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"Sarebbe
bello che in Parlamento ripetesse le parole di due anni fa"
Gazzetta del Sud, 11 novembre 2002
«Sarebbe bello che lei ripetesse le sue parole inevase di due anni fa», ha scritto Sofri in una lettera aperta al Papa. Due anni fa, ha ricordato Sofri, «fu gabbata» la promessa di una «liberazione giubilare» e i detenuti «ricaddero nel loro fondo di pozzo. È venuto un qualunque autunno del 2002 e la speranza ha rifatto capolino. Con cautela – ha aggiunto – perché la memoria della delusione è fresca». Nelle carceri era già partita la protesta, «mite e pigramente ignorata», contro una «giustizia zoppa» e una «sofferenza degradante». Finché non è arrivata la «buona notizia» della prima visita del Papa in Parlamento. Quell'appuntamento – ha scritto ancora Sofri al Papa riconoscendogli di essere «vivo e combattivo» – può diventare «una specie di tempo supplementare dell'evento solenne e speciale del Giubileo». Oppure, può far nascere «l'idea che anche una data ordinaria possa diventare speciale». Anche per chi sta dietro le sbarre «si può ricominciare», ha assicurato Sofri. E «l'indulto che si aspetta nelle carceri è il pegno di un possibile ricominciamento». Da qui, l'appello al Papa a far sentire ancora la sua voce. «Non perché il Parlamento italiano debba sapere da lei cosa fare – ha spiegato –. Piuttosto perché la voce dei detenuti sia sostenuta e confermata dalla sua». Nelle carceri vivono reclusi insieme «credenti positivi e credenti laici, cristiani, ebrei musulmani». Ma «a qualunque credo si appartenga si è colpiti – ha lamentato l'ex leader di LC detenuto nel carcere di Pisa – dall'avarizia con cui le autorità pubbliche parlano o tacciono dei carcerati, lasciando l'esclusiva dell'umanità alla gente di Chiesa». Ora però, anche nella «sua Chiesa» c'è una sorta di «timidezza» rispetto alla «speranza» di un provvedimento di clemenza per i detenuti. «Può darsi – ha ammesso Sofri – che non si voglia ripetere la porta chiusa di due anni fa. Può darsi che non si voglia ravvivare nel vulnerabile abbandono dei detenuti una speranza che poi li lasci alla disperazione. Se così fosse, si faccia a meno di questa premurosa prudenza: i detenuti sono già tornati a sperare, ora può solo succedere che ricevano la buona notizia o un colpo di grazia... ». |