Articolo di Adriano Sofri

 

Ne usciranno al massimo tra i mille e i duemila

di Adriano Sofri

 

Liberazione, 14 agosto 2003

 

Non scommetto mai. Ma dopo aver letto e riletto che grazie all’indultino usciranno in anticipo dalle galere 8.500 detenuti, scommetterei che saranno sì e no fra i 1.500 e i 2.000. Ecco il perché. La legge sospende, sotto rigida condizione, gli ultimi due anni di pena per chi abbia già scontato metà della condanna.

Per le leggi finora vigenti, chi sia oltre la metà della condanna e sotto i due anni ulteriori ha già titolo alle pene alternative. Dunque la possibilità offerta dall’indultino denuncia di per sé la mancata applicazione di leggi già operanti. Non solo: le condizioni previste sono decisamente più svantaggiose di quelle delle leggi precedenti, sia per le restrizioni previste, sia, e soprattutto, perché mentre nella nuova legge l’espiazione della pena residua fino a due anni è solo sospesa, e dunque da ricominciare daccapo come un tormento di Sisifo nel caso di una qualunque caduta nei successivi cinque anni, nelle leggi vigenti le pene alternative sono appunto pene e dunque valgono da espiazione ed estinguono giorno dietro giorno la condanna.

Benché queste considerazioni spingessero già i detenuti alla più amara delusione, restava tuttavia una riserva, riguardante gli stranieri. I cosiddetto extracomunitari sono infatti più duramente esclusi dalle pene alternative, perché mancano pressoché sempre dei requisiti necessari: un domicilio, una richiesta regolare di lavoro, oltre che di un avvocato che se ne prenda cura. Dunque, si pensava, la sospensione sotto i due anni avrebbe almeno alleviato la condizione degli stranieri, ai quali l’occasione più favorevole delle pene alternative è per lo più di fatto preclusa. Ed ecco che si scopre che nella penultima puntata del viavai fra Camera e Senato un ennesimo emendamento ha escluso dall’indultino gli "extracomunitari" entrati clandestinamente e non in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Cioè, per intenderci: quasi tutti. Così dunque.

Non accenno nemmeno alle fumose allusioni sull’esclusione dei recidivi. La recidiva è il connotato inevitabile dei reati minori, che riempiono oggi i tribunali e le carceri e specialmente di quelli derivanti dalla tossicodipendenza: la quale è, in un regime di puro proibizionismo, il ceppo dal quale si dirama la gran maggioranza dei delitti di massa.

Sento dire, ancora, che dovendo tutte le istanze necessarie a chiedere l’applicazione dell’indultino passare attraverso il vaglio dei magistrati di sorveglianza, 130 per tutta l’Italia, occorreranno alcuni mesi perché le persone escano davvero. Se non sbaglio, questo significa che l’indultino si applicherà a coloro i quali avranno una pena residua di alcuni mesi inferiore ai due anni. Il giudice Alessandro Margara ha ricordato ieri che "le domande inevase per accedere ai benefici della legge Simeone sono ben 70.000, l’equivalente di due anni di lavoro".

Spero che tutto questo commento mi sia dimostrato sbagliato. Pagherò con piacere la scommessa perduta. Se malauguratamente l’avessi vinta, prego le autorità competenti di considerare che questa misura non scalfisce né il soffocamento fisico né l’asfissia morale della perduta gente delle carceri italiane. Ci sono 57.000 detenuti per una capienza ufficiale di 41.000. fate voi il conto.

 

 

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