Indultino: una legge - truffa?

 

Comunicato Stampa di Sergio Segio e Sergio Cusani

 

Milano, 18 dicembre 2002

 

Un bel regalo di Natale per le carceri: una legge-pastrocchio rischia di diventare una legge-truffa

 

Il Papa aveva chiesto una "riduzione di pena". I detenuti si attendevano un indulto. Gli operatori penitenziari e gli agenti anche ci contavano, perché sanno e dicono che l’indulto è una precondizione per affrontare in modo serio i problemi strutturali delle carceri. Problemi che riguardano le condizioni di vita nelle celle, ma anche quelle di lavoro.

 

Ci speravamo anche noi, le associazioni e i volontari che quotidianamente vedono il vero e proprio sfascio di dignità e di legalità che ogni giorno avviene nelle prigioni: a causa del sovraffollamento, anzitutto; ma anche del restringimento delle misure alternative, della rigidità e disfunzionamento di molti tribunali di sorveglianza, della carenza di educatori e assistenti sociali sul territorio, della carenza assoluta di risorse che sostengano il reinserimento sociale e lavorativo, della carente attuazione del nuovo regolamento penitenziario, della non applicazione della legge sulle detenute madri, del mancato rifinanziamento delle legge Smuraglia per incentivare il lavoro dei detenuti nelle carceri e fuori, dell’ulteriore taglio nella Legge Finanziaria dei fondi per la sanità penitenziaria, ormai ridotta a pura parvenza, nonostante gli sforzi degli operatori. E così via.

Quelli che vogliono deludere queste attese e necessità ed eludere le parole del Pontefice sono, ormai in tutta evidenza, molti di coloro che quelle parole applaudirono a lungo nell’Aula di Montecitorio il 14 novembre scorso.

 

Subito dopo gli applausi, invece, le acque si sono fatte torbide e confuse, e si è cominciato a parlare di "indultino", ovvero di una misura di sospensione, anziché di riduzione della pena. Poi è ripreso il collaudato gioco del ping-pong tra le forze politiche e le varie proposte in campo. Infine, in una mediazione al ribasso, si è prodotto un pastrocchio.

Un nuovo "testo unificato" che, onestamente, uno dei suoi due estensori ha definito non un provvedimento di clemenza ma una legge anti-recidiva. E che rischia in questi giorni di essere ulteriormente peggiorata da inaccettabili emendamenti. In questo caso, il pastrocchio diventerebbe addirittura una "truffa".

Una "truffa" che, oltre a sovrapporsi alle misure già esistenti, quali l’affidamento in prova, rischia addirittura di essere peggiorativa dei benefici già esistenti, quali la cosiddetta "legge Simeone".

Una legge che, in quel caso, sarebbe soggetta a infinite esclusioni e discrezionalità. Una legge, in buona sostanza, che non farà uscire dal carcere praticamente nessuno in più di quanti già ora potrebbero fruire di misure esistenti. Anzi, rischia di farne uscire qualcuno di meno.

 

Per questo non ci sembra eccessivo parlare di rischio di "legge-truffa": se questo fosse l’esito parlamentare, sarebbe una crudele beffa nei confronti del detenuti, uno schiaffo alle parole del Papa, un inganno nei confronti della stessa pubblica opinione.

 

Dunque, prima e già ora in Commissione Giustizia si esperisca per davvero e sino in fondo la via maestra, si faccia votare l’indulto e su questo ogni forza politica si assuma le proprie responsabilità. E semmai dopo si votino ipotesi diverse e subordinate.

 

Per denunciare tutto questo, per chiedere al Parlamento e immediatamente alla Commissione Giustizia della Camera di mettere in discussione e in votazione le proposte già depositate di amnistia e indulto

 

Sergio Segio e Sergio Cusani

 

 

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