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Il branco di Andrea Carraro Theoria € 12
E’ un romanzo di forte impatto emotivo e non poteva essere diversamente, visto che racconta di uno stupro collettivo: un tema che mette a disagio il lettore, che provoca avversione ed orrore istintivi. Non servono parole e riflessioni, nemmeno è possibile farle, poiché lo stupro permette solo la scelta di una condanna incondizionata. Invece sarebbe il caso di indagare sui motivi che ne fanno un comportamento "abominevole", motivi psicologici, che sono alla base di episodi identici a quello descritto da Carraro. La violenza sessuale è considerata alla stregua dell’omicidio in molti paesi (negli USA e nei Paesi Arabi è punita anche con la morte) e l’"apartheid" affonda le radici proprio nell’irrazionale paura del visto come un potenziale violentatore. Perfino nelle carceri la violenza sessuale è percepita come atto particolarmente indegno e colpa imperdonabile: gli stupratori devono infatti essere protetti costantemente, per evitare che gli altri detenuti li aggrediscano. Nella graduatoria degli "infami" sono al livello più basso, peggiori dei pentiti, dei matricidi e dei papponi: perciò il comportamento dei giovani de Il branco li pone fuori da ogni regola sociale, anche da quelle della "società alternativa" costituita dai criminali. Forse è proprio questo che vogliono, forse non hanno esatta coscienza del loro essere uomini. Sono cresciuti in un luogo di degrado estremo, oltre la periferia di Roma, dove la natura è deturpata e dalla città arrivano soltanto i rottami ed i rifiuti. Come l’ambiente, sono corrotti i rapporti familiari e lo stesso linguaggio regredisce in funzione dell’uso fattone nell’ambito del gruppo: solo in esso i ragazzi trovano ragione di essere, identità sociale. Nel "branco" ognuno trova legittimazione al proprio comportamento perché gli altri fanno e pensano le stesse cose, anzi le azioni particolarmente azzardate danno autorevolezza a chi le compie. In questo contesto diviene quasi normale sequestrare due ragazze e violentarle in gruppo anche per Raniero; il protagonista del libro sarebbe lui, se non fosse che il "branco" fagocita la sua personalità. Quando una delle due vittime muore il "più colpevole" viene rigettato dagli altri: questo è credibile soltanto se la si considera una distinzione delle responsabilità. Dopo aver accettato lo stupro non si sollevano remore davanti all’omicidio, né a qualsiasi altra azione. L’autore è riuscito a mantenere entro certi canoni la narrazione e questo è un grande merito, considerando la scabrosità del tema trattato. Tuttavia il libro mi ha "fatto male" e l’ho terminato dimenticandomi di avere tra le mani un romanzo: l’ho "guardato" sotto il profilo della sociologia, delle scienze sociali in generale. Consiglio la lettura de "II branco" anche a tutti coloro che intendono approfondire questi temi e lo vogliono "usare" più come un saggio che come un romanzo.
Francesco Morelli
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