Ricordi...in tempo reale

 

Ricordi… in tempo reale

di Gianfranco Amato

 

Primo classificato nel Concorso letterario "Parole oltre il muro", riservato ai detenuti del carcere "Le Novate" di Piacenza

 

"Nella solitudine il solitario divora se stesso. Nella moltitudine lo divorano gli altri". Friedrich Nietzsche

 

Novembre 1997

 

La serata è ideale, come lo sono tutte le serate autunnali, è buio e fa freddo e la gente cammina a testa bassa fasciata da caldi cappotti e avvolta nelle sciarpe Sono le ore 19.00 ancora pochi istanti e poi si entra in azione. Finalmente è arrivato il momento tanto atteso, dopo avere passato diversi giorni di fronte a questo "magnifico" Centro Commerciale alla periferia nord di M… a programmare il "lavoro" nei minimi dettagli.

Seduto al volante di una potente auto, mi sento fremere dalla voglia di cominciare a "danzare". In compagnia di due fidati amici distribuisco le ultime indicazioni con decisione e freddezza, in questi momenti così carichi di tensione è importante dimostrare lucidità per dare sicurezza ai tuoi compagni di avventura.

Come d’abitudine mi carico con una striscia di "materiale" e, in un gesto istintivo, passo la mano sulla cintola dei pantaloni dove il gonfiore della mia inseparabile "38 canna corta" mi fa ribollire il sangue e il mio corpo è attraversato da un fiume di adrenalina. Tutta la mia esistenza sembra essere stata concepita per quel lungo ed interminabile istante. Il tutto dura pochi minuti, il tempo di entrare, mostrare i ferri e riempire due splendide sacche di denaro.

Il direttore e il personale rimangono come ipnotizzati alla vista delle armi e, per noi, è un gioco da ragazzi ritrovarci già in macchina per la fuga. Sono di nuovo alla guida e mentre sento i miei compagni esultare euforici alla vista del bottino, il mio pensiero va alle emozioni violente e sfibranti che ho appena vissuto, tanto intense da potergli quasi dare un senso per la vita, da diventare droga, e come per la droga così difficili da abbandonare o sostituire con altre emozioni.

 

Giugno 1984

 

Intorno a me sono tutti sorridenti e gioiosi. Tra abbracci e strette di mano si congratulano con mia madre. È il giorno della consegna del diploma di 3° media e da un po’ di tempo ho preso la decisione di iscrivermi all’Istituto Superiore Alberghiero A... V.., la mia intenzione è quella di diventare cuoco. I complimenti dei professori si sprecano, sia per l’ottimo percorso scolastico appena concluso, sia per la scelta della scuola che a breve dovrò frequentare.

Ora il viso di mia madre è rigato di lacrime, sono lacrime di gioia, chissà a cosa sta pensando? Sicuramente è orgogliosa di me, e piena di speranze per il futuro di questo suo primogenito. Mentre la guardo sono assalito da una miriade di emozioni, ho il cuore gonfio di felicità per averle dato questi momenti.

Non riesco a muovermi nonostante ho tanta voglia di gettarmi tra le sue braccia, sono imbarazzato, vorrei dirgli tante cose ma non ci riesco, qualcosa mi frena, forse la paura di deluderla o forse è solo il fatto di voler vivere intensamente questo magico momento, di scolpire nella mia mente questo ricordo, l’immagine di te mamma, che piangi di gioia.

 

Gennaio 1988

 

Ho passato tutto il pomeriggio pensando al modo con il quale procurarmi i soldi per un "mezzo", non è una novità, infatti oramai da un anno questo è il primo ed unico pensiero che mi assilla dal momento in cui mi sveglio. Dopo ore trascorse in piazza D…, in cerca di qualche paninaro al quale sfilare il giubbotto di marca, rientro in zona piuttosto sconsolato, ma per fortuna incrocio L…, con lui ci sono buone possibilità di racimolare qualche lira. Bastano poche parole per capirsi e siamo già attivi.

Sono le ore 23.00 e per strada non si vede un’anima, qui in periferia vige il coprifuoco, ottimo per chi come noi è in giro a fare danni. Pochi istanti ed "entriamo in possesso" di una Fiat 131, ideale per le nostre intenzioni, in quanto grande e robusta, e ci dirigiamo appena fuori M…, dove da poco hanno aperto un nuovo negozio di "abbigliamento per giovani figli di papà" .

Appena giunti sul posto scendo dall’auto, e lui dopo una breve rincorsa in retro marcia sfonda la vetrata, il baccano è immenso tra allarme e vetri rotti, ma la scoppolatura non conosce paura, in un attimo arraffo più merce possibile, giubbotti, scarpe, jeans e maglioni. Vendere il ricavato non è un problema, di "persone" pronte a sfruttare il "lavoro" di due tossici, la città di M... ne è piena, e con i soldi in mano mi sento già meglio.

Ora sono qui, seduto sui gradini della metropolitana, di fronte alla oramai "familiare" farmacia notturna, ho già pronta la "spada" carica del mio mezzo grammo di roba, e nascosti nella calza, altri due grammi, in questo momento sono l’unica certezza che ho, e prima del "buco" mi concedo un breve momento per pensare a me.

Sono diventato ciò che ho sempre disprezzato, ciò che tutti disprezzano: lo scarto della società. Seduto tra siringhe, drogati e barboni, con in mano quell’illusione, capace però di darmi in po’ di felicità, in po’ di calore come altrove non trovo… ma adesso poco importa, ciò che conta è trovare la vena e partire per l’ennesimo viaggio.

 

Dicembre 1998

 

È tutto finito, o probabilmente tutto sta per cominciare. Sono le ore 20.00 del 24 dicembre, e a poche ore dal Natale mi hanno rinchiuso in questa piccola cella affollata all’inverosimile. Il rumore del blindo che si chiude e le tre chiassose mandate attirano la mia attenzione, questo è il frastuono al quale dovrò abituarmi. Mi hanno "prelevato" questa mattina alle 6.30 dopo quasi tre anni di rapine e quattro mesi di latitanza. Fino a quel momento era filato tutto liscio, nonostante mi sentissi braccato. Avevo passato la notte in uno dei night club che abitualmente frequentavo, e per festeggiare degnamente il Natale avevo trovato la compagnia di una elegante ballerina brasiliana. Con lei mi presento a casa di un amico, un commercialista che per un po’ di "coca" mi dà ospitalità, giusto il tempo di due chiacchiere e poco prima di cominciare la festa ecco i primi colpi dietro la porta: "Polizia!!!". "Cazzo mi hanno seguito!!!" Ma il mio stupore dura solo un attimo, in fondo me lo aspettavo. Mi rassereno.

Appena apriamo la porta vengo immobilizzato, spogliato, perquisito e ammanettato. Vengo condotto immediatamente in un box, che uso come deposito, e lì trovano quello che cercano, due pistole, ora anche gli sbirri sembrano più sereni.

Dopo la perquisizione in casa, dalla quale mancavo da qualche mese, mi portano in questura dove per interminabili ore si alternano "eroi delle forze dell’ordine" per interrogarmi, e "finalmente" alle 19.00 mi portano nel carcere di XXXXX.

Mi presento con una stretta di mano ai miei nuovi "coinquilini", cinque in tutto, ma questo semplice gesto risulta quasi impossibile in uno spazio così stretto. Al centro della cella vi è un tavolino carico di cartoncini di vino, e da quello che dovrebbe essere il bagno provengono i profumi della cena che si mischiano al puzzo di umanità pressata nel quale mi trovo.

Mi indicano quella che sarà la mia branda, tre letti più in alto a due spanne dal soffitto, e con affanno quasi litigando tra loro mi spiegano che li ci dormiva un ragazzo di 20 anni, "uno senza coglioni" che due giorni prima si è tolto la vita "attaccandosi" alle sbarre del bagno con una corda al collo! Nei loro occhi non vi è traccia di sofferenza mentre mi raccontano la dinamica dei fatti, anzi vi è quasi soddisfazione, probabilmente perché loro i "coglioni" li hanno.

Questa non è riabilitazione, questa è assuefazione alla sofferenza!!! È tutto così surreale che Dante oggi descriverebbe così il suo Inferno. Ormai sono sfinito, vorrei andare a riposarmi, ma ci vorrebbe una cordata per arrampicarmi fino alletto, comunque in qualche modo lo raggiungo, e mentre loro la "sotto" festeggiano il nascituro, io mi arrendo alla stanchezza.

 

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