Il carcere possibile

 

Camera Penale di Napoli: progetto "Il carcere possibile"

 

Presentazione

I contenuti

Il Professor Onida ed il detenuto Antonio

Programma 2005

Presentazione

 

Fino a venti anni fa, sia pure per un periodo temporale limitato, una visione culturale aveva preso il sopravvento: cominciò a prevalere la convinzione che fosse possibile, attraverso una serie di ammortizzatori sociali e di interventi di sostegno, attuare la grande mediazione e cioè procedere alla "inclusione" di coloro i quali erano esclusi dal circuito produttivo. Temo invece che, a far data dalla metà degli anni ‘80, vi sia stato un processo di "ricarcerizzazione" corroborato da una diversa etica del mondo che ha preso progressivamente il sopravvento. Da allora è in atto non più il tentativo di includere, ma è in atto un processo di esclusione di coloro i quali già risultano fuori da ogni processo educativo e produttivo.

È un fenomeno che non riguarda soltanto "l’altra parte del mondo", ma temo che tale progressivo processo di esclusione si stia ormai sedimentando in modo sempre più radicale anche nel nostro paese. Penso che questo processo stia producendo una serie di comportamenti, in tema di carcerizzazione, che sono in antitesi con i modelli propri di una società democratica.

Mi riferisco all’avvento nel mondo della c.d. "cultura del diritto penale del nemico". Tale cultura presuppone l’esistenza di un doppio diritto penale e processuale: uno, codificato per la moltitudine dei cittadini; l’altro, ben più severo, non tipizzato ed elusivo dei principi costituzionali, per chi viene individuato come "nemico".

La sedimentazione di una cultura della contrapposizione "amico-nemico", potrebbe comportare il grave rischio di diversificare il concetto di destinatario della norma penale, i cui diritti inviolabili potrebbero essere "sospesi sine die allorché ne intervenisse l’individuazione come nemico".

Ritengo che questa cultura del "diritto penale del nemico" a livello sovrannazionale, progressivamente, stia cominciando a insinuarsi anche nei vari Stati nazionali, in particolare in Europa; una cultura determinata dalla legittima domanda di sicurezza proveniente dal cittadino a cui le istituzioni tentano di fornire risposte rassicuranti.

Sul punto però occorre evidenziare che le rapide, ma sempre fuorvianti, scorciatoie dell’immediato consenso, inducono spesso i soggetti della politica ad avallare la confusione sempre più diffusa nei cittadini tra la legittima esigenza di sicurezza e l’invocazione di interventi meramente repressivi, corredata dalla richiesta congiunta di depauperare le garanzie dell’inquisito.

È opportuno allora ancora una volta ribadire che il binomio sicurezza - repressione è uno slogan destinato a produrre consensi immediati ma nessun risultato concreto, se non in termini esclusivamente peggiorativi. Per dirla in sintesi, se venti anni fa vi era un entusiasmo professionale da parte di tutti gli Operatori, gli Educatori, gli assistenti sociali, all’interno del pianeta carcere, credo che attualmente, per i motivi che ho in grande sintesi accennato, si stia registrando, e non certo per responsabilità delle figure professionali citate, una sventurata inversione di tendenza.

Si è voluto, con l’iniziativa del Carcere Possibile, significare che il tema della sicurezza, che pure é sicuramente un’ esigenza fortemente avvertita dai cittadini, debba essere affrontata in termini diversi da quelli attuali.

Uno Stato può garantire la sicurezza all’interno del carcere, controllare il detenuto. Nel contempo, è innegabile che i meccanismi repressivi che sono in contrasto insanabile con lo sviluppo e la rieducazione del detenuto, altro non sono che "vessazioni punitive" che dovrebbero essere abolite. È necessario tentare di costruire un carcere completamente diverso, privo di illegalità e di circuiti differenziati.

Il carcere dovrebbe essere una istituzione sociale, mentre rischia di trasformarsi soltanto in un’istituzione di Polizia. Ed invero, il rapporto tra personale di Polizia Penitenziaria ed educatori nelle carceri italiane è esattamente il seguente: 50 mila agenti a fronte di soli 500 educatori nell’ambito di tutte le carceri italiane. Questa sproporzione numerica dà il segnale di ciò che è oggi il carcere italiano, in assoluto contrasto con la sua funzione.

Anche all’interno della Magistratura di Sorveglianza si sta sedimentando uno scoramento, sicuramente dovuto anche alla carenza di mezzi ed alla scarsità degli investimenti, che invece necessariamente dovranno lievitare; credo però che vi sia anche un dato culturale generalizzato che si sta insinuando all’interno della Magistratura di Sorveglianza. Ed invero, da qualche tempo, all’interno della Magistratura di Sorveglianza, vi é grande attenzione per le vittime del reato piuttosto che per il colpevole che deve essere rieducato.

Occorre ricordare, però, al Magistrato di Sorveglianza che la sua funzione non é quella di porre attenzione alle vittime del reato, ma é quella di porre grande attenzione all’effettivo reinserimento sociale del condannato: la funzione del Giudice di Sorveglianza consiste infatti nella verifica del percorso rieducativo del condannato.

Inoltre, il Magistrato di Sorveglianza non frequenta più le carceri o perlomeno nella maggior parte dei casi vi é una ritrosia ad entrare all’interno delle carceri. Si vorrebbe invece una maggiore presenza all’interno del carcere del Magistrato di Sorveglianza.

La presenza del Magistrato all’interno delle carceri può fungere da controllo giurisdizionale e da stimolo per la realizzazione di percorsi rieducativi che, a dir poco, languono. Invece, in forza dell’errata convinzione che il Magistrato di Sorveglianza deve mantenere una sua neutralità, si predilige, in molti casi, essere estranei, assenti, dal carcere.

Credo, infine, che tutti si debba essere consapevoli che è in atto un processo di criminalizzazione della povertà, che ha prodotto il riempimento a dismisura delle carceri dislocate sul territorio nazionale e non solo. E allora è necessario che i responsabili della politica, nel subire le pressioni e le richieste di sicurezza e di "Air Bag" da parte del cittadino, affermino con chiarezza e senza ambiguità che il percorso della repressione senza rieducazione, é un percorso che é in antitesi assoluta con il concetto stesso di sicurezza. E che pertanto è necessario che tutto l’indotto intellettuale e professionale afferente il "pianeta carcere", - educatori, psicologi, assistenti sociali, personale penitenziario - deve essere potenziato e "ripensato".

È altresì necessario privilegiare una visione culturale dell’escluso in termini costruttivi, giacché è evidente che i reclusi sono stati privati in radice della possibilità di essere educati alla "bellezza" dei valori condivisi e che non sussiste, quindi, quella "uguaglianza di partenza" che potrebbe giustificare l’esclusivo fine retributivo della pena, a cui molti si ispirano.

L’augurio è che l’iniziativa promossa dalla Camera penale di Napoli possa contribuire ad una riflessione sulla necessità di una netta inversione di tendenza: la sicurezza non la si acquisisce attraverso un inasprimento della repressione penale e delle condizioni carcerarie. È necessario potenziare meccanismi propedeutici alla realizzazione di processi di "inclusione" e non di "esclusione".

Da ultimo, in relazione alle rappresentazioni in scena al teatro "Mercadante" con gli attori detenuti, meritevole d’attenzione è l’impegno profuso da tutti gli operatori e dagli stessi detenuti che non si sono limitati ad una "mera" prova attoriale, ma hanno invece partecipato attivamente anche all’elaborazione e, in alcuni casi, alla stesura del soggetto - testo.

I detenuti hanno dunque offerto una collaborazione profonda, innervata di energia creativa e ironica nonostante la loro condizione di dolore e sofferenza: uno scenario indicativo di possibili percorsi alternativi e nel contempo di tragica denunzia di tutto ciò che da sempre nelle carceri si sarebbe potuto e si potrebbe realizzare.

 

Avv. Domenico Ciruzzi, Presidente Camera Penale di Napoli

 

I contenuti

 

Con tale progetto, nato nell’aprile del 2003, la Camera Penale di Napoli intende avvicinarsi concretamente a quello che oggi è il dramma della detenzione. Una strada di denuncia, ma anche propositiva, che parte dal principio contenuto nel terzo comma dell’art. 27 della Costituzione: "...le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato...", tenendo ben presente che tutto quello che eccede la privazione della libertà, altro non è che arbitraria ed illegale violenza.

Una detenzione scontata con modalità legali è il presupposto indispensabile affinché lo Stato possa chiedere il rispetto delle sue regole a chi queste regole ha infranto. Il carcere è una struttura pubblica, come lo è una scuola, un ospedale, deve avere ambienti sani e personale idoneo e preparato ad affrontare il compito che la legge gli assegna.

La battaglia da affrontare è soprattutto culturale. Una vera opera di prevenzione del crimine non può prescindere da una nuova visione del sistema carcerario. Occorre investire in nuove strutture, ma soprattutto in risorse umane, per un nuovo rapporto con la "persona detenuta". Un nuovo carcere è "possibile". Non occorrono riforme. La Costituzione lo impone e le Leggi ci sono.

 

Il Professor Onida ed il detenuto Antonio

 

"Il Carcere Possibile" è anche quello del Prof. Valerio Onida, fino ad alcuni giorni fa Presidente della Corte Costituzionale, che ha scelto di fare volontariato nell’Istituto di Pena di Bollate. Il Professore, Ordinario di diritto costituzionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale di Milano, un giorno alla settimana aiuta i detenuti a scrivere le istanze ed a chiedere permessi.

La notizia, riportata da "Il Corriere della Sera" del 22 febbraio, è un raro esempio d’interesse alla realtà drammatica della detenzione in Italia, mentre il mondo politico, senza distinzioni di schieramenti, continua ad avallare una situazione di degrado, contraria ai principi costituzionali ed inaccettabile per un paese civile.

L’Istituto di Bollate è tra i migliori d’Italia per struttura ed organizzazione e, da un anno e mezzo, ha aperto al suo interno uno "Sportello Giuridico" che offre una consulenza gratuita per i reclusi, aiutandoli a scrivere istanze, a chiedere permessi, a valutare la loro posizione giuridica.

Questo prezioso strumento (non solo per i detenuti, ma anche per il Tribunale di Sorveglianza, che non viene inutilmente intasato da richieste assurde e palesemente inammissibili), che vedeva già all’opera un ex Giudice del Lavoro, un Avvocato civilista ed alcuni internati, si è arricchito così di un’illustre presenza, che ha già prodotto i suoi primi effetti.

Lo spazio dedicato alla notizia, infatti, è dovuto esclusivamente a lui. Al contributo meraviglioso di un uomo che, all’apice del successo professionale, ha deciso di dedicare parte del suo tempo al volontariato nelle carceri.

Grazie al Professore Onida, infatti, il più importante quotidiano italiano ha fatto conoscere ai lettori la realtà dell’Istituto di pena di Bollate, dove la Direttrice, la Dott.ssa Lucia Castellano, ha il grande merito di coinvolgere i detenuti in iniziative finalizzate realmente al recupero ed al reinserimento sociale. Ma parliamo di un’isola felice e la disparità di trattamento tra chi è recluso a Bollate e chi deve scontare una pena detentiva altrove è enorme.

Nell’inferno di alcune carceri del Meridione la regola è la sopravvivenza in condizioni disumane, senza possibilità di protestare per non perdere il beneficio della liberazione anticipata. La Camera Penale di Napoli, con il progetto "Il Carcere Possibile", ha portato avanti alcune iniziative, che hanno coinvolto i detenuti degli Istituti Penitenziari della città.

La gratitudine di queste persone per quanto veniva loro offerto, può essere racchiusa in queste frasi che uno di loro ha scritto e che sono state pubblicate sul giornale "Impegno Vincenziano":

"Il 13 dicembre 2004 è stato per me un giorno molto importante. Ho vissuto una piccola esperienza culturale che mi ha fatto vivere delle grandi emozioni e tante riflessioni....Non saprei spiegare cosa ho provato in quel momento, di sicuro tanto amore e tanto rimorso....Fino a quel giorno del 13 dicembre ho vissuto un po’ come un autistico, con la differenza però che in quel mondo mi ci ero chiuso da solo e non per ragioni di salute mentale, ma per devianze, per la fiducia persa in me stesso che sistematicamente mi allontanava sempre più dall’idea che si può cambiare....Questa piccola esperienza mi ha fatto capire tante cose, ne cito una che per me è la più importante: non ci vuole tanto per essere appagati e felici, la vita è bella. Sono ancora detenuto, potrò affermare i miei pensieri e le mie idee, quando finalmente passerò al di là di queste mura. Per adesso posso dire che vivo di una grande energia positiva e che sono ottimista per il futuro. Ho ancora impressi nella mente gli occhi di mia moglie seduta tra il pubblico, brillavano di gioia e di orgoglio; erano molto diversi da quegli occhi impauriti e disperati, di quando ha assistito dal pubblico di un’aula del tribunale al mio processo". Antonio.

Le parole di Antonio fanno comprendere come basti poco, davvero poco, per contribuire al recupero di chi ha sbagliato e che, comunque, vale la pena tentare. Se nel Meridione le carceri sono l’"inferno" , cerchiamo di migliorarle. Se i politici non rispettano l’obbligo giuridico d’intervenire, facciamoci promotori d’iniziative che possano quanto meno alleviare l’ingiusta condizione in cui questi detenuti "diversi" vivono. Gli intellettuali, gli imprenditori, la c.d. "società civile" prenda esempio dal Professor Onida, avranno una grande occasione per migliorare loro stessi e gli altri.

 

Riccardo Polidoro

 

Programma 2005

 

Martedì, 14 giugno 2005: ore 18.30 - "La Feltrinelli" - Napoli, Piazza dei Martiri

Proiezione del "corto": "Codice a sbarre" di Ivano De Matteo

Incontro - dibattito su: "Certezza della pena e diritti negati"

Coordina: Riccardo Polidoro, Delegato al Progetto "Il Carcere Possibile"

Intervengono:

Lucia Castellano - Direttrice dell’Istituto Penitenziario di Bollate (Mi)

Domenico Ciruzzi - Presidente della Camera Penale di Napoli

Tommaso Contestabile - Provveditore Regionale Campania -Dip.to Amm.ne Penitenziaria

Roberto De Masi - Assessore alle Politiche Giuridiche del Comune di Napoli

Ivano De Matteo - Regista

Angelica Di Giovanni - Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli

Valerio Onida - Professore di diritto costituzionale. Già Presidente della Corte Costituzionale

 

"La Feltrinelli" consegnerà al Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria i libri raccolti nelle sue sedi di Napoli e Salerno, donati dai clienti e destinati agli Istituti di pena della Campania, nell’ambito dell’iniziativa "In carcere è possibile... leggere"

 

In collaborazione con il Teatro Mercadante - Teatro Stabile di Napoli

Prima Rassegna di Teatro "Il Carcere Possibile"

Mercoledì, 15 giugno 2005: Teatro Mercadante

Ore 18.00: Saluti delle autorità

Presentazione della Rassegna

Domenico Ciruzzi - Presidente della Camera Penale di Napoli

Ninni Cutaia - Direttore Teatro Mercadante

Riccardo Polidoro - Delegato al progetto "Il Carcere Possibile"

Ore 18.30: Visibili o invisibili? Da Poggioreale al Mercadante .

Passioni estratte da Cerciello & Zinna.

Con alcuni detenuti dell’Istituto di Poggioreale

Regia di Carlo Cerciello e Riccardo Zinna

Consulenza Musicale: Coletta,Vitelli,Umby

ore19.30: I racconti del corpo, Ispirato all’opera di Margherite Duras

Con alcune detenute dell’Istituto di Pozzuoli

Un progetto di Alessandra di Castri, Giorgia Palombi e Susanna Poole

Regia di Giorgia Palombi

 

Giovedì, 16 giugno 2005: Teatro Mercadante

Ore 18.30: I ragazzi di Nisida in uno spettacolo ispirato a "La Tempesta"

di W. Shakespeare, nella traduzione di E.De Filippo.

Un progetto dell’Associazione Culturale Artè Teca

Ore 19.30: Il re muore

Con alcuni detenuti dell’Istituto di Secondigliano

Un progetto di Alessandra di Castri, Giorgia Palombi e Susanna Poole

Regia di Giorgia Palombi

 

 

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