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Ministero della Giustizia Dipartimento Dell’amministrazione Penitenziaria Direzione Casa Circondariale Como
La biblioteca in carcere Introduzione
Spesso l’idea della biblioteca in carcere è stata associata all’esistenza di un luogo di svago, dove il detenuto interessato alla lettura, poteva trovare uno spazio significativo per estraniarsi dal mondo per un breve periodo e riflettere su contenuti e temi che particolarmente lo stimolavano. Vi è anche da osservare che la biblioteca in carcere è stata concepita storicamente come luogo di emenda e redenzione, assegnando alla lettura e approfondimento del libro, specie se di alto valore umano e culturale, lo strumento per il perseguimento del fine rieducativo e risocializzante della pena.
Se l’impostazione originaria è tuttora presente, pur con le ovvie differenziazioni collegate all’epoca storica in cui viviamo, appare d’altro canto di estrema necessità ed urgenza uscire dallo spazio della biblioteca concepita esclusivamente come supporto individuale, per organizzarla e reintepretarla in un’ottica di servizio ed anche di sperimentazione.
Se analizziamo il contesto carcerario notiamo che profonde modifiche ed innovazioni sono state introdotte sul piano del trattamento e sul piano dell’organizzazione delle attività formative e culturali, per cui il servizio di biblioteca non può non contenere questi nuovi orientamenti, tanto più che investe ed ha implicazioni importanti con la sfera dei valori e della cultura.
La cultura in carcere diviene cardine del mutamento sostanziale del contesto, quando trasmette valori positivi in netto contrasto con quelli presenti nella sottocultura carceraria ed offre ai reclusi occasioni per la messa in crisi e la critica dei valori ai quali in precedenza aderivano. Da ciò consegue l’importanza di diffondere una cultura, ispirata a modelli socialmente integrati.
In questa prospettiva assume pregnanza e significato la funzione della biblioteca in carcere, nel senso che dovrebbe costituire il motore e la trasmissione dei valori positivi, attraverso non solo la diffusione di libri che sollecitino la lettura, ma soprattutto riqualificando il servizio con l’organizzazione di attività ed iniziative a sfondo culturale, in grado di ricreare un clima diverso, che stimoli e favorisca l’assunzione di responsabilità da parte del detenuto.
Nella casa circondariale di Como gli operatori penitenziari e i volontari (tra questi è da menzionare per preparazione, interesse e attivismo la dott.ssa Ida Morosini, volontaria e coordinatrice del servizio di biblioteca) si sono mossi da questo assunto, capendo che la biblioteca deve costituire l’ambito privilegiato della formazione e da essa debbano propagarsi le diverse attività didattiche e culturali, in un processo continuo di interscambio culturale. Questo orientamento presuppone che da un servizio di semplice lettura e prestito libri, servizi ancora esistenti, si è giunti a concepire e collocare l’attività di biblioteca in una dimensione di progetto e in tale ottica sono confluite varie attività, sostenute da strumenti moderni e adeguati ai bisogni sempre più crescenti dell’utenza. La comunicazione multimediale e l’utilizzo di sofisticati strumenti informatici e telematici al proposito sono un esempio tangibile di questo mutato indirizzo di intenti in sintonia con i sistemi comunicazionali dell’era attuale.
Nella relazione operativa e tecnica, redatta dalla dott.ssa Morosini, verranno illustrati gli aspetti significativi della costruzione e dello sviluppo del progetto che inserisce il nuovo servizio di biblioteca, con l’evidenziazione delle attività che oggi definiscono il progetto stesso. Si vedrà come le diverse attività sono ordinate in maniera organica e funzionale ai bisogni dei detenuti. Un elemento molto importante da sottolineare, che qualifica la dimensione progettuale del lavoro svolto sembra essere costituito dalla proiezione del servizio di biblioteca all’esterno, con il coinvolgimento proficuo di strutture territoriali esterne, allo scopo di "aprire" il carcere alla società.
L’università di Milano (facoltà di Biblioteconomia), l’Associazione A.B.C. , la Biblioteca di Como, Biblioteche dei paesi limitrofi e altre strutture esterne, che hanno positivamente risposto all’invito di collaborare con la Direzione della Casa Circondariale nella strutturazione del servizio sono un esempio tangibile di questa nuova cultura, che non considera più il carcere come la parte malata della società, da rimuovere e allontanare dalle coscienze, ma parte integrante del territorio. In questo processo di interazione e collaborazione proficua con la realtà esterna, si colloca l’attività denominata "Spazio Culturale", che, in sintesi, si sostanzia nell’incontro di autori di libri con rappresentanze di detenuti all’interno della struttura carceraria. La viva voce degli intervenuti, nel rispetto del pluralismo ideologico e sociale, rappresenta uno stimolo ulteriore per vivacizzare l’attività di biblioteca, strumento efficace di collegamento con il territorio e soprattutto attività con valenza educativa e pedagogica.
Dottor Mauro Imperiale Direttore dell’Area pedagogica La biblioteca della casa circondariale di Como
Breve excursus sul percorso ancora in atto per la creazione di una biblioteca d’istituto funzionante e in linea con procedure e metodi utilizzati dalle biblioteche automatizzate
L’amore per i libri, la convinzione della necessità della libera diffusione e circolazione del sapere, la certezza del ruolo imprescindibile esercitato dalla biblioteca nel percorso riabilitativo del detenuto, ci hanno spinto ad accettare con passione l’incarico di organizzare la Biblioteca della Casa Circondariale di Como, pur nella consapevolezza della difficoltà di operare all’interno di un sistema che, per necessità, si configura rigido e refrattario alle novità.
Era stato approvato, sia pure non ancora finanziato, dal Ministero di Giustizia, nell’ambito del Fondo nazionale per la lotta alla droga, un progetto, "Bibliomania cantiere culturale" con la finalità primaria di costituire una moderna ed efficiente biblioteca carceraria, al servizio dei detenuti, ma si era rivelata pressoché impossibile la sua esecuzione, per difficoltà oggettive di reperimento di esperti esterni, motivati e votati alla causa anche in assenza, almeno nell’immediato, di fondi.
E’ in quest’ottica che si profila il ricorso al nostro incarico in qualità di docente volontaria, da parecchi anni operante all’interno del carcere.
Rispolverate le reminiscenze degli studi universitari e l’esperienza maturata nella gestione della biblioteca della scuola in cui abbiamo esercitato la nostra attività di docente, ripresi in mano manuali di Biblioteconomia e regole di catalogazione, forti della motivazione al pieno raggiungimento degli obiettivi, ci siamo dati da fare per inquadrare il problema e ricercare le strategie utili alla sua risoluzione.
Praticamente c’era da fare tutto.
Esisteva un elenco in formato .xls del patrimonio librario in dotazione della biblioteca maschile (5.515 volumi) e i libri giacevano parte in scatoloni, alla rinfusa, parte in armadi metallici chiusi. Il prestito funzionava in modo estremamente estemporaneo, mediante una domandina compilata dal detenuto, consegnata agli agenti della sezione di appartenenza, e inoltrata al detenuto scrivano, il quale apriva il locale biblioteca e provvedeva ad evadere la richiesta. Tra la richiesta e la consegna solitamente intercorreva parecchio tempo, pure a fronte di una domanda generalmente sempre significativa e specifica.
Abbiamo provveduto a operare uno scarto e a registrarlo sempre in formato .xls, riducendo i volumi a 2870, consapevoli della necessità di procurare, al più presto, un software specifico di catalogazione libraria.
I nostri passi si sono mossi verso la conoscenza del panorama delle biblioteche del territorio, nella speranza e con la determinazione di sollecitare un loro coinvolgimento, sia nell’informazione dei sistemi e delle procedure che nella catalogazione automatizzata. E’ stato difficile sostenere le diverse resistenze di varia natura, che, mano a mano, scoprivamo, ma, alla fine, grazie alla tenace perseveranza, ci siamo riusciti.
Il primo risultato è stata la donazione da parte del Comune di Como del software PlayLib 2, in uso nelle biblioteche di Como e dintorni, e la necessaria implementazione del vecchio computer della biblioteca, non idoneo a supportarlo, per memoria e capienza di hard disk.
E’ seguita la delibera della Convenzione del prestito bibliotecario (da concordare, nei contenuti specifici, tra la Direzione della Biblioteca Comunale di Como e la Direzione del Carcere) da parte del Comune di Como, grazie all’interessamento e alla sensibilità del sindaco uscente.
Il secondo si è concretizzato nella risposta dell’ABC alla nostra richiesta di aiuto e consulenza, attraverso i contatti via e-mail con la Dottoressa Emanuela Costanzo e il Prof. Montecchi: il loro sostegno alla nostra causa, in perfetta sintonia di finalità e obiettivi, è stato decisivo nel superamento delle resistenze da parte degli operatori bibliotecari locali.
Il terzo, più ambizioso oltre che difficile, ha visto il consenso e il riconoscimento da parte del Direttore della Biblioteca Comunale di Como, Dottor Terzoli.
Il quarto è stato il "naturale" sbocco nella disponibilità del sistema interbibliotecario di Como ad accettare la nostra istanza d’ingresso a pieno titolo nel sistema.
Nei quattro mesi intercorrenti abbiamo proceduto, con il sostegno e la consulenza tecnica della Dott.ssa Francesca Ferraris, collaboratrice esterna della Biblioteca Comunale di Como, oltre che bibliotecaria della Biblioteca del Seminario di Como, a:
Attualmente siamo in attesa dell’avvio dell’interprestito che dovrebbe avvenire nel corso del corrente mese di ottobre.
Tutti i detenuti corsisti hanno dimostrato grande interesse alle attività partecipando in modo proficuo a tutte le fasi del progetto, in un clima di gioiosa e costruttiva operatività: il loro aiuto è stato davvero importante e ancor più lo sarà in avvenire. Sono loro a svolgere le attività di reference e prestito e a curare che il servizio funzioni nel rispetto del Regolamento della Biblioteca, rivelando anche in questo sicura e sana assunzione di responsabilità.
Certo, c’è ancora tanto da fare e questi non sono che i primi, timidi, ma determinati passi nel conseguimento degli altri obiettivi previsti, che sono:
Certo è ancora poco, ma possiamo, con grande gioia e anche orgoglio, affermare di essere soddisfatti dei risultati raggiunti, sicuramente ottimali specie se rapportati ai livelli e agli strumenti iniziali.
Concludiamo con l’augurio che il nostro sogno possa avverarsi con il prosieguo di una sempre più intensa attività progettuale, che veda presenti anche noi all’interno della Biblioteca carceraria, e non solo a titolo di volontariato. Auspichiamo, infatti, che la Direzione del carcere, da un lato e le autorità competenti in materia legislativa ed esecutiva dall’altro contemplino e dispongano la figura di un bibliotecario esterno, che affianchi la figura del bibliotecario detenuto qualificato già previsto dall’art. 21 del Nuovo Regolamento Penitenziario, ma esterno, e che sia, pertanto, in grado e abbia l’autorità di operare e mantenere i necessari contatti con la realtà fuori le mura, per garantire ai detenuti, cioè indirettamente alla società, il prezioso servizio che la Biblioteca sa e deve svolgere.
Ida Morosini
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