Carcere e viaggio

 

Carcere e viaggio

La scrittura come “luogo di libertà” dove le persone si ritrovano nel raccontare,

che è prima di tutto raccontarsi, ascoltarsi, visitare quel mondo interiore,

che rischia di annichilirsi per l’isolamento e la mancanza di stimoli della galera

 

Stefano Bentivogli

 

Dieci detenuti del carcere romano di Rebibbia si iscrivono ad un laboratorio di scrittura organizzato da Luciana Scarcia, insegnante da metà degli anni settanta, donna che si mostra nell’approccio col carcere carica della voglia di capire, di partecipare, di dare un senso anche a tante attività intramurarie. Un senso che a volte rischia di rimanere quello di passare un po’ di tempo fuori dalla cella, per gli utenti, e l’aver fatto comunque una buona azione, per il volontario.

Sembrerebbe che scrivere in carcere sia una cosa che viene da sé, naturalmente, bastano carta e penna e tempo a disposizione. Ma, se anche per molti rimane l’unico mezzo di contatto “libero” con l’esterno, in realtà poi prendere carta e penna e mettere una parte di sé sul foglio è una cosa difficile, molti usano ancora “l’amico che ha studiato”, molti provano e rinunciano, altri invece la trasformano in un’attività al limite del patologico: non sono pochi i grafomani che si scoprono in carcere, ma il livello è quasi da “malati della scrittura”, e difficilmente ha sbocchi di una qualsiasi utilità o interesse. Un laboratorio di scrittura invece è un’altra cosa, è imparare, sperimentare e produrre con lo strumento della lingua scritta, e non è una operazione semplice, occorre studiare, e come tutte le materie scrivere può diventare interessante e coinvolgente oppure no.

“Carcere e viaggio”, a cura di Luciana Scarcia, è la produzione di un anno di laboratorio che sembra quasi voler essere una provocazione a chi legge. Il carcere non è certo il luogo per antonomasia del viaggio, piuttosto è quello dell’immobilità, o rischia di esserlo se, tra il tempo che non passa e le privazioni, non si riesce a trovare un senso nello svegliarsi tutte le mattine ed arrivare a sera in quelle condizioni. Ma l’immobilità non è solo quella fisica, che è pesante, dannosa, deformante e patogena, l’immobilità grave è quella mentale, compresa quella emotiva ed affettiva. Così quella materia studiata a scuola per comunicare scrivendo, piena di regole, diversa dalla lingua parlata, diventa, perché proposta in maniera intelligente, l’apprendimento di uno strumento molto potente.

È un libro che testimonia proprio come la scrittura può diventare “il luogo di libertà” dove le persone si ritrovano nel raccontare, che è prima di tutto raccontarsi, ascoltarsi, visitare, con metodo ed attenzione, quel mondo interiore che rischia di annichilirsi per l’isolamento e la mancanza di stimoli. Farsi aiutare dall’idea del viaggio poi, oltre ad essere provocatoria, esalta il risultato di un lavoro individuale che mostra come siano diversi i percorsi, i luoghi, le mete, ma che insegna a condividere un metodo, ossia trovare delle regole che permettano di mettere in comunicazione le diversità che oggi in carcere convivono a volte in maniera problematica.

È importante che in carcere la lingua scritta possa avere uno spazio, soprattutto se organizzata in laboratori, perché la sensazione in generale è oggi che la scrittura venga sepolta e dimenticata, quasi che la lingua parlata possa sostituirla del tutto. Ma la scrittura è ben altro, ed il fatto che possa andare persa o che diventi una capacità d’élite significa che ne sarebbe facilmente privata una fascia di persone più deboli e povere interiormente, con meno strumenti di conoscenza di sé e, a volte, più facilmente vittime della cultura dell’omologazione, e quindi dell’alienazione. Allora, tanto più significativo diventa lavorarci, con la scrittura, accanitamente e testardamente proprio in galera.

 

Carcere e viaggio” è il titolo del volume di racconti scritti da un gruppo di detenuti del carcere romano di Rebibbia che hanno frequentato un laboratorio di scrittura, condotto da Luciana Scarcia.

Il filo conduttore di tale esperienza è stato il viaggio: costruire una sorta di dizionario ragionato intorno al tema del viaggio proprio da parte di chi, separato dal mondo, cerca di usare la scrittura come luogo di libertà e metodo di ricerca. A partire dell’alfabeto del viaggio, sono stati così elaborati alcuni scritti di diversa tipologia: racconti autobiografici, descrizioni del carcere, lettere, riflessioni e scherzi.

 

 

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