internati 1.470. I detenuti stranieri sono 14.803, i
tossicodipendenti 15.097. In 8.783 sono in cella per condanne fino ad un
anno, 5.147 da uno a due anni, 3.611 da due a tre anni.
Una parte importante della prossima campagna elettorale si giocherà
di certo sui temi della sicurezza, ed i sondaggi d’opinione che in questi
giorni sono apparsi sui giornali sconsigliano alle grandi forze politiche
di sbilanciarsi troppo sul tema dell’amnistia. Il pacchetto sicurezza,
attualmente in discussione alla Camera, prende di mira proprio quei
cosiddetti reati di strada (furti, scippi, rapine) che dovrebbero essere interessati
da un eventuale indulto-amnistia, e nelle strategie politiche dei partiti
c’è sicuramente più attenzione all’alto valore elettorale aggiunto che la
repressione di questi reati è in grado di esprimere, piuttosto che ad
evitare qualche casino nelle carceri.
Secondino Pride
Ad accogliere i
54.000 detenuti che stazionano nelle
nostre prigioni ci sono 34.000 posti letto, 44.000 agenti di
polizia penitenziaria e una sparuta pattuglia di operatori del
trattamento.
In
Germania per custodire 60.000 detenuti vengono impiegati 26.000 addetti
alla sorveglianza; al contempo, i tedeschi pagano 9.500 addetti alle
funzioni trattamentali. In Francia vengono ritenuti sufficienti 19.000
agenti per assicurare la sicurezza nelle carceri, che ospitano 58.000
detenuti; le unità di personale socio-educativo sono 6500.
L’apparente
paradossalità della situazione italiana in cui, nonostante l’elevato
rapporto tra agenti e detenuti, si continuano ad assumere poliziotti
penitenziari a colpi di decreti da un migliaio di unità all’anno, è il
segno tangibile di ciò che questa Amministrazione ha fatto negli ultimi
anni: riprodurre, in forma esponenziale, le sue più antiche vocazioni
repressive attraverso un’assoluta egemonia delle regioni dell’ordine e
della sicurezza.
La pacificazione
delle carceri operata dalla Gozzini e la montante ondata punitiva
proveniente dall’opinione pubblica nazionale ha posto finora
l’Amministrazione Penitenziaria al riparo da pressanti esigenze di governo
interne e da ogni forma di controllo democratico esterno, in particolare
al Sud.
Ciò ha
trasformato il carcere in un territorio dove scorrazzano indisturbati
voraci appetiti corporativi che si muovono in una logica esclusiva di
accumulo di privilegi. I detenuti, in tutto questo, sono diventati
l’ultimo dei problemi.
La
smilitarizzazione del Corpo degli agenti di custodia avvenuta nel 1990 e
la conseguente sindacalizzazione di questo soggetto, frutto di autentiche
istanze di democratizzazione di questo contesto istituzionale, è
precipitata su terreni di lotta corporativa che hanno soffocato ogni
residuo progressivo che quel provvedimento legislativo conteneva.
Lo sgelamento
delle carriere del personale dirigente del neonato Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria operato da questa riformariforma, con
l’ingresso dei direttori negli uffici centrali e periferici del
Dipartimento, ha portato questo personale in una situazione di accesa
concorrenza per la conquista di una poltrona ministeriale,il che significa, almeno per loro, la
possibilità concreta di liberarsi dalla necessità del carcere.
Condizione
essenziale perchè si possa ambire a questi salti della carriera è che nei
loro curriculum personali non vi siano ‘incidenti’, cioè che negli
istituti sottoposti alla loro direzione non si verifichino problemi
rilevanti sotto il profilo della sicurezza.
Tutto ciò ha alimentato e rafforzato quella cultura gestionale che
valuta positivamente le situazioni in cui ‘non succede nulla’, piuttosto
che quelle che possono vantare ‘eventi significativi’. Un direttore viene
giudicato sulla base del criterio del ‘non aver mai fatto parlare di sè,
piuttosto che della valutazione oggettiva dell’aderenza alla legge del suo
operato.
Questa
situazione ha ancor più accresciuto il potere della polizia penitenziaria,
vera ed unica garante della sicurezza, dell’ordine e della disciplina
negli istituti, e peggiorato progressivamente i livelli di vivibilità
della condizione detentiva.
La forza di
questo soggetto istituzionale, una forza incontestabile sia per i numeri
che per le funzioni, ha appiattito questa Amministrazione su posizioni di
pura separazione e conservazione di se stessa. La gran parte delle risorse
economiche ed umane pervenute ai penitenziari negli anni novanta sono
andate quasi esclusivamente a rafforzare le ‘impellenti ragioni della
sicurezza’.
I benefici
economici, normativi e di carriera conquistati dai neonati agenti di
polizia penitenziarie hanno conservato a questo personale un sistema
previdenziale speciale e veloci automatismi nei passaggi di carriera. Il
tradizionale senso di separatezza di questo corpo militare dal resto del
mondo del lavoro si è così rafforzato, consegnando grande visibilità e
credito alle loro rappresentanze sindacali.
Si tratta di un
sindacalismo fortemente corporativo, che ha alimentato ideologie
dell’appartenenza militaresca che stanno producendo profondi e pericolosi
guasti.
Il potere di
condizionamento che questi sindacati esercitano sulle scelte
dell’Amministrazione è veramente enorme, e può essere ritenuto senza
dubbio responsabile di una parte importante dell’irrigidimento dei regimi
disciplinari.
L’indubbia
capacità che hanno dimostrato nella vicenda di Sassari di tradurre in un
proprio vantaggio un momento di grande difficoltà nato dall’indignazione
con cui l’opinione pubblica aveva accolto la notizia del pestaggio, ne è
una prova sconcertante. |
23.6.2000
|
Protesta di
detenuti nel carcere di Trieste. Sul posto giungono immediatamente
pattuglie della polizia e dei carabinieri e squadre dei vigili del fuoco.
I detenuti agitano pezzi di lenzuola in fiamme e lanciano carca bruciata
dalle finestre. Battitura di stoviglie contro le sbarre delle celle.Il
direttore del carcere, Enrico Sbriglia, ha precisato che la protesta si è
svolta in maniera pacifica e senza incidenti. Le immagini del carcere,
ubicato al centro della città, sono state trasmesse da tutti i
telegiornali. “E’ il segnale che 54.000 detenuti aspettavano nelle 217
carceri italiane” (La Repubblica 26.6.2000). |
|
24.6.2000
|
Dopo la
messa in onda nella mattinata delle immagini del carcere di Trieste in
rivolta, “in poche ore la febbre attacca come un virus in altri istituti:
a Bologna, a Genova, a Milano, a Bergamo,a Napoli, dove rispondono
spontaneamente gli oltre tremila detenuti di Secondigliano e Poggioreale.
“Le proteste non sono violente – scrive La Repubblica – perché i direttori
restano nelle carceri e parlano con delegazioni dei detenuti”.
Per la seconda
notte consecutiva i detenuti del Carcere di Trieste proseguono la protesta
con lanci di lenzuola in fiamme e battitura.
Giancarlo
Caselli dichiara al Tg3 che ‘la protesta può essere legittima, ma gli
incidenti e le provocazioni non aiuterebbero ad accelerare le riforme”.
Scende in campo a favore dell’amnistia anche il Presidente della Corte
Costituzionale, Giovanni Conso. Il Ministro della Giustizia Fassino chiede
al Parlamento di decidere in fretta
Il Procuratore Generale di Milano, Francesco Saverio Borrelli, apre
parszialmente sull’amnistia. “L’amnistia può essere accettata, sia pure a
fatica, - ha dichiarato Borrelli – ma solo se affiancata da provvedimenti
strutturali importanti…” .
I sindacati
della Polizia Penitenziaria Sappe e Sinappe dichiarano lo sciopero in
bianco per protestare contro la scarsa attenzione che la prossima
finanziaria dedicherebbe agli aumenti salariali delle guardie.
|
Sciacallaggi
Le pesanti
ricadute che hanno sui detenuti la forma di lotta dello sciopero in bianco
(difficoltà nei colloqui con i familiari, nella consegna dei viveri,
meticolosità delle perquisizioni, rallentamento di tutte le attività
formative, culturali e sportive dentro agli istituti, sono una incredibile
provocazione che i questi sindacati dei poliziotti penitenziari intendono
lanciare nell’arena incandescente delle carceri. La spregiudicatezza e
l’arroganza con cui si decide, in questo momento, di utilizzare la
sofferenza dei detenuti per trarne vantaggi corporativi, è la prova
lampante della estrema pericolosità che questi sindacati oggi
rappresentano. Il messaggio è chiaro: far precipitare il conflitto nelle
prigioni per poi presentarsi come gli unici di affrontare lo scontro sul
piano militare. |
25.6.2000
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Napoli. Particolarmente dura è la protesta nel penitenziario
napoletano di Poggioreale, dove alle richieste di un provvedimento
indulgenziale si aggiungono le denunce sul clima di violenza e
intimidazione che si respira nell’istituto. 2070 detenuti, per una
capienza ‘tollerabile’ di 1200. Anche nel penitenziario di Secondigliano
la protesta va oltre la richiesta di amnistia. Qui ci sono oltre 1300
detenuti, cioè oltre il doppio della capienza tollerabile. I detenuti
denunciano che, da quando ha aperto il nuovo carcere, alcuni reparti d’estate rimangono
senz’acqua per alcune ore al giorno. Un documento firmato dai detenuti del
reparto S2 viene inviato al Procuratore Capo Agostino Cordova, con la
richiesta di aprire un’indagine sulle condizioni di vita di
Secondigliano.
Napoli. Prosegue la protesta negli istituti di Poggioreale e
Secondigliano, con la battitura, il lancio di carce incendiate dalle
finestre delle celle, l’esposizione di striscioni di protesta. I detenuti
dell’S2 di Secondigliano hanno scritto in un documento che se entro dieci
giorni non avranno alcun segnale dalla Procura di Napoli sulle denunce
presentate ieri, inizieranno lo sciopero della fame. Secondo il quotidiano
Il Mattino, “il direttore di Poggioreale, Salvatore Acerra, ieri,
nonostante la giornata festiva, era al suo posto di lavoro”.
Comunicato
Ansa
“Carceri:
amnistia, monta la protesta, ma non è ancora emergenza. (ANSA) - ROMA, 26
GIU
Il dibattito in corso nel mondo politico, sull' opportunita' di
varare decreti per la concessione dell' amnistia e dell' indulto, ed il
varo, da parte del Governo, del nuovo regolamento carcerario, non
sembrano placare le proteste all' interno delle carceri.
Sovraffollamento, liberta', amnistia sono le parole d' ordine che
hanno fatto scattare, da Trieste, la reazione dei reclusi, che non e' mai,
comunque, degenerata in violenza. Per Gianfranco Gianfrotta, direttore
dell' Ufficio Detenuti del Dap, ''bisogna avere il coraggio di
sperimentare soluzioni nuove, forme di custodia diverse da quelle che fino
a oggi si sono realizzate''. In sostanza ''una presenza del personale di
custodia meno forte di quanto oggi non sia rispetto a fasce di detenuti
che per la regolarita' della vita all' interno degli istituti
penitenziari non presentino particolare pericolosita'''. Il tam tam della
protesta e' arrivato nelle carceri di Poggioreale e Secondigliano dove, la
scorsa notte, i detenuti dei due istituti di pena napoletani hanno dato
voce all' esasperazione, chiedendo amnistia ed indulto, ma anche migliori
condizioni all' interno dei reclusori. Due ore di tensione anche nel
carcere di Pontedecimo, nel ponente genovese, dove ieri due ore di
protesta hanno fatto temere un innalzamento della tensione. Uno ''sciame
sismico'' di proteste dietro le sbarre che sembra potere percorrere tutta
la Penisola. E che ha toccato anche Bergamo senza pero' degenerare. A
Trieste la protesta si e' conclusa nella notte di sabato, anche se e'
ripresa piu' tardi per circa quarto d' ora. A Bologna la protesta e'
arrivata per posta: dal carcere di Dozza un gruppo di detenuti afferma in
una lettera di aver iniziato uno sciopero della fame. I detenuti del
carcere friulano hanno agitato pezzi di lenzuola in fiamme e lanciato
carta incendiata dalle finestre. Dall' esterno si e' sentito il battere di
oggetti contro le inferriate, le porte e le pareti delle celle. Le
richieste: la concessione dell' amnistia e un incontro con il direttore
del carcere, Enrico Sbriglia. Nel carcere di Trieste la capienza e' di
circa 150 posti a fronte di 210 detenuti. I detenuti della struttura
circondariale di Bergamo, invece, oggi hanno rinunciato all' ora d'aria,
rifiutato i pasti e i pacchi inviati dai familiari non sono stati
ritirati. E' poi iniziata una azione di disturbo sonoro. Nei due
istituti di pena napoletani la protesta e' stata caratterizzata da slogan
gridati e da pentole e piatti ripetutamente battuti sulle inferriate delle
celle. A Secondigliano ci sono stati anche lanci di carte e di stracci
accesi dalle finestre. La protesta, cominciata poco prima di mezzanotte,
si e' conclusa intorno alle 2. Poco piu' tardi e' tornata la calma
anche a Poggioreale.” (ANSA) |
Capienza
tollerabile.
Nei documenti
ufficiali che divulga l’amministrazione penitenziaria si trova sempre il
doppio dato della capienza, e della capienza
tollerabile. Per capienza si intende il numero di posti letto
previsti dai progettisti della struttura carceraria; per capienza
tollerabile il numero di persone che possono essere infilate in un
cubicolo lasciando un metro di spazio tra i letti a castello. La capienza
tollerabile viene stabilita sulla base di ‘relazioni tecniche’ delle
direzioni delle carceri.
Non tutti sanno che
Il prestigio, ma
soprattutto la carriera di un direttore, si misura anche dalla grandezza
della struttura che ha diretto (e per grandezza si intende il numero di
carcerati che ha custodito). Nella recente riforma della dirigenza dei
penitenziari, una delle condizioni per aver riconosciuto al proprio
istituto lo '‘status di prima dirigenza'’ è appunto il numero di detenuti
ospitati. |
26.6.2000
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Si diffonde la
protesta in tutte le carceri italiane. A Novara un incendio appiccato
nella notte ai materassi di una cella manda all’ospedale sei agenti,
intervenuti per sedare le fiamme.
In toscana la protesta coinvolge i penitenziari di
Livorno, Firenze, Pisa, Prato, S. Gimignano e Pistoia. Agitazioni anche a
Lecce, Ancona, Bologna, Lanciano, Teramo, Chieti, Bergamo (dove un agente è rimasto ferito),
Parma, Modena, Padova, Pesaro, Fermo, Alessandria, Udine, Pordenone,
Palermo e Trento. A Trieste, il carcere che ha lanciato l’ultima ondata di
proteste, proseguono le agitazioni con uno sciopero della fame, il rifiuto
dei colloqui e dei pacchi, astensione dagli incontri con gli avvocati e
diserzione dalle aule di tribunale. Grave appare la situazione di Roma
Rebibbia, dove i poliziotti avrebbero lanciato lacrimogeni contro un
centinaio di detenuti, che avevano appiccato il fuoco ai materassi e alle
suppellettili. A Bergamo un agente è stato ferito al braccio con una
lametta da barba da un detenuto extracomunitario.
Il Direttore
Generale del Dap, Caselli, ordina agli agenti di mantenere la calma e di
non reagire.
Il Viminale dà
l’allarme. Allertati i Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza
pubblica.
Napoli. In tutte
le strutture carcerarie della regione si segnalano manifestazioni e
proteste dei detenuti. Particolarmente pesante è la situazione nei due
penitenziari napoletani. Striscioni appesi alle finestre sbarrate di
Secondigliano chiedono amnistia ma anche condizioni di vita meno pesanti.
Nel carcere di S. Maria Capua Vetere i detenuti hanno incendiato le
lenzuola. A Secondigliano sopo apparse lenzuola con scritte polemiche
contro la Magistratura di Sorveglianza il cui Presidente, Angelica Di
Giovanni, sta ricevendo in queste ore decine di fax da tutte le case di
pena di Napoli e provincia.
Il prossimo 8
luglio il cardinale Giordano si recherà nella casa di pena di
Secondigliano nell’ambito delle manifestazioni per il giubileo dei
detenuti. Contemporaneamente, davanti al carcere, i familiari dei detenuti
daranno vita ad una fiaccolata. La manifestazione è stata organizzata
dalla Caritas e da altre associazioni di volontariato religioso.
A
Poggioreale è stato di massima allerta. Un agente intervistato da La
Repubblica ammette che gli agenti cominicano ad avere paura. Nicola
Sanseverino, sindacalista del Sappe, dichiara di essere favorevole
all’amnistia. Emilio Fattorello, segretario regionale dello stesso
sindacato, ammette che dopo i fatti di Sassari il rapporto tra agenti e
detenuti è sul filo del rasoio, e minaccia di chiamare gli agenti ad
effettuare uno sciopero bianco.
Leo Beneduci,
segretario dell’’Osappe, sindacato dei poliziotti penitenziari, accusa
il governo di non avere
alcuna politica sull’aumento degli organici e sul riassetto delle carriere
degli agenti. Per questo motivo il direttivo dell’Osappe ha indetto uno
sciopero della Fame.
Qualcosa comincia a sbloccarsi tra le forze politiche. Oggi
l’argomento verrà discusso nel vertice di maggioranza con Amato: la linea
che si sta affermando nel centrosinistra è favorevole ad un indulto.
L’inversione di marcia è particolarmente vistosa tra i DS. Anche AN, dopo
l’impegno mostrato da Fassino di inserire nel Dpef fondi per le prigioni,
ha di molto ammorbidito il suo veto iniziale. Decisamente contro
l’amnistia sono invece Antonio di Pietro e Luciano Violante.
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Sciacallaggi
L’Osappe è
impegnato in un duro scontro con il primo sindacato dei poliziotti
penitenziari, il Sappe, per la conquista della maggioranza degli iscritti.
Dopo l’indubbia egemonia che il Sappe ha esercitato nei giorni caldi delle
vicende di Sassari, l’Osappe sta cercando adesso di recuperare visibilità
attraverso un forte attivismo che si sta manifestando soprattutto sulla
scena napoletana, area in cui vanta un buon insediamento.
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