Interventi per il dopo-indulto

 

Dossier: "Il dopo indulto"

Iniziative degli enti pubblici e del volontariato a favore degli scarcerati

 

Le iniziative raccolte in questo dossier non rappresentano la totalità degli interventi attuati in tutta Italia a favore dei detenuti scarcerati per effetto dell'indulto: sono state inviate alla nostra redazione da enti pubblici, volontari, giornalisti, operatori della giustizia.

Grazie a tutti coloro che hanno collaborato.

 

La Redazione di Ristretti Orizzonti

Bari: U.E.P.E.

Cuneo: associazione Ariaperta

Emilia Romagna: Conferenza Regionale Volontariato Giustizia

Firenze: Ufficio Politiche Sociali della Provincia

Firenze: associazione L’Altro Diritto

Forlì Cesena: Ente pubblico di formazione Technè

Ivrea: cooperativa sociale Mary Poppins

Larino: progetto “La convivialità delle differenze”

Liguria: Secolo XIX

Lodi: rivista Uomini Liberi

Marche: Conferenza Regionale Volontariato Giustizia

Marche: U.E.P.E.

Massa: U.E.P.E.

Padova: Noi, Associazione Famiglie Padovane contro l’emarginazione

Pesaro: Casa circondariale

Piemonte: Provveditorato regionale amministrazione penitenziaria

Puglia: Provveditorato regionale amministrazione penitenziaria

Roma: comunità di Sant’Egidio

Roma: cooperativa sociale Parsec

Rovigo: Seac

Sardegna: Ufficio Regionale dell’Esecuzione Penale Esterna

Torino: Cappellano carcere minorile “Ferrante Aporti”

Torino: Gruppo Abele

Trento: associazione Apas

Treviso: Casa circondariale

Umbria: Conferenza Regionale Volontariato Giustizia

Veneto: varie associazioni

Vibo Valentia: Conferenza Regionale Volontariato Giustizia

Vicenza: associazione Utopie Fattibili

Vigevano: Caritas

Rassegna stampa

Abruzzo

Pescara: alla Casa Circondariale una scuola oltre le sbarre

Campania

Napoli: cappellano di Secondigliano; assumete gli ex detenuti

Caserta: reinserimento, riunione dei sindaci in Prefettura

Emilia Romagna

9 milioni di euro per i "soggetti svantaggiati"

Rimini: dal Meetting appello per recupero in carcere

Rimini: l'esempio di Padova apre uno squarcio di speranza

Friuli Venezia Giulia

Udine: Comune accoglie ex detenuti

Pordenone: dopo l'indulto i detenuti tornano sui banchi

Lazio

Per gli ex detenuti intervenga il Governo

Giustizia: un manuale per difendersi dall'ignoranza sull'indulto

La CNVG propone un coordinamento nazionale

Metis: l'interinale, per reinserire disabili ex detenuti

DAP; un piano straordinario per malati che escono

Ministro Ferraro: 17 milioni per il reinserimento

Accoglienza per 109 persone uscite dal carcere

Liguria

Genova: kit di sopravvivenza per gli scarcerati

Lombardia

Milano. Anci, progetto borsa-lavoro per ex detenuti

Busto Arsizio: Caso Onesimo, accoglienza dopo il carcere

Marche

Spoleto: le misure adottate per "emergenza indulto"

Macerata:apicultura per la rieducazione dei detenuti

Toscana

Rafforzata ricerca al disagio psichico dei detenuti

Siena: servono misure straordinarie per beneficiari

Prato: uno sportello informativo per i detenuti scarcerati

Veneto

Padova: Ristretti Orizzonti; l'indulto visto da chi è rimasto in carcere

Padova: uno sportello al servizio di chi è uscito

Rovigo: varato un coordinamento stabile

Vicenza: la pulizia "socialmente utile" con le cooperative

Bari: U.E.P.E.

 

Gentile redazione,

vorrei segnalare una incongruenza sui dati che vengono giornalmente pubblicati sull’indulto; si continua, infatti, a dare come dato dei soggetti che ne hanno fruito solo quello relativo ai “detenuti” scarcerati dagli istituti, che certamente è importante, ma se ne cancella un altro altrettanto importante, che continua ad essere un fantasma, ma che riguarda un numero pari, se non addirittura maggiore, ai detenuti scarcerati per indulto.

Mi riferisco ai condannati sottoposti ad esecuzione di misura alternativa.

Anche costoro sono persone sottoposte ad esecuzione di pena con limitazione della libertà, sebbene fuori dalle carceri, ma spesso più dimenticati e ultimi degli ultimi “carcerati”. Non si tratta di poche centinaia di persone, ma di molte decine di migliaia, buona parte dei quali liberati a seguito del provvedimento di clemenza.

Mi riferisco ai condannati ammessi all’affidamento in prova al servizio sociale o alla detenzione domiciliare, la maggior parte dei quali proveniente direttamente dalla libertà, cioè senza passare dal carcere (e credo che questo faccia piacere alla redazione di una rivista come “Ristretti”); ma non per questo, sia essi che i loro bisogni, devono essere sempre cancellati e non inclusi quando si parla dei problemi dei soggetti sottoposti ad esecuzione di pena.

I dati possono essere acquisiti dal dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ma vanno aggiunti a quelli degli scarcerati per avere un quadro completo dei condannati liberati per indulto (si può prevedere si tratti di almeno altri ventimila condannati).

Ciò è necessario, perché ritengo che anche queste persone hanno diritto ad essere comprese tra i soggetti ai quali indirizzare gli interventi che saranno previsti per l’inclusione sociale e lavorativa; ed invece si continua a parlare “solo” dei ventitremila “scarcerati”, ai quali certamente va indirizzata tutta l’attenzione delle politiche sociali, ma insieme a questi altri, altrettanto bisognosi di trovare  opportunità lavorative e di inserimento.

Credo sia importante, perché le iniziative di inclusione sociale e lavorativa vanno programmate sapendo che  nel territorio ci sono 45000 e non 23000 condannati che hanno fruito dell’indulto; per evitare di trovarsi ogni volta “spiazzati” a causa della non completa conoscenza del fenomeno.

Credo che “Ristretti”, considerata l’attenzione che rivolge ai problemi degli ultimi, farebbe un buon servizio a costoro e a tutta la società, se pubblicizzasse con il dovuto risalto, e diffondesse ai giornali, anche questi dati.

Potete fare qualcosa per fare finalmente uscire i soggetti in esecuzione penale esterna dal mondo dei “fantasmi” e porli all’attenzione della società come persone a tutti gli effetti reali con bisogni altrettanto reali?

 

E.V. Petralla – U.E.P.E. Bari

 

 

Cuneo: associazione Ariaperta

 

Da Cuneo, i volontari dell’Associazione Ariaperta fanno sapere:

- scarcerati con l’indulto dai 4 carceri cuneesi (Cuneo, Alba, Fossano, Saluzzo) numero 293 detenuti, di cui circa la metà da Cuneo.

- A Cuneo il volontariato ha continuato la sua normale opera di accoglienza per dimessi a fine pena e non ci risulta che gli enti locali abbiano messo in azione alcunché. Trattandosi peraltro in larga misura di stranieri irregolari, la stragrande maggioranza si è arrangiata con i normali canali di rientro presso le proprie famiglie allargate o comunità nazionali, in particolare su Torino.

- Richieste: soprattutto accoglienza temporanea o biglietti treno per Torino.

- Nessuna difficoltà particolare, tranne quella del problema solito dell’accoglienza a stranieri irregolari, di per sé non consentito dalla legge.

 

Per Ariaperta, Paolo Romeo

 

 

Emilia Romagna: Conferenza Regionale Volontariato Giustizia

 

Le iniziative promosse dal volontariato sono state quasi esclusivamente di accoglienza all’esterno dell’istituto per l’accompagnamento o alle stazioni o a casa di amici o all’albergo (al carcere non arrivano mezzi pubblici), consegna di un po’ di soldi a chi non aveva nulla, informazione sui servizi, in particolare per le persone straniere.

Gli enti locali si sono dati disponibili a ricevere le persone senza alcuna residenza che chiedevano di rimanere sul territorio (ovviamente “solo” italiane) per programmare insieme a loro un primo intervento (poche al momento, rimane questa disponibilità per le persone che sono in procinto di uscire).

Il Provveditorato regionale (in ottemperanza alle direttive del Ministero per la ripartizione dei tre milioni di euro della Cassa delle Ammende) ha raccolto i progetti finalizzati al reinserimento socio lavorativo delle persone benificiarie dell’indulto che le direzioni di Istituto e di Uepe hanno elaborato concordemente con le realtà istituzionali che operano nel territorio (Comuni e volontariato). Entro il 31 agosto dovranno essere inviati, raccolti in un unico progetto, al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria di Roma.

La Conferenza regionale volontariato giustizia Emilia Romagna ha dato la propria adesione al progetto in qualità di partner (la somma è veramente poca rispetto al bisogno e considerati i precedenti tagli ai finanziamenti agli enti locali che erogano borse lavoro).

Le richieste più frequenti delle persone scarcerate  sono state quelle di un lavoro. In particolare la richiesta veniva fatta dalle persone straniere che intravedevano in questo la possibilità di rimanere in Italia.

La difficoltà più grande è stata ed è quella  di accogliere la sofferenza e lo sbigottimento delle persone straniere (per lo più giovani) che non riuscivano proprio a capire come non ci fosse alternativa all’allontanamento dal territorio italiano; come il lavoro in corso o auspicato, o il diploma conseguito durante la pena, o la loro volontà  a non tornare, o il fratello regolare… o… o…  non fossero compresi  e come la pena fosse poi stata un tempo inutile.

 

Paola Cigarini

 

P.R.A.P. Emilia Romagna

U.E.P.E. Dimessi al 18.08.2006 Totale

Italiani

Stranieri

 
Bologna 360 57 417
Ravenna 92 23 115
Rimini 144 13 157
Modena 38 9 47
Reggio Emilia 48 7 55
 
Totale dimessi U.E.P.E. Emilia Romagna 791

 

Firenze: Ufficio Politiche Sociali della Provincia

 

Mi chiamo Lia Pallone, lavoro nell’Ufficio Politiche Sociali della Provincia di Firenze. Per quanto riguarda il numero delle persone uscite da Sollicciano e dal Mario Gozzini di Firenze per l’indulto, penso che dobbiate chiedere direttamente alle carceri (che sicuramente avranno ricevuto la vostra mail) o al P.R.A.P. per i numeri esatti. A me risultano 478 da Sollicciano e 20 dal Mario Gozzini, ad oggi 24 agosto, dati da riverificare con le strutture penitenziarie.

Per quanto riguarda cosa hanno fatto il terzo settore e gli enti locali in merito, il discorso è lungo, cerco di sintetizzarlo per quanto riguarda il mio ente (vedete voi cosa dare al Sole 24 Ore e cosa tagliare. Mando tutta la situazione, perché  magari serve alla vostra redazione anche per aggiungere notizie nel sito).

 

Attività organizzate dalla Provincia di Firenze (per il Comune rivolgersi alle strutture apposite)

 

Si rende necessaria una piccola premessa:

Innanzitutto, i compiti del nostro ente si riferiscono principalmente alla formazione professionale ed alla realizzazione di politiche attive per favorire l’occupazione delle persone in condizioni di marginalità sociale.

Da anni la Provincia ha affidato all’ARCI della Toscana – ed ad operatori dell’ARCI appositamente formati a tale scopo – la gestione di uno sportello (denominato “Centro Servizi Ascolto Orientamento”) che dà informazioni,  consulenza,  orientamento al lavoro, tutoraggio alle aziende disponibili all’assunzione, eccetera.

 Il Centro Servizi, di fatto, si affianca al sistema provinciale dei Centri per l’Impiego in qualità di “sportello specialistico per le persone in condizione di marginalità sociale” (tra le quali una parte consistente sono le persone provenienti dal carcere, in esecuzione penale esterna e gli ex detenuti).

Lo sportello gestisce anche un certo numero di borse lavoro all’anno per permettere l’effettuazione di tirocini formativi presso le aziende del territorio, in  modo sia di aumentare le competenze professionali di chi usufruisce della borsa lavoro, sia di facilitare la conoscenza del lavoratore da parte dell’azienda, che ha così un lasso di tempo di alcune settimane per valutare non solo la capacità lavorativa della persona, ma anche la sua serietà sul lavoro, il rispetto delle regole e dei compiti affidatigli, ecc., tutti fattori che – se positivi – favoriscono la decisione da parte del datore di lavoro di una eventuale assunzione alla fine del periodo di tirocinio.

Gli interventi nei confronti di questo tipo di utenza presentano aspetti di forte complessità e delicatezza, dato che per ogni utente c’è la necessità di un progetto “ad personam”, che consideri l’individuo nel suo complesso, e pertanto leghi le azioni di inserimento lavorativo a quelle per favorire il reinserimento sociale.

La scelta strategica della Provincia è stata di organizzare un servizio specifico e strutturato per la marginalità sociale.

La scelta politica, ovverosia organizzare l’intervento, attraverso una struttura specializzata gestita direttamente dal Terzo Settore, che opera in stretta collaborazione e sinergia con i Centri per l’Impiego, è dovuta alla volontà di valorizzare ed utilizzare il patrimonio di esperienza e di capacità operativa delle strutture del Terzo Settore accumulato in questi anni.

 

Le attività post indulto

  1. L’emergenza dovuta al provvedimento di indulto (che ha già provocato un significativo aumento di persone che si rivolgono allo sportello del Centro Servizi, anche se il primo impatto è stato sostenuto dalle strutture di accoglienza e la richiesta di lavoro avviene solo in un secondo momento) ci ha portato a progettare un intervento di aumento considerevole delle borse lavoro che verrà attuato grazie al Fondo Sociale Europeo. L’intervento  prevede una serie di azioni nelle quali le borse lavoro serviranno sia a frequentare corsi di formazione professionale – brevi, realizzati presso scuole di formazione del territorio provinciale – che a impostare tirocini formativi presso aziende o strutture del terzo settore. L’obiettivo è intervenire il più presto possibile per “stabilizzare” la persona e darle alcuni mesi di tempo per cominciare, con gli operatori del Centro Servizi, un vero e proprio orientamento e programmare percorsi individualizzati realistici per la reinclusione sociale e lavorativa.

  2. La Provincia di Firenze, in collaborazione con l’associazione “L’Altro Diritto” che opera presso il Dipartimento di Teoria e Storia del Diritto dell’Università di Firenze, da alcuni anni finanzia, all’interno del carcere di Sollicciano, uno sportello (“sportello documenti e tutele”) per la preparazione delle pratiche necessarie all’accesso a tutti i benefici sociali (pensioni di invalidità, indennità di disoccupazione, iscrizione al collocamento, attribuzione del codice fiscale, ecc). L’associazione da anni, a livello volontario, gestisce anche uno sportello esterno  per i soggetti in esecuzione pena semiliberi ed affidati, che risponde anche anche a questioni delicate quali le pene pecuniarie . Da quest’anno viene finanziato anche questo sportello esterno (rendendolo pertanto stabile e duraturo). L’attività, che avrebbe dovuto cominciare a settembre, a causa dell’indulto è stata anticipata. Infatti, ad agosto ha dovuto far fronte ad una grande quantità di richieste di natura giuridica, ed è stato perciò necessario garantire addirittura due sportelli per far fronte all’urgenza.

Lia Pallone

 

 

Firenze: associazione L’Altro Diritto

 

Scrivo per informarvi che a Firenze, come Altro Diritto, dalla data di pubblicazione dell’indulto stiamo facendo uno sportello tutte le settimane, il lunedì mattina ore 10-13 presso l’U.E.P.E. di Firenze (per affidati, semiliberi e chiunque altro voglia andarci) e il giovedì pomeriggio dalla 14 alle 18 al centro diurno Attavante, soprattutto per gli scarcerati da Sollicciano (ma vengono anche da fuori Firenze, l’ufficio educatori di Siena per esempio segnala il servizio ai suoi scarcerati).

Lo sportello è più che altro rivolto agli stranieri che insieme all’indulto ricevono l’ordine di allontanarsi dal territorio, e serve soprattutto ad evitare che loro si trovino accusati del reato di non ottemperare all’ordine di andarsene, con la conseguenza di tornare in carcere, casomai dichiarati recidivi specifici e con il rischio che gli revochino l’indulto. Il servizio serve inoltre a metterli in condizioni di accedere, almeno provvisoriamente, a qualche luogo di accoglienza, senza che chi li ospita rischi di essere accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Da questo punto di vista, al di la della consulenza ai detenuti, siamo costantemente in contato con la Caritas e con le altre associazioni sul territorio che offrono servizi di accoglienza. Dell’esistenze di questi due sportelli viene data notizia attraverso avviso consegnato ad ogni detenuto scarcerato dalla matricola di Sollicciano.

A Prato, l’assessorato alla multiculturalità del comune giovedì 10 e giovedì 17 agosto ci ha messo a disposizione i suoi uffici per offrire ai detenuti stranieri che hanno goduto dell’indulto un servizio di consulenza specifico ed analogo a quello che stiamo facendo a Firenze.

 

Alessio Scandurra. L’Altro diritto, Centro di documentazione su carcere marginalità e devianza di Firenze

 

 

Forlì Cesena: ente pubblico di formazione Techne

 

Detenuti scarcerati al 18 agosto 2006 per effetto dell’indulto: 66, di cui 23 stranieri (la maggioranza tra l’1 ed il 3 agosto). Beneficiari indulto dall’esecuzione penale esterna: 107

Si stima che sul totale dei beneficiari vi siano circa 20 persone che, permanendo sul territorio di Forlì Cesena, all’atto della scarcerazione non disponessero di una sistemazione abitativa e di una fonte di sostentamento lecita.

 

Iniziative approntate

Il Comitato Locale Area Esecuzione Penale Adulti* del territorio di Forlì Cesena, in collaborazione con l’associazione di volontariato Centro di Solidarietà e con l’Ente pubblico di formazione Techne, ha progettato una serie di interventi mirati a rispondere, con la maggiore tempestività possibile, ai bisogni di inclusione sociale e di inserimento lavorativo delle persone scarcerate per effetto dell’indulto.

Il progetto, presentato al Provveditorato Amministrazione penitenziaria della Regione Emilia Romagna a valere sui fondi della Cassa delle Ammende del Ministero della Giustizia, si propone di:

affrontare lo stato di bisogno immediato dei soggetti beneficiari dell’indulto

contribuire a soddisfare le necessità di una prima sistemazione abitativa

facilitare l’ingresso regolare nel mondo del lavoro, attraverso l’accompagnamento in aziende del territorio e sviluppare l’autonomia della persona

creare una continuità tra dentro e fuori attraverso l’attivazione delle agenzie istituzionali e non

Tali obiettivi sono affrontati tramite:

interventi socio- assistenziali di emergenza

finanziamento di n.10 pacchetti di pronto intervento, rappresentati da quattro buoni pasto e dalla disponibilità di un posto letto presso una struttura della Caritas convenzionata con il Comune di Forlì o altre strutture gestite da associazioni individuate dallo stesso Ente.

contributi da erogare per sostenere le prime necessità, quali spese per allaccio utenze, biglietti di viaggio o spese per medicinali.

Attivazione tirocini formativi

Il progetto prevede l’attivazione di 7 tirocini di reinserimento lavorativo nelle imprese del territorio, i quali prevedono una fase di ricerca delle imprese ed una fase di attività formativa individualizzata ed esperienziale – in situazione sul luogo di lavoro, finalizzata alla successiva assunzione della persona presso l’impresa accogliente.

Rispetto alle esigenze dell’impresa, risponde alla necessità di “sperimentare” il rapporto tra le persone all’interno del luogo di lavoro, nonché le effettive capacità/abilità di adattamento e la professionalità della persona ex detenuta, accompagnando l’impresa e la persona alla costruzione di un rapporto complessivamente soddisfacente e mediando eventuali conflitti emergenti durante il tirocinio stesso.

 

Soluzioni abitative temporanee

Coloro che attraverso il tirocinio formativo sono riusciti ad ottenere un contratto di lavoro, possono essere aiutati inizialmente a risolvere la questione abitativa tramite la Società per l’affitto, una società costituita da sette Comuni, tra cui quello di Forlì, che ha il compito di reperire soluzioni abitative temporanee (alloggi o posto letto).

 

Attivazione sportello di interventi post-penitenziari

Le attività che il progetto intende realizzare si strutturano in:

colloqui, lettura della domanda dell’utente, filtro ed eventuale indirizzo verso le risorse del territorio

consultazione autonoma o guidata del materiale informativo prodotto in altri progetti e degli strumenti resi disponibili dai Servizi

analisi delle risorse,analisi delle esperienze formative e lavorative pregresse

servizio a sostegno dell’inserimento lavorativo, anche tramite i Centri per l’impiego

segnalazione per l’attivazione di tirocini formativi

servizio di supporto per il disbrigo delle procedure amministrative legate all’inserimento lavorativo

*Composizione del Comitato:

Direzione Casa circondariale di Forlì

Direzione U.E.P.E. Bologna

Provincia di Forlì Cesena – Assessorati Politiche Sociali; Politiche del lavoro; Politiche della Formazione

Comune di Forlì – Assessorato Politiche Sociali

Comune di Cesena – Assessorato Politiche Sociali

Ausl Ser.T. Forlì

Ausl Ser.T. Cesena

 

Richieste prevalenti

Detenuti stranieri: poter permanere sul territorio italiano

Detenuti italiani: servizi e risorse per la riattivazione delle funzioni quotidiane di vita (utenze domestiche, medicinali, trasporti e viaggi eccetera); servizi e interventi in area dipendenze (da parte dei Ser.T. competenti) 

 

Criticità

La principale criticità che si rileva nella realizzazione delle attività progettate risiede nel ritardo con cui si interviene rispetto alla data di attivazione dell’Indulto. Infatti sarebbe stato auspicabile, da parte delle istituzioni centrali e delle realtà territoriali coinvolte nel contesto dell’esecuzione penale, aver potuto prevedere, in linea di massima, il momento delle scarcerazioni. Questo avrebbe consentito di individuare e predisporre anticipatamente i servizi e gli interventi utili e, soprattutto, aver potuto fare opera di informazione verso le persone – potenzialmente – in procinto di essere scarcerate.

Per questo potranno crearsi difficoltà di aggancio dei soggetti beneficiari dell’indulto che fino ad oggi non si sono rivolti ai servizi, considerato il tempo trascorso dal momento della concessione del beneficio. Inoltre, provenendo da contesti socio-familiari di forte emarginazione, i beneficiari dell’indulto possiedono in genere basse professionalità e scarso dominio di tecniche e metodi di lavoro. Unitamente a questo, le ridotte competenze relazionali, di rapporto e comunicazione interpersonale e di contesto creano una condizione di rischio al buon esito dell’inserimento lavorativo. Principalmente, segnaliamo che, se c’è la “tenuta” del soggetto nel posto di lavoro, questa è altamente compromessa nei momenti della giornata nei quali il soggetto si trova a dover gestire il tempo libero e le relazioni in modo autonomo, senza dover far riferimento a orari stabiliti o gerarchie chiare e ben definite. Questo fattore rende imprevedibile, soprattutto sul medio/lungo periodo successivo all’avvio del rapporto di lavoro, la conseguente riuscita dell’inserimento.

È di fondamentale importanza che il partecipante sia seguito assiduamente dai tutor a sua disposizione e che attorno a lui si attivino relazioni sociali costanti, che si possono innescare all’interno del circuito della Rete carcere – sistema di Welfare locale, ecc…

Va segnalato che il fattore positivo di questo tipo di inserimenti è la discreta capacità che il tessuto aziendale locale ha sempre dimostrato, una volta superate le inevitabili difficoltà iniziali, di accogliere gli utenti e di inserirli in un normale percorso di riconoscimento del ruolo aziendale e, nel tempo, anche di quello sociale.

 

Barbara Bovelacci, Consorzio Techne

 

 

Ivrea: cooperativa sociale Marypoppins

 

Dalla Casa circondariale di Ivrea sono state scarcerate circa 170 persone (circa il 50 per cento) della popolazione prima detenuta.

Il GOL (gruppo operativo locale – che coordina comune di Ivrea, direzione Casa circondariale, volontariato e privato sociale) ha messo a disposizione un alloggio (4 posti) per l’emergenza (alloggio, buoni spesa, un po’ di orientamento circa mercato del lavoro e segretariato sociale, accompagnamento ai servizi esistenti sul territorio).

Le difficoltà sono quelle tipiche e note di chi esce dal carcere; l’indulto ha concentrato tutto in un tempo brevissimo.

Bisognava predisporre un piano di accoglienza, occorreva un mese di preavviso e lo sblocco dei fondi della Cassa delle Ammende (per esempio). Un progetto per una casa di accoglienza è stato presentato alla Cassa più di un anno fa e non abbiamo avuto alcuna risposta.

 

Armando Michelizza – socio volontario cooperativa sociale Marypoppins – Ivrea

 

 

Larino: progetto “La convivialità delle differenze”

 

Sono il referente del progetto “La convivialità delle differenze” (percorsi di reinserimento sociale e lavorativo rivolti in prevalenza a detenuti immigrati, ambasciatori di pace, per la coesistenza armonica tra l’uomo e l’ambiente e per la costituzione di un patto tra le comunità agricole del mondo ispirato all’economia solidale) finanziato dalla Caritas italiana e promosso dalle Caritas molisane. Tale progetto vede anche la presenza di numerose associazioni di volontariato molisane ed insiste su 4 carceri: Larino (CB), Campobasso, Vasto (CH), Isernia.

Esso consiste in estrema sintesi in un percorso comunitario che si colloca tra il carcere e la libertà ispirato alla rieducazione della pena ed alla giustizia riparativa.

Vengono seguiti all’interno di tre comunità residenziali situate una a Termoli (CB) e due a Petacciato (CB), queste ultime all’interno di una grande azienda agricola (l’ente di beneficenza Di Vaira presieduta dal Vescovo di Termoli-Larino).

Il nostro lavoro inizia con anticipo già in carcere mediante incontri di gruppo. Solo dopo mesi si avviano le prime richieste di affidamento. L’indulto ha velocizzato questo percorso.

Abbiamo messo a disposizione la comunità ai detenuti già seguiti nelle carceri di Larino e Vasto. Uno di questi, immigrato, è entrato. Un altro ha fatto richiesta di entrarci, ma di fatto non voleva seguire un percorso comunitario. Tutti gli altri una volta liberi non hanno voluto farvi ingresso.

Molte richieste per alloggio, poche richieste per ospitalità accompagnate o ispirate ad una effettiva rieducazione o reinserimento sociale e lavorativo.

Le difficoltà incontrate sono: l’indulto ha concesso la libertà formale, ma ha creato molti più problemi di quelli che tentava di risolvere rimettendo in libertà persone prive di una meta o di una rete sociale alternativa.

A Larino la popolazione carceraria sfiorava le trecento unità, ora vi sono 170 detenuti. Diminuzione di circa un terzo nel carcere di Vasto.

 

Antonio De Lellis, referente operativo del progetto “La convivialità delle differenze”

 

 

Liguria: Secolo XIX

 

Invio alcuni dati relativi all’indulto in Liguria che ho giornalisticamente incrociato con i colleghi delle altre redazioni de Il Secolo XIX, del Provveditorato regionale e del Sappe.

Non conosco nel dettaglio le iniziative, ma a Genova ci sono due iniziative di Comune e di Provincia per gli scarcerandi. Se avete riferimenti qui in questo settore del volontariato, potrete avere più informazioni.

700 i detenuti usciti sino al 23 agosto

Circa il 50 per cento è straniero

Marassi (GE) usciti 350, chiusa anche una sezione per recuperare personale di sorveglianza

Pontedecimo (GE) 90, anche una ventina di donne

Sanremo 95

Spezia 70

Imperia 55

Chiavari 40

Savona 22

Casi di “rientro” per reati commessi subito dopo la scarcerazione: non c’è un dato ufficiale. Posso però dirvi, da un esame delle cronache che in maggioranza si è trattato di poveracci (come il caso di un uomo che è rientrato dopo meno di dieci ore. Non aveva soldi, ha “aperto” una pizzeria per recuperare qualcosa e lo hanno beccato subito). Poi i “soliti” casi legati alla tossicodipendenza e microspaccio.

Casi clamorosi: il riarresto pochi giorni dopo la scarcerazione perché accusato di estorsione, di Bartolomeo Gagliano, pluriomicida, che era stato dichiarato infermo totale di mente in due casi omicidiari, sottoposto a reclusione in struttura psichiatrico giudiziaria, uscito con permessi e protagonista di altri episodi.

Spero di esservi stato utile. Un caro saluto e sempre complimenti per il lavoro che svolgete come l’iniziativa recente svolta a Padova e anche sul tema di informazione e carcere.

 

Marcello Zipola, Secolo XIX

 

 

Lodi: rivista Uomini Liberi

 

Numero di detenuti scarcerati con l’indulto: 20

Iniziative promosse dal volontariato e dagli enti locali per l’accoglienza: consulenza e case alloggio (un caso risolto)

Tipo di richieste più frequenti delle persone scarcerate: casa, lavoro e famiglia

Particolari difficoltà incontrate: non segnalate

 

 

Marche: Conferenza Regionale Volontariato Giustizia

 

Scarcerati per l’indulto nella Regione Marche: 295 (di questi il 44 sono stranieri).

Altri 228 (20 stranieri) dalle misure alternative.

 

Il volontariato di fronte all’ipotesi di un’emergenza indulto, ha chiesto un incontro in Prefettura.

Il Prefetto, l’Assessore ai Servizi sociali  e due assistenti sociali del comune di Ancona, il Questore, la vicedirettrice della Caritas ed alcuni presidenti di cooperative sociali, e la sottoscritta presidente della CRVG Marche hanno affrontato le seguenti questioni:

l’urgenza di progettare il reinserimento per prevenire il rientro in carcere a breve (convocazione del Comitato carcere e territorio con gli assessori di Provincia e Regione)

La questione dei tossicodipendenti

Il problema dell’affollamento alla mensa cittadina di Padre Guido

la chiusura per ferie nel mese di agosto della casa di accoglienza “La Tenda di Abramo” a Falconara

l’apertura del dormitorio al Benicasa “Un tetto per tutti” ad Ancona dal 1° agosto

la disponibilità della Caritas: Centro di solidarietà mediante ascolto  e orientamento

valutazione del sostegno economico (ad esempio biglietto ferroviario su suolo italiano)

monitoraggio del volume e movimento liberati provocato dall’indulto

Ad oggi la questione sembra abbastanza tranquilla considerato che la popolazione carceraria delle Marche è contenuta : i posti sono  1034 (682 presenti ad oggi, dati forniti dal Provveditorato regionale delle Marche).

Le persone che hanno chiesto un aiuto nei vari centri di accoglienza sono nell’ordine di una ventina. Prima di uscire erano stati raggiunti dai volontari in collaborazione con gli educatori, per verificare bisogni e itinerari ipotizzati.

In questo momento sia la Prefettura che il DRAP sono attenti ai fondi stanziati dal Ministero per progettare anche insieme al Comune e alle cooperative sociali percorsi di inserimento socio-lavorativo.

 

Anna Pia Saccomandi Pisano

 

 

Marche: U.E.P.E.

 

Ad oggi il numero dei detenuti scarcerati con l’indulto sono 75 nella Casa circondariale di Ancona,  123 nella Casa circondariale di Pesaro e 20 nella Casa di reclusione di Fossombrone.

Le iniziative promosse dal volontariato e dagli enti locali per l’accoglienza:

 

Casa circondariale Ancona

Casa circondariale Pesaro

Casa reclusione Fossombrone

I volontari Caritas: hanno ascoltato il maggior numero di detenuti possibile tra quelli prossimi alla scarcerazione per indulto; hanno provveduto a fornire almeno i soldi per il biglietto del treno per poter raggiungere i familiari e tramite il Centro solidarietà, garantiscono attività di ascolto e orientamento, valutazione del sostegno economico…

L’associazione “Osservatorio Permanente sulle carceri” di Ancona ha organizzato un servizio coordinando: colloqui con gli scarcerandi per indulto per rilevazione bisogni, accompagnamento delle persone prive di mezzi e riferimenti immediati

Progetto regionale per i detenuti scarcerati con l’indulto, che prevede 15 borse lavoro per una durata di 15 mesi dal 01.10.2006 al 31.12.2007, attraverso i finanziamenti della Cassa delle Ammende.

I volontari della Conferenza Regionale Volontariato Giustizia hanno riscontrato l’urgenza di progetti di reinserimento lavorativo e sociale e rilevato un aumento delle persone che accedono quotidianamente alla mensa dei poveri Padre Guido.

Ospitalità alloggiativa temporanea e orientamento ai Servizi territoriali offerti dalla casa di Accoglienza Casa Paci di Pesaro, gestita dalla cooperativa IRS L’Aurora di Ancona.

 

Enti locali: risulta esserci stata una prima riunione in Prefettura, con la partecipazione: Assessorato ai Servizi sociali del Comune di Ancona, Questore,  rappresentanti della Caritas e di alcune cooperative sociali.

Disponibilità di sussidio da parte del Centro di ascolto di Pesaro e Caritas di Ancona

 

In collaborazione con il Comune di Ancona si è provveduto all’apertura del dormitorio “Un tetto per tutti”,

con 15 posti letto.

Consulenza giuridica da parte di un legale, a titolo di volontariato, soprattutto alle persone extracomunitarie.

 

 

Le richieste più frequenti avanzate dalle persone scarcerate sono state: sussidio economico e vitto e alloggio per i primi giorni; sostegno nell’inserimento lavorativo; supporto, per gli extracomunitari, nei contatti con la Questura per le problematiche relative alla regolarizzazione della posizione o all’esecuzione dei provvedimenti di espulsione dal territorio italiano.

La maggiori difficoltà incontrate risultano quelle relative agli inserimenti lavorativi, poiché in molti casi con la liberazione viene meno la “qualifica” di categoria svantaggiata, per cui risulta più difficile essere inseriti al lavoro nelle cooperative sociali o presso altre ditte. Un altro grande problema è quello degli stranieri che in misura alternativa erano legittimati a lavorare, pur non avendo il permesso di soggiorno, grazie al provvedimento giudiziario del Tribunale di Sorveglianza, mentre questa condizione viene meno con la conclusione della pena. Rispetto ai Servizi si segnalano le difficoltà  di attivazione e di coordinamento con gli enti territoriali per la carenza di risposta. 

 

Dr.ssa Elena Paradiso, direttore U.E.P.E. di Ancona

 

 

Massa: U.E.P.E.

 

I soggetti scarcerati si sono rivolti agli U.E.P.E., al volontariato, ai Centri d’ascolto Caritas, Sp.In ed ai Servizi Comuni.

Le richieste maggiori sono state:

interventi di supporto

alloggio

lavoro.

Per rispondere alle richieste dei soggetti che hanno beneficiato dell’indulto la Caritas ha messo a disposizione gli operatori dello Sp.In e partecipa al coordinamento promosso dalla Prefettura attivato con gli enti pubblici: Comuni, ASL, carcere, U.E.P.E., forze dell’ordine e Provincia. Ha finanziato anche alcuni progetti.

 

 

Padova: Noi, Associazione Famiglie Padovane contro l’emarginazione

 

La nostra associazione si occupa di interventi in strada e avviamento e accompagnamento ai servizi, oltreché di riduzione del danno con un’unità di strada. Pertanto, in occasione dell’indulto, non ha attivato alcuna attività specifica, ma ha attivato e potenziato i contatti con avvocati, l’area pedagogica carceraria e con lo sportello “Sos indulto” attivato dal Comune di Padova.

Le richieste più frequenti delle persone scarcerate sono state in ordine di importanza:
consulenza legale, invio e accompagnamento presso avvocati

richiesta di un posto letto

richiesta di poter continuare i trattamenti terapeutici già intrapresi in carcere

richiesta di inserimento lavorativo

Essendo il nostro un servizio di unità di strada, si sono rivolti a noi soprattutto migranti sprovvisti di permesso di soggiorno.

La principale difficoltà è stata quella di attivare risposte in presenza di una legge, quale l’attuale legge sull’immigrazione, che rende impossibile la presa in carico di persone migranti in difficoltà.

Ringraziandovi anticipatamente per la richiesta inviataci, rimaniamo a vostra disposizione per qualsiasi informazione e porgiamo i nostri più cordiali saluti.

 

Associazione Famiglie Padovane contro l’emarginazione

 

 

Pesaro: Casa circondariale

 

- numero di detenuti scarcerati con l’indulto al 28 agosto 2006: 123

 

- iniziative promosse dal volontariato e dagli enti locali per l’accoglienza:

L’“Osservatorio permanente sulle carceri” di Ancona ha organizzato un servizio coordinando i seguenti interventi:

colloqui a tappeto con gli scarcerandi per indulto per rilevazione bisogni

accompagnamento delle persone prive di mezzi e riferimenti immediati

disponibilità di sussidio da parte del centro di ascolto di Pesaro e Caritas di Ancona

ospitalità temporanea offerta dalla casa di accoglienza “Casa Paci” di Pesaro, gestita dalla cooperativa Irs l’Aurora di Ancona

orientamento ai servizi territoriali da parte degli operatori di “Casa Paci” di Pesaro

consulenza giuridica da parte di un legale, a titolo volontario, soprattutto alle persone straniere extracomunitarie

- tipo di richieste più frequenti delle persone scarcerate:

distacco dall’istituzione (molti hanno inventato situazioni ottimali pur di uscire dall’orbita degli interventi istituzionali postpenitenziari)

vitto e alloggio per i primi giorni

opportunità lavorative

- particolari difficoltà incontrate:

difficili il contatto, l’attivazione e il coordinamento con gli enti locali, e carente la risposta da parte degli enti territoriali

E. Vilella, responsabile area pedagogica della Casa circondariale di Pesaro

 

 

Piemonte: Provveditorato regionale amministrazione penitenziaria

 

Nell’ambito del distretto del Piemonte e Valle d’Aosta sono stati scarcerati, in applicazione del provvedimento di indulto, dai 14 istituti di competenza, alla data del 24 agosto 2006, 2131 persone. Di queste 86 sono donne e 1059 stranieri.

Si allega prospetto riepilogativo dei soggetti in esecuzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, liberati dagli obblighi per effetto della legge: alla data del 24 agosto si tratta di 681persone.

Sono state coinvolte le reti locali, istituzionali e non, già attive nei confronti dei detenuti e degli ex detenuti. In particolare, i Gruppi Operativi Locali (gruppi di lavoro costituiti a livello provinciale sui temi del reinserimento socio-lavorativo per le persone in esecuzione penale, composti da rappresentanti dell’amministrazione penitenziaria, degli enti locali e del privato sociale), che fanno capo alla Regione Piemonte.  Quest’ultima ha stanziato, per gli interventi di prima necessità, 20.000 € che sono stati impegnati sulla base delle segnalazioni degli U.E.P.E.

Gli operatori del carcere, all’atto della scarcerazione, hanno provveduto a segnalare al volontariato e/o a soggetti istituzionali le situazioni di particolare disagio sociale, ed hanno fornito a tutti informazioni relative alle strutture e ai servizi presenti sul territorio.

Le richieste più frequenti hanno avuto come oggetto interventi diretti a fronteggiare l’emergenza (accoglienza notturna, buoni mensa, spese di viaggio); sono state inoltre presentate richieste di sostegno economico finalizzate a coprire spese relative all’affitto e alle utenze arretrate, e richieste finalizzate ad un inserimento lavorativo. In alcuni casi sono state avanzate richieste di sostegno economico per necessità di ordine sanitario (per lo più acquisto di medicinali).

Gli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna hanno svolto un importante ruolo di raccordo con le risorse del territorio. Si segnala, infine, che è in fase di redazione, da parte di questo Provveditorato, il progetto richiesto dal D.A.P., da finanziare con i fondi della Cassa delle Ammende, che intende fornire ulteriori strumenti di risposta alle esigenze evidenziate.

 

 

Puglia: Provveditorato regionale amministrazione penitenziaria

 

Iniziative promosse dal Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria di Bari e dagli U.E.P.E. della regione, delle quali al momento si è a conoscenza, sui condannati che hanno fruito dell’indulto, mirate prioritariamente a creare opportunità di inclusione lavorativa per i soggetti destinatari:

progetto sperimentale di inclusione lavorativa per 25 indultati residenti nelle province di Bari, Brindisi e Taranto finanziati dalla Cassa delle Ammende con il partenariato del Comune e Provincia di Bari, Provincia di Taranto, il Consorzio “Agorà” e l’Amiu di Bari, la Confcommercio di Brindisi;

partecipazione ad un progetto di cui è promotore il Comune di Bari, nell’ambito del PIT regionale 2006 per “l’inclusione sociale, la sicurezza e la legalità”, che sarà eseguito dai Consorzi di cooperative “Elpendù” e “Meridia”, finalizzato all’inserimento dei destinatari in attività di manutenzione e recupero urbano dei quartieri nei quali risiedono;

inserimento lavorativo di 4 indultati nel Comune di Santeramo in colle in lavori di pubblica utilità.

Per quanto attiene i dati dei liberati nella Regione Puglia per indulto, si rileva che a tutt’oggi sono 1648 i soggetti in esecuzione di una misura alternativa alla detenzione e 1386 i detenuti.

Al riguardo, giova segnalare che i soggetti in esecuzione penale estera che hanno fruito dell’indulto nella regione (affidati in prova al servizio sociale, semiliberi, detenuti domiciliari) sono in numero maggiore di quelli ristretti, e che essi richiedono analoga attenzione da parte delle istituzioni e degli enti socio-assistenziali per predisporre interventi finalizzati a proseguire i programmi di trattamento già avviati; vi chiediamo, quindi, di usare la locuzione “soggetti in esecuzione di pena” che comprende tutti, non solo i detenuti.

Le necessità degli indultati fin qui rilevate sono prevalentemente di tipo lavorativo; altri bisogni emersi sono quelli abitativi e di sostegno economico. Restiamo disponibili a fornire ulteriori notizie.

 

Il direttore dr. Eustachio Vincenzo Petralla

 

 

Roma: comunità di Sant’Egidio

 

Indulto: qualche storia positiva. Il lavoro dei volontari

 

Molto in fretta invio una piccola nota con alcune iniziative prese dai volontari nella prima settimana dopo l’indulto. Naturalmente gli esempi riportati con i nominativi (non veri) sono moltiplicabili. I ricongiungimenti familiari sono stati molti e così i casi di quei detenuti che sarebbero usciti da qui a pochi mesi e il cui reinserimento lavorativo era già stato preparato da molto tempo. È difficile però fornire il numero esatto di quelli reinseriti, non di tutti abbiamo notizie a distanza di un mese.

Noi della comunità di Sant’Egidio siamo stati presenti negli istituti, giorno e notte, nella prima settimana. Ora accogliamo gli ex detenuti presso la nostra mensa pomeridiana e presso i nostri centri. Sono molti quelli che si rivolgono a noi per chiedere aiuto. Ci chiedono soprattutto di aiutarli a trovare sistemazioni alloggiative più idonee (in molti centri sono ospitati in grandi stanze tipo container con molti letti!) e aiuto per l’inserimento lavorativo. Per ora queste poche notizie, ma restiamo a disposizione. A presto!

 

A cura della comunità di Sant’Egidio e della Caritas – Roma

 

Giorgio, un uomo di 55 anni italiano, vive a Roma. Nel corso della sua carcerazione ha seguito un percorso di riabilitazione. Quando era a Regina Coeli ha lavorato come articolo 21 all’esterno del carcere e per quasi un anno è venuto ogni settimana a fare volontario alla mensa di Sant’Egidio. Divenuto in seguito un semilibero oggi esce con l’indulto a soli due mesi dal suo fine pena.

 

Angela, giovane tossicodipendente romana ha pessimi rapporti con i familiari a causa della sua condotta di vita, esce da Rebibbia con l’indulto riaccolta dal padre che vive a Messina. La volontaria di Sant’Egidio l’accompagna alla stazione. Lei, per gratitudine, prima di salire sul treno, le regala un paio di sandali. Sappiamo che è arrivata a Messina e si è ricongiunta ai suoi cari.

 

Fabrizio giovane romano, detenuto nel carcere di Teramo, esce con l’indulto e viene accolto dal cappellano del carcere di Teramo. È molto felice, si veste con i migliori abiti che ha, e passeggia per questa città a lui sconosciuta. Spera di tornare a Roma e di ritrovare la sua famiglia. La riconciliazione con il padre è già iniziata da qualche anno, con l’aiuto della volontaria di Sant’Egidio. Fra 5 giorni riabbraccerà il padre.

 

Felice uomo alcolista romano. Parcheggiatore abusivo per tanti anni. Scontava un cumulo per piccoli furti (ad esempio una volta ha rubato il telecomando della TV di un ristorante). Da molti mesi aveva lasciato il carcere perché era stato accolto in affidamento da un centro del Comune e stava facendo un programma di disintossicazione, terapia, sostegno psicologico e avviamento al lavoro, che rappresentava una vera svolta per la sua vita. Purtroppo era rientrato in carcere perché, come spesso accade, erano arrivate altre condanne definitive, sempre per piccoli reati. Ora, liberato dall’indulto, è subito rientrato nel centro di accoglienza per proseguire il suo programma di recupero e reinserimento.

 

Anna, disabile mentale e sordomuta. Da sempre vive per strada. Conosciuta e aiutata da Sant’Egidio e da altri  centri di assistenza di Roma. Un processo per un piccolo furto in un supermercato giunge dopo molti anni a condanna definitiva, senza che lei abbia mai messo piede in tribunale né visto il suo giudice. In carcere Anna piange ogni giorno, chiede perché non può riabbracciare il suo fidanzato Mustapha, con cui da tanti anni divide le difficoltà della strada. Alla mensa di Via Dandolo si prepara una grande festa per lei.

 

Abubaker, nigeriano, una laurea in agraria e un figlio di 10 anni nato in Italia. Durante questi anni si è perfettamente reinserito. Grazie all’indulto, può tornare al suo lavoro  full-time presso una ditta di ristorazione sul litorale romano, con grande soddisfazione dei suoi datori di lavoro.

 

Domenico. Estradato da un paese europeo e incattivito da lunghi anni di carcere è stato accompagnato dai volontari in un percorso di formazione per addetti ai servizi di ristorazione. Inserito nella cucina detenuti come aiuto-cuoco, dopo circa 5 anni è uscito in semilibertà. Ora grazie all’indulto può svolgere in piena libertà il suo lavoro di responsabile cuoco in un collegio Erasmus per universitari in un quartiere vicino a Tor Vergata. Gestisce da solo 80 pasti.

A Roma tutte le donne con bambini sono uscite. Gran parte di esse si sono potute ricongiungere al proprio nucleo familiare e hanno riabbracciato i figli di età superiore ai tre anni che da tempo incontravano soltanto ai colloqui.

 

Una di esse al suo ritorno al campo nomadi ha finalmente potuto rivedere i 3 figli di 5, 7 e 9 anni e inaugurare il nuovo container consegnato proprio pochi giorni fa.

 

Una di esse all’uscita dal carcere ha chiesto aiuto per il bambino che aveva 38 di febbre. Una volontaria l’ha prontamente accompagnata in un centro di accoglienza.

 

Gli anziani e i malati sono stati tutti accompagnati dai volontari presso i Centri di accoglienza o nelle RSA.

 

Tra il 1° e il 6 agosto, su richiesta dei direttori degli istituti di Roma (parliamo in particolare di Rebibbia Nuovo Complesso, Rebibbia femminile e Regina Coeli), nella zona della matricola, abbiamo approntato un tavolo di accoglienza dove volontari, cappellani, operatori dell’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio e operatori del Comune di Roma insieme si sono preoccupati di dare un consiglio, un orientamento e un aiuto a chi ne aveva bisogno e una parola di buon augurio a tutti quelli che uscivano.

Abbiamo potuto parlare con circa 650 persone subito prima della loro uscita dal carcere.

Per quanto riguarda la città di Roma, soprattutto negli istituti di Rebibbia Nuovo Complesso e di Rebibbia femminile, questa presenza ha evitato che i detenuti uscissero senza un riferimento, un indirizzo di un luogo dove andare a dormire o a mangiare e un aiuto anche minimo per sopravvivere.

 

Questo aiuto (uno zaino chiamato kit di sopravvivenza per i detenuti con dentro: biglietti dell’autobus, tessere telefoniche, inviti alle mense gratuite della città, una lettera per le Ferrovie dello Stato per chi doveva far ritorno nella propria città, il libretto “Dove mangiare dormire lavarsi” curato dalla comunità di Sant’Egidio e, per chi ne aveva bisogno, telefonate ai parenti e bottigliette di acqua minerale) è stato assai poco, ma ha voluto esprimere uno spirito di accoglienza e di buon augurio.

Molti uscendo hanno ripetuto più volte la loro intenzione di non tornare più in carcere. Ripetono che a nessuno piace davvero fare reati. Chiedono aiuto per trovare lavoro e anche riguardo a questo ricevono indicazioni, consigli e incoraggiamento.

 

Stefania Tallei, comunità di Sant’Egidio

 

 

Roma: cooperativa sociale Parsec

 

Malgrado i nostri servizi non siano direttamente dedicati alla popolazione carceraria o ex-carceraria, volevamo segnalare il forte impatto che l’indulto ha comunque procurato ad alcuni dei nostri servizi. Questi infatti si occupano di pronta accoglienza di persone tossicodipendenti ancora in fase di intossicazione da sostanze psicoattive, e all’interno di questi servizi le persone possono trovare risposte a bisogni primari (pranzo, doccia, lavatrice…) e spazio di accoglienza e di progettazione su bisogni più articolati. Inoltre, in un’ottica di riduzione del danno, vengono distribuite siringhe sterili in cambio di siringhe usate per un consumo più sicuro (rischio di contagio da malattie: HIV, epatiti…), acqua distillata, fiale di naloxone (farmaco salvavita in caso di overdose) e vengono effettuati interventi diretti in casi di overdose.

A questo proposito dobbiamo segnalare che in questi ultimi 20 giorni abbiamo registrato un significativo numero di contatti con persone appena uscite dal carcere che si rivolgevano al servizio per lo scambio siringhe e con la richiesta di posti letto, segnaliamo inoltre un aumento  dei casi di overdose (tutti fortunatamente conclusi con esito positivo) da imputare a persone appena scarcerate (è noto come chi utilizza eroina dopo un periodo di astinenza sia più a rischio di overdose). Da segnalare una generale carenza di servizi idonei ad una prima accoglienza di persone fuoriuscite spesso sole e/o con ridottissime risorse personali e familiari.

 

Daniela Cerri, responsabile di servizi a bassa soglia Parsec Cooperativa Sociale

 

 

Rovigo: Seac

 

Ecco i dati in nostro possesso:

- detenuti scarcerati sezione maschile: 57

- detenuti scarcerati sezione femminile: 23

- iniziative promosse: incontri e un tavolo di coordinamento tra le associazioni di volontariato e gli enti locali per fare una ricognizione della situazione e verificare le risorse presenti e i problemi da affrontare

- tipo di richieste dalle persone scarcerate: casa e lavoro

- difficoltà incontrate: il fatto che nonostante il dialogo con gli altri attori del territorio alla fine le risposte da dare alle persone che hanno bussato alla porta della nostra associazione abbiamo dovuto darle senza aiuti esterni.

 

Paola Zonzin

 

 

Sardegna: Ufficio Regionale dell’Esecuzione Penale Esterna

 

Detenuti scarcerati con l’indulto in Sardegna al 1° settembre 2006: 922

Condannati in esecuzione penale esterna a cui è stato applicato l’indulto: 683

 

Questo Ufficio Regionale dell’Esecuzione Penale Esterna della Sardegna si è fatto parte attiva per avere delle risorse spendibili per i soggetti cittadini detenuti e condannati in esecuzione penale esterna che dovendo beneficiare della legge n. 241 del 31 luglio 2006 (indulto) necessitano di aiuto e sostegno per il loro reinserimento sociale in una prospettiva di prevenzione della recidiva.

La Regione Sardegna pronta ed immediata il 2 agosto 2006 ha erogato uno stanziamento di 1.000.000 di euro sul capitolo 12257 FR per interventi di reinserimento dei condannati di cui alla legge citata.

Nell’azione di attuazione di detto finanziamento si sono coinvolti tutti i comuni della Regione
Sardegna che hanno cittadini aventi il diritto ed accesso a detti interventi. L’Assessorato regionale competente ha dato disposizione a tutti i Comuni di correlarsi ed agire con gli Uffici dell’esecuzione penale esterna per attuare le progettualità previste in legge e ha stabilito che sono spendibili sino a 3.000 euro procapite per soggetto beneficiario del progetto.

Allo stato si sta procedendo all’individuazione delle persone che necessitano di interventi e si stanno approntando diverse progettualità con la partecipazione attiva sia del Coordinamento Volontariato Giustizia, sia delle diverse cooperative sociali che già si occupano del reinserimento dei cittadini condannati e sopratutto con l’azione degli Uffici dell’esecuzione penale esterna che da tecnici del settore stanno orientando e progettando con questa rete sociale.

Le difficoltà maggiori riscontrate sono di inserimento lavorativo e di assistenza integrativa rispetto ad alcuni bisogni noti o rilevati che in questa fase di reinserimento vengono rappresentati come l’alloggio, necessità di assistenza e cura laddove sono soggetti affetti da patologie, necessità di tutoraggio e orientamento oppure bisogni primari come la bolletta della luce, del gas, generi alimentari di primaria necessità eccetera.

Le iniziative in itinere sono diverse sia dal punto di vista organizzativo che di progetto. Si è studiata una scheda che consenta più facilmente di porre in atto l’azione di aiuto alla persona. L’8 settembre prossimo venturo è stata convocata una conferenza presso l’Assessorato regionale competente a cui parteciperanno i sindaci dei comuni interessati, questo Ufficio E.P.E e i dirigenti regionali preposti alla valutazione dei progetti di inserimento. La scheda studiata verrà proposta per facilitare gli operatori a proporre gli interventi finanziabili.

Certamente è un gran da fare, forse tutto ciò doveva essere predisposto prima di catapultare questa moltitudine di persone per strada senza un progetto di recupero e reinserimento. Sempre disponibile alla consultazione si porgono cordiali saluti.

 

Dott.ssa Rossana Carta, dirigente dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna – Sardegna

 

 

Torino: Cappellano carcere minorile “Ferrante Aporti”

 

Usciti per indulto 12 in totale, su una presenza di 35 (tra maschi e femmine).

Dei 12, 2 sono femmine e 10 i maschi.

Dei 12, 10 erano in custodia cautelare, un definitivo ed una appellante.

Si sono attivati in modo particolare l’Ufficio dei minori stranieri del Comune di Torino.

Al presente nessuno di quelli usciti ha fatto rientro.

 

Domenico Ricca, Cappellano “Ferrante Aporti” – Torino

 

 

Torino: Gruppo Abele

 

Il servizio di accoglienza, in seguito alle scarcerazioni repentine, ha ricevuto molte richieste da parte dei Ser.T. per inserire le persone beneficiate in strutture residenziali (sia comunità terapeutiche sia case alloggio per persone sieropositive).

In base alla disponibilità di posti nelle strutture (quasi tutte al completo) e al rispetto delle liste di attesa e delle altre urgenze, si sono fatti degli inserimenti, ma la maggior parte delle richieste non trova adeguata risposta. In numero minore i diretti interessati hanno chiesto al servizio un orientamento ai servizi di base, come dormitori e mense.

Il servizio del Drop-in ha visto aumentare in modo considerevole i passaggi sia sul mattino (tossicodipendenti) sia sul pomeriggio (in prevalenza stranieri).

La richiesta maggiore è stata sui posti letto del dormitorio serale. Il nostro dormitorio è stato l’unico in Torino ad aumentare i posti letto (1 femminile, 2 maschili. La maggiore richiesta telefonica è giunta dai Servizi Sociali e dai Ser.T.). Spero di essere stata esauriente. Un saluto e buon lavoro.

 

Gruppo Abele di Torino

 

 

Trento: associazione Apas

 

Come Apas abbiamo partecipato ai due incontri promossi dal Comune di Trento per valutare la situazione e programmare interventi a favore dei dimessi per l’indulto; le informazioni che allego in parte fanno riferimento alle richieste avanzate ad Apas, confrontate però ed integrate con quelle avanzate ad altri enti.

 

Fino alla data del 21 agosto erano usciti per indulto da Trento: 105 detenuti, da Rovereto: 47. Le persone ammesse ai vari benefici previsti dalle misure alternative e che hanno beneficiato dell’indulto sono 85 (sempre alla data del 21 agosto).

Fino ad ora sono stati fatti due incontri tra i vari servizi pubblici, del privato sociale e del volontariato per una conoscenza della realtà, il monitoraggio delle richieste e la programmazione di interventi presso l’Assessorato alle politiche sociali del Comune di Trento, su invito dell’Assessore. Erano presenti: rappresentanti dell’istituto di Trento (direttore ed educatore), dell’U.E.P.E., funzionari del Comune, della Provincia autonoma di Trento, del Terzo settore (Apas, Caritas-Cedas, Fondazione comunità solidale, Officina sociale).

Fino alla data del 21 agosto complessivamente una ventina circa di persone dimesse per l’indulto si erano rivolte ai vari enti (spesso la stessa persona si è rivolta a più enti) per un aiuto e un sostegno. Alcuni hanno richiesto un aiuto immediato (materiale ed economico) per il momento della dimissione. La richiesta più comune, la cui risposta va al di là dell’immediato, è quella di sostegno per un inserimento lavorativo e per l’alloggio. Le varie richieste saranno valutate nelle prossime settimane e le risposte saranno cercate all’interno delle risorse messe a disposizione dagli enti che già lavorano per l’inserimento delle persone in difficoltà, valorizzando anche, soprattutto per gli inserimento lavorativi, gli stanziamenti che sono stati promessi ad hoc.

È da notare che la maggior parte dei cittadini stranieri al momento della dimissione sono stati accompagnati in Questura ed è stato consegnato a loro il decreto di espulsione con l’obbligo di lasciare l’Italia entro cinque giorni. Coloro invece che avevano in atto un programma di inserimento (coloro che si trovavano in misura alternativa, misura resa possibile per il fatto che avevano il permesso di soggiorno prima della carcerazione) avevano 15 giorni di tempo per lasciare l’Italia con la possibilità di ricorrere, con successo, al TAR per chiedere la sospensione del provvedimento. Un problema per gli stranieri sembrava essere quello del costo del biglietto per fare ritorno nel proprio paese di origine. Pur di fronte alla disponibilità manifestata da parte della Provincia di intervenire nei confronti degli eventuali richiedenti, nessuno di loro si era rivolta alla data suindicata con una richiesta precisa; pochi sono coloro che hanno manifestato comunque l’intenzione di lasciare l’Italia.

Fino ad ora, con riferimento a quanto è emerso in occasione degli incontri tra i servizi, non ci sono state richieste particolarmente gravi a cui non si è potuto trovare una risposta. Anche due situazioni delicate, in quanto in presenza di problemi sanitari, hanno trovato risposta, per lo meno nell’immediato, grazie alla collaborazione e alla presa in carico da parte dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari.

 

Italo Dal Ri, Apas Trento

 

 

Treviso: Casa circondariale

 

Detenuti usciti per indulto al 31 agosto: 146 (su una media di 260 presenze).

Iniziative promosse: la cooperativa Alternativa di Vascon di Carbonera ha dato disponibilità per una pronta accoglienza a sei dimessi, con possibilità di concordare successivamente percorsi di reinserimento.

Altri otto detenuti già in misura alternativa presso la struttura della cooperativa, dimessi per indulto, rimarranno per completare il percorso presso la cooperativa stessa.

Difficoltà incontrate: sono state manifestate soprattutto al Cappellano dell’istituto, da parte dei detenuti stranieri. I medesimi alla dimissione hanno avuto dalla questura l’ordine di allontanarsi dallo Stato entro 5 giorni. Non avrebbero ottemperato tale ordine per mancanza di danaro. Avrebbero trovato una prima collocazione presso amicizie e parenti e chiedono ora una sistemazione, cosa impossibile, considerata la irregolarità della loro permanenza in Italia.

 

Gli operatori dell’Area Trattamentale della Casa circondariale di Treviso

 

 

Umbria: Conferenza Regionale Volontariato Giustizia

 

Detenuti scarcerati 366. 209 le persone in esecuzione penale esterna che hanno terminato la pena.

La Regione dell’Umbria ha deliberato un provvedimento: iniziative urgenti di sostegno ai Comuni sede di istituto penitenziario per favorire il reinserimento sociale e gestire il primo impatto degli ex detenuti giunti a fine pena attraverso il recente provvedimento di indulto. La delibera destina  € 40.000,00, e quantifica in € 100 la somma per l’attivazione dei servizi a favore del singolo detenuto.

Gli enti locali hanno individuato nelle associazioni di volontariato che fanno capo alla Conferenza Regionale Volontariato Giustizia i soggetti attuatori dell’intervento di accoglienza.

La maggior parte dei detenuti scarcerati sono extracomunitari o non residenti in Umbria, le richieste più frequenti sono state quindi biglietti ferroviari, alloggio temporaneo, soldi e lavoro per quelle persone che hanno deciso di rimanere nella Regione.

Grandi difficoltà non ne abbiamo riscontrate, l’unico problema è stato il ritardo, in particolare modo per quanto riguarda il carcere di Perugia, con cui l’intervento è stato avviato. Questo non ci ha permesso di intervenire sul 40 per cento delle scarcerazioni.

 

Patrizia Costantini, responsabile Conferenza Regionale Volontariato Giustizia dell’Umbria

 

 

Veneto: le iniziative promosse nella Regione

 

Dipartimenti per le Dipendenze del Veneto

I servizi offerti dai Dipartimenti per le Dipendenze delle ASL del Veneto, sono quelli normalmente forniti, ovvero una “pronta accoglienza” con sportelli aperti a tutti coloro i quali necessitano di informazioni o hanno necessità di interventi in quanto ritenute situazioni di “urgenza” superando in tal caso i limiti della non residenza (come previsto dalla legge).

Il Dipartimento per le Dipendenze di Verona ha cercato di sensibilizzare ulteriormente le persone che uscivano dal carcere e che a loro si rivolgevano sui rischi di overdose (allerta overdose).

I Dipartimenti che avevano persone detenute con programmi di alternativa alla carcerazione prossimi alla realizzazione hanno continuato a seguire tali utenti, anche se molti, beneficiando dell’indulto ed essendo quindi liberi, hanno preferito interrompere i contatti con i Dipartimenti.

U.E.P.E. del Veneto

Gli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna hanno ricevuto dal Ministero della Giustizia dei fondi presi dalla Cassa delle Ammende da gestire per progetti indirizzati specificamente a persone che hanno beneficiato dell’indulto.

Ad oggi ci sono state solo delle riunioni preparatorie, dei tavoli di lavoro (a cui hanno partecipato i Comuni, la Prefettura e alcuni rappresentanti del mondo delle associazioni e del volontariato, si cerca di attivare la rete già esistente) per programmare e organizzare i possibili interventi: si tratta ancora di una fase progettuale.

L’U.E.P.E. di Venezia ha modificato gli orari di ufficio rimanendo aperto con orario continuato dalle 9.00 alle 16.00.

 

Padova

 

Comune di Padova

Il Comune ha messo a disposizione buoni pasto e posti per dormire. Se qualche ex detenuto vuole tornare a casa si interviene pagandogli il biglietto del treno. In tutto lavorano circa dodici volontari, allo sportello: quelli di Ristretti, alcuni legali di Avvocato di strada, la Caritas…

Il Comune di Padova, si è subito attivato. C’è lo sportello, e poi a Padova funziona anche un’unità di strada, con la collaborazione dell’asilo notturno e delle cucine popolari.

 

Sportello SOS Indulto

Si chiama “SOS Indulto” lo sportello aperto dal Comune di Padova con la collaborazione del gruppo di “Ristretti Orizzonti” e altre associazioni del territorio: rimarrà aperto per tutto il mese di agosto; fornisce informazioni ed orientamento sui servizi presenti a Padova che danno un aiuto concreto alle persone che hanno beneficiato dell’indulto.

Lo Sportello è sito ad Altichiero (Padova) in Via Astichello, 18 (a circa 2 chilometri dal carcere), è aperto dal lunedì al sabato, dalle ore 10.00 alle ore 13.00

 

Bilancio dell’attività dal 2 al 22 agosto 2006

 

Personale impiegato

- 1 operatore sociale specializzato

- 1 avvocato penalista

- 2 praticanti - avvocato

- 2 laureati in giurisprudenza

- 1 volontario

 

Numero di utenti

- 60 (15 italiani e 45 stranieri)

 

Servizi erogati

- 121 pernottamenti (Casa a Colori: 91, Torresino: 16, Piccoli Passi: 13, OASI: 1)

- 70 buoni-pasto (Cucine Economiche Popolari)

- 28 consulenze legali

- 15 orientamenti al lavoro

- 22 schede telefoniche da 5 euro

-  5 biglietti ferroviari

 

Venezia

 

Comune di Venezia

Nel Comune di Venezia, da tempo, sono stati avviati alcuni tavoli tematici, attivati dal progetto “Apriamo i muri” e coordinati dalla UOC Autonomia degli Adulti, inerenti le questioni:

lavoro e dimora

bambini e genitorialità

diritti di cittadinanza e diritti alla salute

interventi educativi e socio-culturali

Il Comune di Venezia, non ha risentito in modo particolarmente “forte” dell’emergenza indulto. 63 delle persone scarcerate sono residenti nella provincia di Venezia. 14 persone si sono rivolte al Servizio Autonomia degli Adulti del Comune; tali persone erano già conosciute perché seguite all’interno del Carcere e sono tornate in famiglia o inserite in un percorso di reinserimento sociale.

 

Cooperativa Sociale Olivotti

La Cooperativa Olivotti ha accolto cinque persone che sono uscite dal carcere beneficiando dell’indulto a titolo gratuito.

 

Sportello Spazio OUT, Progetto URBAN Apriamo i muri

Sportello carcere spazio out: punto informativo per ex reclusi, per persone sottoposte a misure alternative e per familiari della popolazione detenuta.

Lo Spazio Out è aperto due volte alla settimana in una sede messa a disposizione dalla Municipalità di Venezia nei pressi di campo S.ta Margherita e pertanto facilmente raggiungibile dai terminal d’arrivo in città (piazzale Roma e Stazione) e non lontana dalle sedi degli Istituti di Pena maschile e femminile. L’attività principale è quella di ascolto ed orientamento per facilitare chi si trova in semilibertà o in fine pena ad individuare, sul territorio, i servizi e le opportunità che potranno contribuire ad un adeguato inserimento personale e sociale. Ha inoltre lo scopo di accogliere i familiari dei reclusi per fornire loro le prime informazioni utili a stabilire una relazione serena con la direzione degli istituiti di pena e poter contare su di una città ospitale. Tale sportello è stato, in questo periodo, particolarmente utile alle persone che sono uscite dal carcere beneficiando dell’indulto.

È gestito dall’associazione di volontariato penitenziario “Il granello di senape”.

Bilancio dell’attività dal 3 al 24 agosto 2006

Accessi allo sportello:

Numero utenti: 25 ingressi, 22 uomini e 3 donne, 5 stranieri 20 italiani

Personale impiegato:

2 + 1 volontaria

Servizi erogati:

informazioni e orientamento su come rinnovare i documenti (permesso di soggiorno, carta d’identità, patente e libretto di lavoro)

informazioni e orientamento sugli alloggi (ricerca appartamenti, comunità e luoghi di prima accoglienza)

informazioni e orientamento sul lavoro – problematica principale – (ricerca cooperative e aziende; affiancamento per stesura curriculum vitae e accompagnamento sul luogo del lavoro, colloqui preliminari con i datori di lavoro e recupero borse lavoro)

informazioni e orientamento alla scelta di formazione scolastica

attività di ascolto

Le presenze segnalate riguardano il periodo che va dal 3 al 24 agosto 2006.

 

Vicenza

 

Caritas di Vicenza

La Caritas di Vicenza ha attivo uno sportello di ascolto/informazione al quale si sono rivolte 10 persone che hanno beneficiato dell’indulto: 4 di queste sono state ospitate nel dormitorio della Caritas e 2 sono in attesa di entrare nel progetto “Il lembo del mantello” (progetto specifico per il reinserimento socio-lavorativo di persone, residenti nel Comune di Vicenza, che hanno fine pena sotto i 3 anni, non seguiti dai Dipartimenti per le Dipendenze e/o dai Servizi psichiatrici).

 

Rovigo

 

Comune di Rovigo

Il numero di detenuti scarcerati dal carcere di Rovigo è relativamente basso e solo 4-5 persone sono residenti presso tale Comune. Queste persone sono rientrate nella famiglia di origine; si ha notizia solo di una persona con residenza in una città della Sardegna a cui il Comune ha pagato il biglietto per rientrare a casa. Nella città di Rovigo è presente un asilo notturno e due mense che hanno potuto ospitare le persone che ne avevano la necessità.

 

Centro Francescano di Ascolto

Partecipa ad un coordinamento (Comune, associazioni di volontariato e Prefettura) e attualmente sta seguendo 6 persone che hanno beneficiato dell’indulto per il loro reinserimento lavorativo.

 

Verona

 

A Verona hanno beneficiato dell’indulto solo il 1° di agosto, 241 persone con il 7° per cento circa di stranieri molti dei quali hanno ricevuto in matricola da un agente della questura il foglio di espulsione entro 5 giorni; nel pomeriggio del primo giorno fino alla mezzanotte quando hanno interrotto il rilascio di persone, alcuni volontari della Fraternità, di Ripresa Responsabile ed altri non associati, si sono messi a disposizione davanti al cancello per i detenuti che a loro si sono rivolti distribuendo, con il contributo della polizia penitenziaria un volantino con indicazioni utili dei servizi primari ed essenziali in città.

Si sono rivolte 25/30 persone per l’acquisto di biglietti ferroviari (1.000 euro), per l’accompagnamento in stazione quando il servizio pubblico era sospeso o al dormitorio comunale sia maschile che femminile (con disponibilità di 15 maschi e 5 femmine), telefonate ai familiari con schede telefoniche e dai propri telefoni cellulari.

Nei giorni successivi si sono rivolte all’associazione “La Fraternità” 8 persone che sono state seguite con maggior attenzione.

 

Comunità dei Giovani

La Comunità dei Giovani di Verona lavora in coordinamento con i servizi Sociali del comune e con i Dipartimenti per le Dipendenze della Provincia. A tale Comunità si sono rivolte 12 persone uscite dal carcere beneficiando dell’indulto (per la maggior parte tossicodipendenti, senza fissa dimora e residenti nella Provincia di Verona). Tali persone sono state ospitate presso gli asili notturni gestiti dalla Comunità e inseriti all’interno di progetti per il reinserimento socio-lavorativo.

 

Il Volontariato nel Veneto

Non ci sono dati precisi di tutte le province ma sono stati fatti interventi quali: volantinaggio di foglietti di primi soccorsi, passaggi auto, aiuti economici per trasporti pubblici, accompagnamento ai servizi, avvocati di strada, mense e alloggi temporanei.

 

La Conferenza Regionale Volontariato Giustizia del Veneto

Abbiamo ricevuto dal Responsabile della Conferenza Regionale Volontariato Giustizia del Veneto dott. Mazzi la seguente nota:

“La Conferenza Regionale Volontariato Giustizia del Veneto stigmatizza l’incapacità delle autorità regionali dell’Amministrazione penitenziaria e dei Servizi sociali, oltre che degli enti locali, di saper utilizzare, nei momenti cruciali di maggior necessità quale questo, risorse e reti di coordinamento, preposte e collaudate e da esse stesse promosse.

Tre esempi:

Il provveditore Bocchino, secondo il protocollo PRAP/volontariato Veneto, deve riunire, almeno due volte l’anno, il tavolo di lavoro con i direttori ed il volontariato.

L’ha convocato una sola volta rendendosi irreperibile.

Convocarlo in questa occasione sarebbe stato utile per tentare di governare l’accaduto con risposte adeguate…

L’assessore De Poli, da oltre un anno, ha sul tavolo proposte elaborate dalla Commissione interistituzionale Area penitenziaria di verifica del protocollo d’intesa Regione Veneto/DAP con indicazioni chiare sull’accoglienza dopo carcere.

Convocarla in questa occasione sarebbe stato utile per tentare di governare l’accaduto con risposte adeguate…

Il comune di Verona da oltre 2 anni ha promosso, con delibere ad hoc, diversi coordinamenti del progetto carcere/città .

Convocarli in questa occasione sarebbe stato utile per tentare di governare l’accaduto con risposte adeguate….

Certo che se ci fosse stata meno precipitazione nell’esecutività del provvedimento, maggior capacità previsionale degli enti locali e un periodo diverso dal 1° agosto ....

Per quanto riguarda il post indulto restiamo in attesa di essere convocati da quanti riceveranno gli aiuti governativi stanziati per quest’occasione ma ribadiamo che abbiamo da tempo sollecitato le istituzioni sulla progettualità e accoglienza post carcere socio abitativa e occupazionale. A livello regionale c’è una proposta ufficiale di sostegno e premio per le amministrazione che dispongono di alloggi e posti lavoro. A livello locale sono attivi coordinamenti carcere/città con progettualità sia nel campo lavorativo (borse lavoro) che di assistenza legale e sostegno psicologico, sociale, affettivo (affettività dentro e fuori le mura) e culturale (mediatori culturali).

Il nostro compito resta principalmente politico nella proposta continua, alle istituzioni preposte, di risposte ai bisogni delle persone e di collaborazione sia progettuale che pratico/gestionale alle iniziative concordate. Non siamo attrezzati per le emergenze ma stiamo offrendo disponibilità ed un po’ di esperienza di condivisione di sofferenze e difficoltà”.

 

Tipo di richieste più frequenti delle persone scarcerate

Le richieste che più frequentemente le persone uscite dal carcere beneficiando dell’indulto hanno posto a quanti sono, a diverso titolo, venuti in contatto con loro sono state:

di tipo logistico (vitto e alloggio);

inserimento lavorativo;

di tipo economico (denaro per i biglietti di autobus, treno, schede telefoniche…);

consulenze legali;

regolarizzazione dei documenti;

terapia farmacologica e/o sostitutiva (ai Dipartimenti per le Dipendenze).

Problematiche e/o particolari difficoltà generalmente incontrate

Le problematiche che sono state individuate dalle persone contattate per la raccolta delle informazioni riguardano:

la mancanza di risorse economiche;

la troppa precipitazione nell’esecutività del provvedimento;

la mancanza di capacità previsionale degli enti locali;

il periodo estivo (dal 1° agosto) e quindi la mancanza di risorse umane per la gestione dei problemi presentati.

 

 

Vibo Valentia: Conferenza Regionale Volontariato Giustizia

 

Nella Casa circondariale di Vibo Valentia hanno beneficiato dell’indulto 121 persone. Unico sostegno è stato offerto dai volontari. È stata messa a disposizione una Casa accoglienza ed è stata offerta la disponibilità ad accompagnarli alla stazione ferroviaria, fornendoli anche dei relativi biglietti di viaggio. Il resto è stato completamente latitante e sordo.

 

Antonio Morelli, presidente Conferenza Regionale Volontariato Giustizia Calabria

 

 

Vicenza: associazione Utopie Fattibili

 

Scarcerati effettivi circa 120. Saranno circa 190 in totale, che raggiungono il numero di 250 se compresi quanti in pena alternativa al momento del provvedimento (dati U.E.P.E)

È stata riunita la consulta per le problematiche penitenziarie con i vari componenti: direzione carcere, Area pedagogica, Area sicurezza, Caritas, associazione Ozanam, consiglieri comunali di maggioranza e minoranza e naturalmente associazione Utopie Fattibili. Il Comune ha messo a disposizione una somma di denaro per le persone bisognose, alloggi presso l’albergo Cittadino e assistenza tramite l’Assessorato delle Politiche sociali.

Per quanto ci riguarda abbiamo contattato tutti i Comuni della Provincia di Vicenza affinché mettano a disposizione posti di lavoro, ed il comune di Caldogno ha risposto con due opportunità lavorative che partiranno il 1° settembre tramite la cooperativa San Marco. Altri due detenuti sono stati assunti sempre da questa cooperativa tramite il nostro interessamento diretto.

Le domande sono le classiche: lavoro, alloggio… che cosa faccio ora?

La maggior difficoltà: mancanza totale di collaborazione da parte della Casa circondariale ed in specifico dall’Area pedagogica, priva di dati (quanti italiani, stranieri, tossico/alcooldipendenti, vicentini, autosufficienti, indigenti eccetera) per un reale reinserimento degli scarcerati.

 

Claudio stella, presidente dell’associazione di volontariato penitenziario Utopie Fattibili

 

 

Vigevano: Caritas

 

Al giorno 30 agosto le persone che risultano scarcerate con l’indulto sono 216, di cui 180 uomini e 36 donne, il 53 per cento della popolazione totale del carcere. A questi bisognerebbe aggiungere, penso, quelli che erano in misura alternativa o agli arresti.

Iniziative promosse dal volontariato e dagli enti locali per l’accoglienza: la Caritas, insieme al Comune, mette a disposizione per le urgenze 7 posti letto per gli uomini e 5 per le donne. L’accoglienza ha una durata limitata (5 giorni); per coloro che accettano (e hanno i requisiti) verrà proposto un percorso di reinserimento. Il Comune di Vigevano, per coloro che non hanno nessuna disponibilità economica, mette a disposizione dei buoni pasto (per residenti) e biglietti ferroviari tranne stranieri senza permesso di soggiorno. I posti forniti dalla Caritas sono stati rapidamente riempiti. Alcuni non hanno accettato percorsi progettuali vincolanti (con accoglienze più lunghe ma programmi vincolanti).

Per le donne straniere, provviste di permesso di soggiorno, l’associazione Oltremare in accordo con il Comune di Vigevano mette a disposizione 3 posti letto (per 5 giorni) in attesa di verificare futuri percorsi progettuali. Per coloro che erano già seguiti in carcere e reputati idonei al percorso la Caritas mette a disposizione la struttura di housing sociale “Il Cortile”.

Tipo di richieste più frequenti delle persone scarcerate: cibo, lavoro, casa (ogni utente con una  priorità diversa). In realtà mancano di supporti psico/educativi, tutoraggi lavorativi, relazioni significative eccetera.

Particolari difficoltà incontrate: gestione casi particolarmente problematici: invalidi, malati gravi, persone senza residenza, tossicodipendenti cronici. Tutto questo nella normalità veniva gestito, ma i numeri erano più bassi, adesso c’è stato un sovraccarico di utenti che richiedono una presa in carico globale. Gli stranieri irregolari non si sono visti, hanno troppa paura di ritornare in carcere!

 

Caritas diocesana di Vigevano

Rassegna stampa

 

Abruzzo

 

Pescara: alla Casa Circondariale una scuola oltre le sbarre

Il Messaggero, 30 agosto 2006

 

Un plauso per l’iniziativa di solidarietà degli studenti dell’istituto tecnico statale G. Manthonè di Pescara nei confronti dei detenuti della locale casa circondariale S. Donato. Il progetto portato avanti dall’istituto di pena con la scuola rappresenta un’esperienza da riproporre per far conoscere ai ragazzi come si vive dentro una cella. Come si superano le difficoltà per essere stati privati della libertà e cosa si attendono i detenuti dalle istituzioni una volta scontata la pena. Il reinserimento nella società civile è da sempre il passo più difficile da dover affrontare.

Perché il detenuto è guardato con sospetto, è discriminato, ghettizzato e difficilmente riesce a reinserirsi a pieno titolo nel tessuto sociale. L’iniziativa dal titolo Carcere e scuola oltre i cancelli ha raccolto unanimi consensi e ha rappresentato una nuova base per comunicare e far partecipi gli altri dell’esperienze vissute dietro le sbarre. I ragazzi hanno così scoperto, grazie alla consulenza di due uomini della Polizia penitenziaria, Valentino Di Bartolomeo e Pellegrino Gaeta, come si possono superare certe difficoltà . A iniziare dalla vita in cella.

I detenuti vengono suddivisi per etnie per permettere loro di mantenere usi e consuetudini che facilitano la già difficile convivenza forzata. A esempio ai detenuti Rom piace stare solo tra di loro, a quelli siciliani stare in solitudine, a quelli albanesi stare in gruppo. Nel carcere di Pescara c’è anche la possibilità di consumare abitualmente i pasti all’interno della propria cella e ciò anche sfruttando quella che viene definita scucitura; della legge che permette ai detenuti di consumare cibi precotti. Ma all’interno della struttura detentiva viene data notevole importanza anche al culto delle religioni e viene affrontato il tema dell’affettività.

E che l’esperienza di un giorno in cella sia stata straordinaria come ricchezza d’apprendimento lo dimostra quanto hanno scritto gli studenti partecipanti al progetto e culminata con la stesura di un opuscolo dove sono state raccolte le testimonianze del progetto didattico - sociale. Dai discorsi con i detenuti sono venute fuori non solo tematiche molto importanti, come l’etichetta che la società attribuisce agli ex detenuti, ma anche la differenza tra chi vuole davvero cambiare e chi invece si lascia andare poiché non ha più la forza interiore necessaria a superare le difficoltà che l’ambiente sociale pone nei loro confronti. Sì, quella di Pescara è una esperienza da ripetere, magari coinvolgendo più scuole per accelerare il percorso di reinserimento dei detenuti nella vita di tutti i giorni. Deve essere, però, brava la scuola a non far vivere più l’esperienza dell’isolamento a chi, per vari motivi, è finito dietro le sbarre.

 

 

Campania

Napoli: cappellano Secondigliano; assumete gli ex detenuti

 

Ansa, 5 settembre 2006

 

Imprese napoletane, assumete gli ex detenuti per dare un contributo alla lotta contro il crimine. È questo il senso di un appello che lancia il cappellano del carcere di Secondigliano, a Napoli. “Dobbiamo aiutare quanti vogliono uscire dai percorsi dell’illegalità e riprendere una vita onesta. Penso a quanti hanno lasciato il carcere negli ultimi mesi, anche grazie all’indulto, e che hanno difficoltà a trovare un’occupazione, anche quella più umile.

Per questo lancio un appello a imprenditori, rappresentanti di categoria, sindacalisti, politici ad aiutare gli ex detenuti” afferma don Raffaele Grimaldi, che rilancerà l’appello nel corso della visita che l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, effettuerà il prossimo 23 settembre nel

penitenziario napoletano. In queste ore il cappellano sta prendendo i primi contatti con il mondo dell’industria e delle piccole imprese: “Offrendo una possibilità di lavoro a questi ragazzi che hanno lasciato il carcere renderemo più difficile la vita alle organizzazioni criminali sempre pronte a reclutare nuove leve”.Intanto, va avanti un altro progetto, quello illustrato dallo stesso Arcivescovo

di Napoli, Crescenzio Sepe, nel corso della recente visita al carcere di Poggioreale, ovvero quello di creare in tempi brevi una casa di accoglienza per quanti - soprattutto immigrati, ex tossicodipendenti ed emarginati - che una volta fuori dal carcere non sanno dove andare. “La società esterna non può ignorare le sofferenze del carcere - dice ancora padre Grimaldi - e sono convinto che insieme si può fare qualcosa di davvero significativo”. Come iniziare? “Facendo in modo che tra carcere e mondo esterno oltre alle grate non ci sia anche il muro dell’indifferenza. Per questo, proprio in previsione della visita del cardinale Sepe al carcere di Scampia - spiega ancora don Raffaele - stiamo avviando una missione all’interno del carcere con i parroci del territorio. Una missione di una settimana, con l’istituzione di piccoli centri di ascolto all’interno di ogni sezione”.

 

Caserta: reinserimento, riunione dei sindaci in Prefettura

 

Il Mattino, 30 agosto 2006

 

Nuova riunione nella prefettura di Caserta per coordinare le diverse iniziative riguardanti gli interventi assistenziali, socio sanitari, volti a favorire il reinserimento sociale dei beneficiari del recente provvedimento di indulto. Vi hanno partecipato, tra gli altri, i rappresentanti dei comuni capofila degli ambiti territoriali previsti dalla legge. Nel corso dell’incontro - è spiegato in una nota della prefettura - è stato assicurato che tutti i comuni capofila sono pronti a far fronte, tra l’altro, ad eventuali situazioni di disagio sociale, di assistenza socio-sanitaria.

 

 

Emilia Romagna:

9 milioni di euro per i “soggetti svantaggiati”

 

Agi, 31 agosto 2006

 

La Giunta regionale dell’Emilia Romagna ha approvato il piano delle attività di formazione professionale da realizzare con il contributo della Regione e del Fondo sociale Europeo per il periodo 2006: 283 progetti finanziati per circa 30 milioni di euro. Tra le voci più rilevanti, con un impegno finanziario di quasi 9 milioni di euro, i 97 progetti per l’inserimento lavorativo e il reinserimento di gruppi svantaggiati, come persone con handicap fisici e mentali, detenuti, tossicodipendenti in fase di recupero ed immigrati. Significativo l’impegno per la promozione della partecipazione femminile al mercato del lavoro: nei prossimi mesi si avvieranno 59 attività rivolte alle donne con un impegno finanziario di quasi 6 milioni di euro. Dieci progetti sosterranno l’integrazione sociale e lavorativa delle donne che hanno subito violenza fisica, sessuale, psicologica e la formazione per operatrici e volontarie dei centri antiviolenza. Tra i più rilevanti ambiti di attività (94 progetti per un costo complessivo di quasi 11 milioni di euro) si registra lo sviluppo della formazione continua, della flessibilità del mercato del lavoro e della competitività delle imprese, con priorità alle piccole e medie aziende e ai distretti industriali. Da segnalare, infine, i 18 progetti per circa 2,3 milioni di euro relativi alla formazione permanente che anche quest’anno punta al rafforzamento delle politiche di sicurezza nelle strade, nei luoghi di lavoro oltre alla sicurezza alimentare e all’educazione alla salute.

 

Rimini: dal Meeting appello per recupero in carcere

 

Vita, 24 agosto 2006

 

L’indulto, un provvedimento necessario come gesto di umanità clemenza e carità, può diventare anche occasione di ricostruzione. Lo spunto dell’indulto cioè deve diventare trampolino di lancio per migliorare concretamente la situazione anche all’interno delle carceri altrimenti l’atto di clemenza rischia di ridursi a un intervento senza prospettiva.

Oggi l’80% delle persone che escono senza un percorso di rieducazione, di inserimento al lavoro, ritorna a delinquere e perciò ritorna in carcere. Bisogna considerare che un 1% di recidiva corrisponde a circa 50 milioni di euro ogni anno. Nei progetti basati sulla rieducazione e l’inserimento al lavoro invece questo valore scende sotto al 5%. Chiediamo a tutte le realtà sociali rilevanti nel nostra Paese di unirsi in questo impegno comune per il lavoro per le carceri.

Chiediamo alle autorità competenti un intervento straordinario in favore di chi opera per la rieducazione e l’inserimento al lavoro. Lo riteniamo un investimento fondamentale importante sotto il profilo umano (i detenuti sono figli di questa nostra società) sia sotto il profilo sociale per non ritrovare la realtà delle carceri italiane, di qui a breve, nelle stesse condizioni.

È questo il testo dell’appello per il recupero in carcere lanciato oggi dal Meeting di Rimini che ha avuto l’adesione del sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi e la firma di “Mario Mastella”, il ministro alla Giustizia che ha partecipato a un incontro dedicato proprio al tema “Il lavoro nelle carceri” ha dichiarato che come Clemente Mastella, titolare del dicastero non lo potrebbe fare. Piena adesione anche da parte del magistrato di sorveglianza di Padova, Giovanni Pavarin che con Mastella e Andreotti è stato protagonista dell’incontro che ha presentato l’esperienza della cooperativa Giotto di Padova del consorzio sociale Rebus che dal 1991 opera nel carcere padovano.

Questo appello si accompagna anche a una serie di proposte di emendamenti che stanno girando tra gli operatori del settore, il mondo dell’associazionismo e della cooperazione sociale legato al carcere e che riguardano la legge 381, la Smuraglia, la Bossi Fini e la questione dell’Iva.

 

Rimini: l’esempio di Padova apre uno squarcio di speranza

 

Giornale di Vicenza, 25 agosto 2006

 

“Ringrazio Dio per essere ancora un anno in mezzo a voi”. Dopo essere stato sepolto da un applauso scrosciante, Giulio Andreotti viene investito dalle risate del pubblico di Rimini. Perché il pubblico del Meeting di Cl è il suo pubblico, il pubblico di Giulio, l’inossidabile presidente.

Stavolta è qui per parlare di carceri e carcerati, insieme a un ministro che è anche un suo allievo, quel Clemente Mastella che, come ha rivelato il diretto interessato, all’indomani dell’incarico di Guardasigilli, telefonò proprio al senatore a vita: “Giulio, mi hanno fregato, mi hanno dato la Giustizia e io volevo le Attività Produttive. Non so niente di Giustizia”. Andreotti lo rassicurò: “Clemente, per caso sai qualcosa di bulloni? Ascolta me, prendi la Giustizia, che sarà il tema più importante della prossima legislatura”.

Detto, fatto. Ed eccoti servito l’indulto, che non è che fin qui abbia ricevuto una grande accoglienza tra i cittadini. Del resto, tra furbetti che escono di prigione e assassini a piede libero, è passata facilmente l’idea che sia stato un inciucio tra maggioranza e opposizione con esiti nefasti. E Mastella è ritenuto l’artefice massimo di questo provvedimento svuota-carceri.

Ieri al Meeting è stata data una lettura completamente diversa, sarebbe giusto dire opposta, della vicenda indulto. Merito soprattutto dell’esperienza portata avanti nel carcere di Padova, dove dal lontano 1991 è operativo un efficace progetto di lavoro riservato ai detenuti. Insieme ad Andreotti e a Mastella c’erano, sul tavolo dei relatori, anche Giovanni Pavarin, magistrato di sorveglianza del Tribunale di Padova, Graziano Debellini, presidente Tivigest, e Nicola Boscoletto, presidente della cooperativa Giotto, che coordina l’attività lavorativa dei carcerati.

Titolo del convegno, appunto, “Il lavoro nelle carceri”, ma le relazioni sono state precedute da un filmato che è servito a squarciare un velo di speranza dall’altra parte della barricata, tra coloro che finiscono sui giornali solo quando c’è posto nella cronaca nera. In sottofondo Bob Dylan canta “Hurricane”, famosa canzone dedicata a un pugile finito in carcere per errore, e intanto Marino, un detenuto, spiega che “grazie al lavoro lui ha trovato un motivo di speranza, anche se ha molti anni ancora da scontare”.

“Il modo più bello di celebrare il 60° della Costituzione - ricorda Andreotti - è stato quello di andare a Regina Coeli. Lì un carcerato mi ha fatto una domanda, in perfetto dialetto romanesco. Mi ha chiesto cosa noi fuori pensiamo di loro che stanno dentro. Gli ho risposto: “Forse qualcuno di voi è dentro per errore; in compenso ce ne sono fuori che stanno liberi per errore”. Bisogna ricordarselo”.

E adesso c’è l’indulto, un argomento complicato, scivoloso, difficile da trattare. Si sa che gli ultimi fatti di cronaca non lo hanno reso molto popolare, la gente non è convinta che sia buona cosa rilasciare i furbetti del quartierino o, ancora peggio, assassini. Eppure qui al Meeting bisogna connettersi con un altro ragionamento.

Lo comincia a fare Pavarin che, da magistrato di sorveglianza qual è, sa bene di cosa parla. “Io credo che il parlamento abbia fatto una scelta di grande civiltà - afferma - che consente di riportare la situazione delle carceri a livello fisiologico. Adesso abbiamo i numeri di 20 anni fa e si può ripensare a gestire i penitenziari in modo efficace e umano. Qualcuno dice che si sono liberati assassini, ma io credo che si stia esagerando. Fanno notizia solo i fatti di cronaca nera, ma i grandi numeri dicono che le cose stanno andando meglio. E poi, consentitemi, non si può tollerare che un Paese come l’Italia abbia celle che ospitano 14 detenuti con una turca in mezzo”.

C’è Mastella, sul palco, che in queste settimane si è preso le sue belle critiche per aver promosso questo indulto. E non può non essere d’accordo con Pavarelli. “Ma il vero padre di questo indulto è Andreotti - rivela - sì, perché è colpa sua se sono finito a fare il ministro di Giustizia. Io volevo le Attività Produttive e quando Prodi mi comunicò che sarei diventato Guardasigilli ho telefonato subito ad Andreotti. Guarda che è questo il tema più importante dei prossimi anni - tagliò corto. E così accettai”.

C’è l’esempio di Padova che fa ben sperare, per quanto riguarda le carceri. I numeri dicono che, a livello nazionale, tra tutti i detenuti che escono, l’80 per cento ritorna presto dietro le sbarre. A Padova, grazie al lavoro che dal ‘91 viene dato ai carcerati da imprese del calibro di Roncato e Morellato, soltanto il 5 per cento di chi esce viene rivisto in galera. “E se non bastasse la motivazione umana - dicono i responsabili della cooperativa - va ricordato che un punto percentuale di ogni recidiva (cioè di ogni detenuto che viene pizzicato a fare di nuovo lo stesso reato) costa allo stato 50 milioni di euro”.

 

 

Friuli Venezia Giulia

 

Udine: dopo-indulto; Comune accoglie sette ex detenuti

 

Il Gazzettino, 22 agosto 2006

 

Sette ex detenuti, tutti senzatetto e scarcerati grazie all’indulto, hanno trovato accoglienza nelle strutture comunali. Si tratta di persone che non hanno parenti disposti ad ospitarli, non hanno casa e non hanno la possibilità di trovare in tempi brevi una sistemazione. Nei giorni scorsi i Servizi sociali hanno comunicato alla Questura dove sono stati accolti. Per una parte sono stati messi a disposizione alcune stanze in una pensione cittadina e alcuni alloggi destinati ai progetti di protezione sociale.

A favore degli ex detenuti si sta mobilitando il consigliere provinciale dei Ds Ermilio Taverna, che ha chiesto al presidente Strassoldo e agli assessori Daniele Macorig e Adriano Piuzzi di convocare le Commissioni consiliari Politiche sociali e Attività produttive per esaminare la situazione. Secondo Taverna serve un coordinamento tra Enti, Comuni, Questura e associazioni imprenditoriali per aiutare chi è stato scarcerato con l’indulto a reinserirsi nella società. “Occorre dare a queste persone - osserva Taverna - una possibilità per dar sì che non tornino a commettere reati spinti dalla necessità”. Macorig e Piuzzi hanno già dato la loro disponibilità ad analizzare la situazione.

 

Pordenone: dopo l’indulto i detenuti tornano sui banchi

 

Il Gazzettino, 30 agosto 2006

 

Se uno dei disagi degli ex detenuti è quello di riuscire a reintegrarsi nella comunità da cui sono stati allontanati e dove spesso mancano legami familiari e impegni lavorativi, diventa sempre più urgente favorire dei processi guidati d’inserimento. Soprattutto a distanza di poche settimane dall’indulto concesso dal Governo, che ha consentito la liberazione di oltre una decina di detenuti anche a Pordenone. Con questo obiettivo l’ente di formazione Enaip, la Cooperativa sociale Oasi e l’Associazione San Vincenzo hanno organizzato a Cordenons per il prossimo autunno un corso di giardinaggio rivolto a carcerati ed ex carcerati della provincia ma non solo. Sono otto i posti messi a disposizione per imparare l’arte del pollice verde e saranno occupati da tre detenuti che hanno beneficiato dell’indulto e da altre cinque persone che stanno ancora scontando la propria pena.

Il corso ha appena ottenuto i finanziamenti regionali e con ogni probabilità partirà non prima di ottobre. Circa quattrocento ore di attività che si svolgeranno nella sede dell’Enaip di Cordenons per la parte teorica e alla Cooperativa Oasi di via Seduzza per la parte pratica che necessità di adeguate attrezzature per la pulizia e la cura del verde. Inoltre le lezioni, che termineranno intorno al mese di marzo, prevedevano anche una fase di avvio guidato al lavoro, circa 150 ore, durante le quali i partecipanti avranno la possibilità di fare pratica in vivai, serre o anche nelle strutture messe a disposizione dalla Cooperativa Oasi e dall’Associazione San Vincenzo.

“È la prima volta che progettiamo un corso di questo tipo ha spiegato il direttore dell’Enaip, Giovanni Ghiani, ma crediamo che sia a tutti gli effetti un’opportunità attraverso la quale i detenuti e gli ex detenuti potranno acquisire delle professionalità utili all’inserimento nella società”. L’iniziativa rientra nel più ampio progetto Ero carcerato, promosso dall’Associazione San Vincenzo in collaborazione con il Comune di Pordenone e con la Provincia. L’idea che da cui ha mosso i primi passi tale progetto è appunto quella di portare il carcere sempre più vicino alla comunità, affinché le distanze si riducano e le sbarre non generino una divisione fisica e soprattutto sociale. Ecco che le associazioni da sempre sensibili a tale questione si sono mobilitate per dare un segno concreto del loro impegno. Anche la cura del verde può diventare un’occasione di riscatto da cui far germogliare nuove possibilità di integrazione

 

 

Lazio

 

Per gli ex detenuti intervenga il governo

 

Il Messaggero, 5 settembre 2006

 

L’affollamento delle carceri scende sotto il limite di guardia, per la prima volta negli ultimi 15 anni. È uno dei primi effetti dell’indulto sulla popolazione penitenziaria secondo i dati, aggiornati a ieri, sulle scarcerazioni dovute all’applicazione del provvedimento di clemenza a Roma e nel Lazio.

L’indulto, in tutto il territorio regionale, ha permesso la scarcerazione di 2.325 detenuti, tra cui 807 immigrati. Solo a Roma, in particolare, le porte degli istituti di pena sono state aperte a 1.354 persone.

I detenuti nel Lazio sono oggi 3.770, a fronte di una capienza massima di 4.649 persone, mentre a Roma sono 2.188, su 2.703 posti previsti.Questi dati saranno discussi nella riunione di oggi tra gli assessori regionali alle Politiche sociali e il ministro della Solidarietà Paolo Ferrero. “Abbiamo bisogno di un po’ di ossigeno da parte del Governo, dopo le spese che abbiamo affrontato, in

una situazione d’emergenza, per un piano d’assistenza - dice Alessandra Mandarelli, assessore alle Politiche sociali della Regione Lazio -. Siamo intervenuti attingendo 500 mila euro al nostro fondo, già non particolarmente florido, perché era nostra responsabilità territoriale farlo. Ma ci auguriamo che il Governo ci sostenga, anche perché alcuni Comuni, come Roma, hanno già esaurito le risorse assegnate, e non si può sapere se serviranno altri soldi, e quanti, per favorire l’assistenza e il recupero degli ex detenuti”.

Fondi necessari anche per gli immigrati regolari, che non hanno decreti di espulsione pendenti.

Ma non si tratta dell’unico intervento previsto dalla Pisana. “Il prossimo passo sarà quello di rafforzare le strutture assistenziali nei penitenziari e un programma per il reinserimento sociale dei detenuti - spiega l’assessore regionale al Bilancio, Luigi Nieri - A breve, con l’apertura dell’ufficio per il microcredito, sarà possibile per gli ex-detenuti accedere a piccoli prestiti con tassi agevolati. È un modo per consentire loro di avviare normali progetti di vita, perché la diffidenza e la mancanza di garanzie economiche possono diventare un ostacolo insormontabile e senza progetti di questo tipo si rischia di alimentare il circolo vizioso criminalità-detenzione”.

Entro settembre la Regione ha in programma l’approvazione della legge sul carcere che prevede, tra l’altro, interventi in materia di sanità, lavoro, formazione. “Saremo la prima regione italiana ad avere una legge organica su questo tema - argomenta Nieri - I numeri oggi a seguito dell’indulto ci

consentono di intervenire in un sistema non più al collasso”. Dopo l’approvazione nello scorso agosto da parte delle commissioni competenti della proposta di legge, di cui l’assessore al Bilancio è primo firmatario, spetterà al consiglio regionale l’approvazione definitiva. “A tal fine nel bilancio di previsione 2006, sono stati stanziati due milioni di euro come copertura del futuro provvedimento legislativo”, chiosa Nieri. 

 

Giustizia: un manuale per difendersi dall’ignoranza sull’indulto

 

di Francesco Forgione (deputato Prc, membro Commissione Giustizia)

Liberazione, 16 agosto 2006

 

Un’orchestrata campagna di disinformazione sul merito della legge e forse un’incauta presentazione politica hanno contribuito a far vivere un’importante conquista come un volgare inciucio con la destra. È ancora necessario tornare a riflettere e ad informare sull’indulto. Girando per le feste di Liberazione, incrociando i tanti popoli della sinistra, tante sono le domande, i dubbi, le ostilità. Un’orchestrata campagna di disinformazione sul merito della legge e forse anche un’incauta presentazione politica del provvedimento - “scambio di prigionieri” - ha contribuito a far vivere in larghe fasce di opinione pubblica democratica e di sinistra una nostra conquista, frutto di anni di battaglia politica, come un volgare inciucio con la destra, se non, addirittura, come una capitolazione a corrotti e corruttori, furbetti, padroni omicidi e persino a politici mafiosi. Tutte falsità orchestrate da chi, comunque, era ostile a qualunque atto di clemenza che

intaccasse la condizione drammatica delle carceri: a destra, da chi ha lavorato in questi anni alla diffusione di una cultura “dell’ordine” intrisa di razzismo, paure, leggi del taglione, difesa del tabù della proprietà fino alla legittimazione del diritto d’uccidere; a sinistra, da quanti non hanno mai visto, negli anni di Berlusconi, un paese reale che non soffriva solo per i conflitti d’interesse irrisolti, per le leggi ad personam, per l’indignazione etica verso la degenerazione privatistica della politica, ma anche per gli effetti devastanti delle scelte liberiste, per l’impoverimento generale che ha spinto fino all’illegalità intere fasce di popolazione. Quando criticavamo un antiberlusconismo relegato nella sfera etica, incapace di incontrare domande e bisogni sociali in grado di prospettare un’alternativa di società, parlavamo esattamente di questo.

Il carcere è ormai lo specchio della condizione sociale più degradata del paese: non solo per i drammatici numeri della sua popolazione, oltre 60mila detenuti a fronte di una capienza di poco più di 40mila, ma per la sua composizione umana, sociale, etnica, anagrafica, aggravata, in questi anni, dalle leggi della destra - Bossi-Fini, droghe, ex Cirielli - che ne hanno fatto esplodere tutti gli argini di sopportabilità. Da questa condizione è partita la nostra iniziativa, e non da ora. Negli ultimi anni abbiamo lavorato con tutte le associazioni di volontariato dentro e fuori le carceri, abbiamo raccolto senza pregiudizi l’appello del Papa, abbiamo marciato il giorno di Natale con donne e uomini di tutti gli schieramenti politici, tra i quali l’attuale presidente della repubblica, Giorgio Napolitano. Ad inizio legislatura, abbiamo presentato un nostro disegno di legge di indulto ed amnistia, per molti versi simile a quelli di altri gruppi parlamentari. Avremmo voluto di più, tenere assieme indulto ed amnistia, anche in vista della riforma del codice penale e dell’intero sistema delle pene, che dovrà essere proposta al parlamento dalla Commissione guidata da Giuliano Pisapia. E avremmo voluto anche un provvedimento che chiudesse dal punto di vista penale la vicenda politica e sociale degli anni ‘70 e ‘80 e dei cosiddetti “anni di piombo”. Abbiamo verificato che l’unico obiettivo raggiungibile, anche per la maggioranza parlamentare richiesta, era l’indulto e per questo abbiamo lavorato spronati anche dagli appelli del presidente della Camera Fausto Bertinotti.

Quindi è un risultato anche nostro e un partito come Rifondazione comunista, come spesso ha fatto nella sua storia, credo debba avere il coraggio di valorizzare una scelta che può non interpretare il senso comune immediato e confliggere con le spinte e le culture regressive che lo determinano, ma che determina una chiave di lettura della società, del rapporto tra cambiamenti sociali e costruzioni istituzionali, tra libertà individuali, diritti collettivi e sicurezza sociale. Dobbiamo riappropriarci, politicamente e culturalmente, di una parola, garantismo, che, come altre - penso a riforme o riformismo - è stata snaturata e ha visto cambiare il segno della sua funzione che nella storia della sinistra e del movimento operaio è stata quella di tutela da ogni forma di sopruso e sovversivismo del potere.

Raccontiamo dunque questo indulto. Intanto, in quanto atto di clemenza che agisce sulla pena, la nostra Costituzione impone il carattere di generalità e nel corso degli anni (nella storia repubblicana gli indulti sono stati oltre trenta) la Corte costituzionale ha indicato come possibili solo esclusioni per reati che provocano grande allarme sociale. Rimangono quindi esclusi i reati di strage, terrorismo, violenza sessuale, pedofilia, sequestri di persona, tratta di persone e schiavitù, produzione e traffico di stupefacenti con relativo riciclaggio dei proventi, usura, mafia e tutti i reati aggravati dal favoreggiamento alla mafia. Mai un provvedimento di indulto ha avuto tante esclusioni, oltre al fatto che i suoi benefici decadono se chi ne usufruisce, nei cinque anni successivi, commette un reato che comporta una pena detentiva superiore a due anni di reclusione.

Guardiamo alcuni effetti reali, tra quei casi simbolo, volutamente amplificati e falsati. Non è un colpo di spugna. A differenza dell’amnistia, che cancella il reato, l’indulto approvato dal Parlamento condona tre anni a fine pena. Ma, proprio per questo, presuppone che un processo ci sia stato, una responsabilità penale sia stata accertata e una condanna sia stata inflitta. Per esempio, grande scalpore ha suscitato sulla stampa l’uscita dal carcere di un contadino calabrese che aveva assassinato la moglie (questa la notizia nei titoli), ma solo tra le pieghe degli articoli si scopriva che l’uomo aveva già scontato 19 dei 22 anni di carcere che gli erano stati inflitti.

Nessuna cancellazione dei reati finanziari e contro la pubblica amministrazione. In carcere per questa tipologia di reati ci stanno poco più di 60 persone, a fronte dei 12mila beneficiari dell’indulto. Ma non è questo il problema. Finanzieri, manager, grandi corruttori e corrotti, per esempio, a differenza di un migrante che spesso non capisce neanche i reati che gli contestano perché non conosce la lingua, non hanno certo il problema del gratuito patrocinio, anzi, dispongono di avvocati e legali in grado di reggere i processi e di evitare il carcere. Del resto, il caso simbolo, Cesare Previti, avendo superato i 70 anni, in virtù della legge, scontava la sua condanna agli arresti domiciliari nella sua casa romana, con permesso ad uscire per alcune ore al giorno. Ora, come tutti, avrà diritto a uno sconto di pena di tre anni e verrà affidato ai servizi sociali, dove ogni giorno dovrà svolgere il suo lavoro. Non gli è stato cancellato il reato e neanche la pena. Anzi, per Previti, come per tutte le tipologie di reati simili, non ci sarà alcuno sconto per le pene accessorie sia temporanee che permanenti, che riguardano, per esempio, l’interdizione dai pubblici uffici. Previti quindi non potrà mai più ritornare in Parlamento né svolgere la sua professione di avvocato.

L’indulto non cancella il risarcimento civile delle vittime, né mette a rischio la sua concessione. Anche su questo è stato creato un allarme che non corrisponde alla realtà. Lo ha spiegato molto bene a Liberazione un magistrato dall’indiscusso rigore professionale e sociale come Felice Casson (si pensi al processo per le morti operaie a Porto Marghera). Dalle vittime dell’amianto agli infortuni sul lavoro, non viene cancellato il risarcimento delle vittime e, guardando l’applicazione concreta delle pene, quasi mai per questi reati sono stati dati più di tre anni di reclusione. Per questo nessun padrone è mai andato in galera. Nessun regalo quindi. Semmai, il problema va affrontato in sede di riforma del codice penale, dove vanno ridefinite e inasprite le pene per questi reati e, soprattutto, rese efficaci. Lo stesso vale per le vittime del caso Parmalat, per il quale non solo il processo, vista la gravità dei reati, potrà portare a pene significative, sulle quali l’indulto inciderà solo in parte, ma tutte le vittime non vedranno intaccato il loro diritto al risarcimento.

Nessun mafioso uscirà dal carcere. Anche su questo la polemica è stata volgare e strumentale. L’indulto esclude il reato di 416bis, l’associazione mafiosa, e tutti i reati ad esso collegati. Mentre include il 416ter, voto di scambio, che è un articolo del codice inapplicato. Chi conosce e studia le cose di mafia sa che i voti non si scambiano con denaro (416ter) ma all’interno di un sistema di relazioni e di potere nel quale si controllano appalti, concessioni edilizie, piani regolatori, finanziamenti pubblici, assetti burocratici. Un magistrato come Antonio Ingroia, pubblico ministero al processo Dell’Utri, proprio relazionando su mafia e politica all’ultimo convegno di Magistratura Democratica ha parlato di “inefficienza della fattispecie di cui all’art. 416 ter che avrebbe dovuto sanzionare l’accordo politico-mafioso”. Non è un caso che in 15 anni sia stato applicato una sola volta, mentre da qualche tempo, proprio per aggredire il sistema delle collusioni esterne alla mafia (è il caso di molti politici siciliani e dello stesso processo che vede coinvolto il presidente della regione) si applica l’art. 7, cioè l’aggravante per favoreggiamento alla mafia, articolo escluso dall’indulto. È lo stesso articolo col quale vengono istruiti oltre il 70% dei processi per estorsione e pizzo che, così, assieme all’usura non beneficiano dell’indulto.

Come si vede, proprio analizzando le quattro tipologie sulle quali si è concentrata la campagna di disinformazione e lo scontro politico dentro e fuori il parlamento, la realtà è diversa. Non ci interessa fare polemiche al passato. Dalla “banda bassotti”, alla legge salva mafiosi, dal colpo di spugna all’indulto per i furbetti, ognuno, forza politica o commentatore, pronunciando queste affermazioni ha qualificato se stesso, il suo stile e il suo rigore morale anche nel dispiegare una legittima battaglia politica. Per quanto ci riguarda abbiamo lavorato solo per riportare il carcere, luogo di espiazione della pena ma anche di dolore sociale, allo spirito del dettato costituzionale, per misurare anche attraverso i suoi livelli di civiltà e la sua capacità di recupero sociale, la qualità più generale della civiltà giuridica e della democrazia del nostro paese.

Ma se ciò indica un discrimine e un orizzonte per ridefinire le culture e le identità politiche della sinistra nel suo rapporto con le libertà e con la società, facciamone anche un elemento centrale non solo della nostra iniziativa esterna, ma anche della nostra rifondazione politica e culturale.

 

La CNVG propone un Coordinamento nazionale

 

Redattore Sociale, 16 agosto 2006

 

La Conferenza nazionale volontariato giustizia (CNVG), attivamente coinvolta in tavoli ministeriali “frettolosamente e tardivamente convocati” (così sostiene l’organizzazione), sostiene la proposta di creare un coordinamento nazionale, composto da rappresentanti istituzionali centrali e periferici, Volontariato e Terzo Settore, per far fronte all’emergenza indulto.

Lunedì 7 agosto, la Cnvg ha partecipato a un incontro convocato dal Ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero con le parti sociali Cnca, Arci, Antigone, Federserd, Comunità Papa Giovanni XXIII, Seac, Gruppo Abele, Convol e altri.

“Molti i problemi finiti sul tavolo del Ministro nell’intento di sollecitare le istituzioni a farsi carico di problematiche complesse che il Volontariato ed il Terzo Settore stanno affrontando - afferma la Conferenza -, con uno sforzo che spesso viene vanificato da normative inadeguate o insufficienti, a cui si aggiunge il rallentamento stagionale se non la sospensione di certi servizi. Diversi i fronti su cu le parti chiedono d’intervenire e che interessano i Ministeri della Giustizia, degli Interni, della Salute, della Solidarietà Sociale”.

All’Amministrazione penitenziaria si chiede di agevolare l’opera dei volontari fornendo loro elenchi dei dimessi, con l’indicazione delle notizie essenziali riguardanti la loro condizione e i loro bisogni immediati“Gli Interni, attraverso le Prefetture, dovrebbero invece intervenire sui Servizi territoriali, per la presa in carico dei soggetti più bisognosi, valutando altresì la possibilità di concedere deroghe ai decreti di espulsione o comunque di procedere a rimpatri assistiti - continua la Cnvg -. Più complessa e lunga la revisione della attuale legge sull’immigrazione, che non lascia alcuno spazio al superamento di palesi incongruenze, come nel caso degli stranieri già

beneficiari di misure alternative alla detenzione e positivamente inseriti in attività lavorative, improvvisamente declassati a clandestini da espellere”. “Altro aspetto drammatico, che interessa la Sanità - continua - è quello delle migliaia di ex detenuti tossicodipendenti in trattamento, a cui si aggiungono i sieropositivi e coloro che hanno patologie psichiatriche. In molti casi l’interruzione improvvisa delle terapie può causare danni seri ed è quindi indispensabile che queste persone siano avviate ai Sert e alle strutture sanitarie locali, superando i limiti della non residenza, per una presa in carico urgente che la legge comunque garantisce in casi gravi, arrivando a sospendere i decreti di espulsione per gli stranieri. Le comunità di accoglienza devono inoltre poter contare sul sostegno economico del pagamento delle rette da parte dello stato.

Soprattutto in certe grandi città, dove più è presente e attiva la rete delle comunità di accoglienza, queste problematiche sono state affrontate sin dal primo momento, come si è potuto, ma resta il fatto che siamo in piena estate e i Sert, di cui si chiede il potenziamento, lavorano invece a ranghi e orari ridotti”.

Per la Cnvg, “urge approntare, da qui a uno - due mesi, azioni e interventi per l’integrazione sociale delle persone scarcerate, con il coinvolgimento di enti locali, del volontariato e del terzo settore. In base alla legge 328 del 2000, Regioni e Comuni hanno la responsabilità di programmazione e operativa rispetto a persone che presentano disagi o problemi di inserimento sociale. Per fronteggiare tuttavia la straordinarietà degli interventi, una fonte di finanziamento aggiuntiva può essere individuata nella Cassa delle ammende”.“Stanno anche emergendo problemi nei rapporti di lavoro di detenuti già in misura alternativa e dipendenti di cooperative sociali, a causa della cessazione delle agevolazioni fiscali - conclude -. Sarebbe inoltre necessario un congruo rifinanziamento della legge Smuraglia n.193 del 2000 che prevede sgravi fiscali e contributivi per le imprese che assumono persone ex detenute (per i 6 mesi successivi alla fine della pena)”.

A fronte di questa grave e complessa situazione, la Conferenza nazionale volontariato giustizia sostiene la proposta da più parti avanzata di creare un coordinamento nazionale, composto da rappresentanti istituzionali centrali e periferici, Volontariato e Terzo Settore, auspicando che d’ora in poi cessi la disastrosa abitudine di rincorrere le emergenze, almeno quando, come in questo

caso, sono facilmente prevedibili.

 

Metis; l'interinale, per reinserire disabili ed ex detenuti

 

Il Sole 24 Ore, 16 agosto 2006

 

Piermario Donadoni, a.d. di Metis, una delle principali agenzie di lavoro interinale, entra nel dibattito sui 15mila ex carcerati che sono usciti grazie al provvedimento di clemenza:

 

“Il ministro Mastella dice di volersi impegnare per il loro reinserimento? 

Siamo disponibili a fare la nostra parte”. Un discorso che si inserisce nel quadro più generale delle categorie deboli a cui

1’interinale guarda con interesse.Dalla riforma Treu nel 1997 ad oggi, il settore è stato un punto di riferimento soprattutto per lavoratori con un identikit preciso: giovani, diplomati e con poca esperienza alle spalle. Già negli ultimi anni, però, la percentuale di “over 40” è cresciuta dal 9% del 2000 al 14,5% del 2005.La nuova sfida è riuscire a inserire nel mercato del lavoro anche invalidi, detenuti e disabili. Per legge dovrebbero essere il 10% del personale delle aziende medio-grandi, ma

non succede quasi mai. Le categorie deboli oggi rappresentano solo 1’1% dei nostri contratti.

 

Non teme che invece le aziende rifiuteranno un’occupazione a questi lavoratori?

Noi siamo un acceleratore di opportunità. Un ragazzo che viene da noi trova lavoro in media in tre settimane, contro i tre mesi che impiegherebbe iniziando a mandare curricula da solo. Possiamo offrire la stessa possibilità anche a persone che appartengono a fasce deboli. Certo, all’inizio ci sarà un po’ di titubanza, ma siamo sicuri che quando arriveremo con la nostra proposta commerciale ben formulata, e la spiegheremo ai clienti, avremo una risposta positiva.

 

Anche ex detenuti e persone uscite dalla droga?

Occorre che le persone abbiano recuperato da un punto di vista psicofisico. Detto questo, anche gli ex detenuti o gli ex tossicodipendenti possono essere aiutati a ritornare al lavoro con contratti interinali. Le aziende sanno che saremo noi a risolvere ogni problema che dovesse presentarsi.

 

Qualche esperimento?

Come Metis abbiamo realizzato un call center di Telecom Italia nel carcere San Vittore a Milano e alcuni detenuti hanno continuato a lavorare anche una volta usciti di prigione. A San Patrignano abbiamo aperto un ufficio virtuale in cui aiutiamo gli ex tossicodipendenti che stanno per uscire. Per quanto riguarda i disabili, poi, c’è un caso significativo: una società aveva deciso di spostare la sua struttura e aveva fra i suoi dipendenti anche un ragazzo sordomuto. L’azienda è venuta da noi e si è impegnata a retribuirlo per un certo periodo in attesa che trovasse un nuovo impiego. Noi l’abbiamo assunto a tempo indeterminato e dopo alcune missioni presso i nostri clienti è stato confermato. Potremmo quasi essere un ammortizzatore sociale...

 

Il Governo non dovrebbe prevedere degli incentivi?

Più che di incentivi abbiamo bisogno che il Governo mantenga 1’attuale normativa sullo staff leasing che consente a noi di assumere lavoratori a tempo indeterminato per poi metterli a disposizione dei nostri clienti. Si tratta di una norma che una parte del centrosinistra vorrebbe rivedere.

 

Offrirete questo servizio a costo zero per l’erario?

Basterebbe fiscalizzare i costi d’inserimento per i primi due o tre anni.

 

Gli altri Paesi europei sono più avanti su questi temi?

Sì. In Francia esistono società private che gestiscono l’inserimento lavorativo delle fasce deboli. In Olanda sono gli stessi centri di lavoro interinale che hanno divisioni specializzate con questo scopo. Si tratta di un modello a cui guardiamo con favore. Da settembre inizieremo a discuterne con le altre agenzie per trovare, anche in Italia, il modo di favorire l’ingresso delle categorie deboli nel mercato del lavoro.

 

Dap; un piano straordinario per malati che escono

Ansa, 16 agosto 2006

 

Sono 115 i detenuti gravemente ammalati che grazie all’indulto stanno lasciando i centri clinici delle carceri italiane. Per loro il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) ha predisposto un piano di intervento straordinario affinché sia garantita loro piena accessibilità, tempestività e continuità delle cure necessarie. Con una circolare diramata in giornata dal responsabile della direzione generale dei detenuti e del trattamento del Dap, Sebastiano Ardita, sono stati allertati i provveditori perché avvenga un passaggio di consegne tra la sanità penitenziaria e i servizi sanitari regionali.

Su 207 con Hiv conclamato curati negli istituti penitenziari, per 62 si apriranno le porte delle carceri grazie all’indulto. Saranno trasferiti in ambulanza, a spese del Dap, negli ospedali più vicini. In 10 hanno già lasciato il carcere romano di Rebibbia e ora sono ricoverati allo Spallanzani.

Trasferimenti negli ospedali più vicini anche per 13 ex detenuti con Hiv fino ad oggi curati a Milano- Opera, 18 a Napoli - Secondigliano, 14 a Torino - Lorusso Cutugno, 10 a Genova - Marassi. Oltre a malati di Hiv conclamato, in ospedale andranno anche ex detenuti cardiopatici e con patologie oncologiche.

In totale, sino ad oggi, sono 14mila i detenuti che hanno beneficiato dell’indulto: entro Ferragosto si prevede che dalle carceri saranno usciti in circa 17mila, un numero superiore a quello stimato inizialmente in 15.500.

Il piano straordinario predisposto dal Dap per gli ammalati (non solo quelli ricoverati nei centri clinici delle carceri) considera come aree prioritarie di intervento tutte le forme di patologia cronica, in particolare la tossicodipendenza, le malattie psichiatriche, l’Hiv e la disabilità motoria. Ai provveditori regionali dell’amministrazione penitenziaria è stato raccomandato di assicurare ai detenuti in uscita dettagliate informazioni scritte (indirizzo, numero di telefono, e orari di apertura) sui servizi sanitari territoriali ai quali gli ex detenuti potranno rivolgersi a seconda della patologia che è stata loro diagnosticata. E ancora: i responsabili sanitari delle carceri dovranno preparare una relazione contenente le principali patologie riscontrate e le terapie praticate durante la detenzione; a chi beneficia dell’indulto - è scritto nella circolare - saranno garantiti i farmaci e qualsiasi altri presidio sanitario (comprese stampelle e tutori per la disabilità motoria) per assicurare la continuità terapeutica per il tempo necessario. I responsabili sanitari degli istituti penitenziari dovranno inoltre mettere nero su bianco elenchi suddivisi per patologie dei detenuti in uscita da inviare ai servizi sanitari territoriali che così predisporranno i necessari piani assistenziali.

Il Dap, sempre nella circolare firmata da Ardita, raccomanda infine il coinvolgimento delle associazioni di volontariato e del privato sociale perché sia data particolare importanza agli interventi sociosanitari a favore dei detenuti ai quali sono state condonate le pene.

 

Ministro Ferrero; 17 milioni per il reinserimento

 

Redattore Sociale, 5 settembre 2006

 

La cifra è emersa dall’affollata riunione di oggi al ministero della Solidarietà sociale, che gestirà 3 milioni (11 il Lavoro, 3 la Giustizia). Non ci sarà un unico coordinamento. Ferrero si impegna per la Finanziaria 2007.

Quasi 100 persone al capezzale dell’indulto. Tanti erano i presenti questa mattina, presso il ministero della Solidarietà sociale, al “tavolo per il reinserimento sociale degli ex-detenuti” che si riuniva per la seconda volta dopo la nascita ai primi di agosto, qualche giorno dopo il provvedimento di clemenza. Quasi 100 persone in rappresentanza di associazioni di volontariato,

enti locali e ministeri, tutte in vario modo interessate ai 17 milioni che il governo è riuscito a mettere insieme sul 2006 per far fronte alle varie emergenze createsi con l’uscita dal carcere in poche settimane di un numero di persone pari a quelle che escono durante un intero anno (oltre 18 mila, più 5 mila che erano già a misure alternative).

La somma di 17 milioni si è saputa con esattezza, appunto, questa mattina, sommando tre capitoli: il denaro del ministero del Lavoro (circa 11 milioni) già annunciato in agosto, per circa 2.000 tra borse lavoro e tirocini professionali; 3 milioni del ministero della Giustizia, provenienti dalla “Cassa ammende”, destinati ugualmente al reinserimento lavorativo ma gestiti dai Provveditorati regionali per l’amministrazione penitenziaria (Prap); e 3 milioni del ministero della Solidarietà sociale, originariamente destinati a far funzionare il soppresso Dipartimento nazionale antidroga e che ora finanzieranno progetti legati a carcere e tossicodipendenze.

L’impegno finale assunto dopo quasi 4 ore di riunione - dove si sono succeduti anche molti racconti degli enti locali sulle varie risposte messe in piedi sui territori - è che il bando per l’utilizzo del denaro sarà pronto al più presto. Stiamo parlando, però, del bando relativo ai soli 3 milioni della Solidarietà sociale, dato che gli altri due ministeri si sono già mossi per proprio conto.

Il Lavoro attraverso i propri uffici e coinvolgendo in particolare le cooperative sociali di Federsolidarietà, Cnca e Legacoop. La Giustizia attraverso un bando emesso dai Prap e al quale si doveva rispondere entro il 31 agosto.

Non è stato infatti raggiunto, per ora, l’ambizioso obiettivo che il ministro Ferrero si era posto, cioè di coordinare non solo l’impostazione delle azioni per il reinserimento sociale, ma anche i fondi a esse destinati. Non sono bastati in proposito gli appelli alla “concertazione” fatti dai rappresentanti

di varie associazioni presenti (dal Cnca in particolare), per omogeneizzare i territori, unificare le pratiche e soprattutto evitare che il denaro si trasformi in erogazioni a pioggia utili alle cooperative che ai detenuti da reinserire.

Ma il titolare della Solidarietà sociale porta forse a casa risultati di più lunga scadenza. Nel comunicato emesso oggi pomeriggio, ha sottolineato come “una politica di reinserimento degli ex detenuti nel nostro paese non è mai stata strutturata”, ribadendo la convinzione che “da questa emergenza positiva potrà scaturire un metodo di lavoro che metta insieme, in forme collegiali e

partecipate, le istituzioni e le reti sociali presenti sul territorio”.

Ferrero è infatti riuscito a far diventare il reinserimento sociale degli ex-detenuti una delle priorità dell’intervento sociale per il Governo. Ciò potrebbe permettergli (e su questo il ministro si è sbilanciato tirando le conclusioni dell’incontro) di riuscire a far mettere nella prossima Finanziaria

un fondo più consistente destinato alla materia per il 2007. Infine, dal punto di vista operativo, il ministero di via Fornovo continuerà a essere la sede permanente di questo tavolo, che è stato già riconvocato per i giorni immediatamente successivi all’uscita del bando. Su questo la proposta di Ferrero non ha registrato per ora contrarietà tra i funzionari degli altri ministeri presenti, anche se significativa è stata la risposta della Giustizia, che ha annunciato la riattivazione della Commissione nazionale tra volontariato, enti locali e ministero da tempo istituita, ma mai riunita nella scorsa legislatura dall’ex ministro Castelli

 

Accoglienza per 109 persone uscite dal carcere

 

Asca, 6 settembre 2006

 

Sono state 109 le persone uscite dai carceri romani in seguito all’indulto alle quali il Comune di Roma ha dato accoglienza nei propri Centri, a seguito del “Piano Indulto” attivato lo scorso 1° agosto dagli Assessorati capitolini alle Politiche sociali ed alle Politiche per il Lavoro e dall’ufficio del Garante per i detenuti del comune.

Il Piano prevede una serie di misure volte a sostenere le persone più fragili al momento dell’uscita dal carcere, offrendo loro - oltre alla accoglienza per coloro che si trovassero senza l’immediata possibilità di un alloggio - sostegno concreto, e attività di orientamento.

Inoltre alle persone in difficoltà è stato distribuito il “Kit delle 48 ore”, una raccolta di strumenti utili ad affrontare i primi giorni fuori dal carcere.

Il “kit” contenuto in uno zainetto, contiene infatti fra l’altro buoni pasto, biglietti dell’autobus, kit igienico, mappa della città, indicazione sui numeri telefonici per l’assistenza, sui centri di accoglienza e sulle mense.

I kit delle 48 ore distribuiti nel primo mese (1-31 agosto) sono stati 604. Molto intensa è stata l’attività di assistenza ed orientamento da parte del P.I.D., il Pronto intervento detenuti del Comune di Roma. Al 31 agosto, infatti, le persone “prese in carico” nell’ambito del “Piano Indulto” erano 822 (su un totale di 1.374 persone uscite dagli istituti di pena della città dall’avvio dell’indulto).

 

 

Liguria

Genova; kit di sopravvivenza per gli scarcerati

 

Redattore Sociale, 16 agosto 2006

 

Dovrebbero essere circa 300 i detenuti delle carceri genovesi che, nel corso del 2006, beneficeranno dell’indulto. La Giunta provinciale, su proposta dall’assessore Giulio Torti, ha approvato questa mattina l’ipotesi progettuale che vede, in concorso con il Comune di Genova, una serie di iniziative atte a sostenere le persone che saranno o sono state scarcerate sia nel primo reinserimento sia in una seconda fase di medio periodo.

La Provincia di Genova acquisterà 300 buoni pasto, del valore di 10 euro l’uno, per coprire il fabbisogno di 100 persone per 3 giorni. Nel contempo fornirà anche 1000 biglietti giornalieri dell’Amt o della Atp, le due aziende comunale e provinciale di trasporto urbano. Nel complesso il kit per ovviare alla prima emergenza comprende anche buoni doccia, foglio informativo sull’accesso ai servizi di prima accoglienza e l’aggiunta di 150 posti letto al normale sevizio offerto dal Massoero. Altri interventi mirati riguardano donne, giovani madri con bambini e tossicodipendenti. Quanto alla seconda fase del progetto, Provincia e Comune con Sert e sportello unico delle carceri, hanno elaborato percorsi di avviamento a lavoro e attivazione sociale.

 

 

Lombardia

Milano: Anci; progetto borse-lavoro per gli ex detenuti

 

Ansa, 29 agosto 2006

 

La sezione lombarda dell’Anci, l’Associazione nazionale comuni italiani, ha aderito al progetto del Provveditorato amministrazione penitenziaria di Milano, che prevede la realizzazione di borse lavoro per i dimessi dal carcere a seguito del provvedimento di indulto. Si tratta del primo atto concreto, spiega in una nota l’Anci Lombardia, dopo che nei giorni scorsi le questioni relative all’indulto erano state al centro di alcune riunioni dell’associazione, alla presenza degli assessori alle Politiche sociali dei capoluoghi di provincia lombardi e dei rappresentanti della Regione Lombardia, del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e del Centro di giustizia minorile.

“Per quanto riguarda le borse lavoro - sottolinea Lorenzo Guerini, presidente di Anci Lombardia - le singole amministrazioni comunali concorderanno con i locali uffici dell’Esecuzione penale esterna le modalità di collaborazione ed il coinvolgimento delle rete dei servizi e delle risorse per l’inserimento lavorativo attive nei rispettivi territori”. Secondo Guerini, dunque, “si sta dando piena attuazione all’invito che il ministro Clemente Mastella ha rivolto al presidente dell’Anci Dominici, sottolineando l’importanza di un lavoro comune fra tutte le istituzioni presenti sul territorio”

 

 

Busto Arsizio: Casa Onesimo, accoglienza dopo il carcere

 

Varese News, 22 agosto 2006

 

Hector ha regalato a Casa Onesimo e alla Vol.Gi.Ter. (Volontariato, Giustizia e Territorio) una piccola miniatura di un violino scolpita in legno mentre languiva in cella, ma soprattutto ha affrescato la parete frontale della struttura di via Lega Lombarda con l’immagine di sant’Onesimo.

Hector, argentino, è uno degli ex detenuti liberati dal carcere di Busto Arsizio per effetto del recente indulto votato dal Parlamento. Una ventina di essi, tutti stranieri (su un totale di 93 detenuti liberati, di cui 44 stranieri), sono passati per Casa Onesimo, la struttura di via Lega Lombarda gestita dall’associazione Vol.Gi.Ter, che si occupa proprio di aiutare il reinserimento dei detenuti nel momento più difficile, quello dell’uscita dal carcere.

Onesimo era uno schiavo fuggito dal suo padrone e divenuto seguace di San Paolo quando questi era in carcere a Roma. Paolo a sua volta riaffidò Onesimo al padrone, un cristiano di nome Filemone, pregandolo di accoglierlo da fratello in Cristo, e non più da schiavo: e così fu, narrano le cronache. Da questo episodio prende nome la casa per l’accoglienza agli ex detenuti, aperta nel 2005 grazie ad un contributo della Regione.

Una vera multinazionale quella ospitata presso Casa Onesimo, con una netta prevalenza di latinoamericani: vi erano anche un brasiliano, due guatemaltechi, un altro venezuelano, un boliviano... Solo Hector è rimasto: partirà il giorno 25. Tutti gli altri sono già tornati a casa, verso un futuro incerto, dopo una lunga permanenza in carcere.

L’indulto poteva creare seri problemi, ma è stato affrontato bene grazie alla collaborazione Comune-Vol.Gi.Ter. Essa avrà un ruolo centrale anche nella relazione che, su richiesta del presidente della Commissione consiliare servizi sociali Enrico Salomi, sarà esposta ai commissari entro la prima metà di settembre.

“Posso anticipare” spiega Salomi “che gli effetti dell’indulto non sembrano essere stati di grande impatto, grazie anche alla sinergia fra il Comune ed il volontariato. Certo il momento non era forse quello più adatto per un’amnistia, in pieno agosto, con il personale dei Comuni ridotto per le ferie e gli aeroporti già intasati - ma alla Vol.Gi.Ter si sono dati da fare subito, va detto, e c’è chi ha rinunciato a settimane di vacanza per restare a dare una mano”.

Non è stato semplice raccogliere in tempi ristretti i fondi necessari per i biglietti aerei destinati al rimpatrio - obbligato - degli ex detenuti: ma con la generosità di alcuni donatori, e una cena di finanziamento, si è fatto anche questo. Liberati fra l’1 ed il 3 agosto, gli ospiti di Casa Onesimo sono partiti fra il 10 ed il 18. Alcuni avevano da parte qualche soldino raggranellato lavorando dietro le sbarre, ed hanno potuto pagarsi il biglietto di ritorno; uno, un giovanissimo venezuelano, ha ricevuto un po’ di denaro dai familiari. Gli italiani, invece, potevano in genere contare sulle famiglie d’origine, e nessuno di quelli liberati di recente ha avuto bisogno dell’aiuto dell’associazione.

Non tutti gli ex detenuti sono stati espulsi: un kossovaro aveva la famiglia in Germania, dove è tornato in pullman, mentre un ex boscaiolo lituano, cittadino comunitario, e quindi non passibile di espulsione, se ne è tornato comunque in patria. Comune agli ex detenuti passati per Casa Onesimo era invece l’accusa che li ha portati in cella: erano corrieri della droga, liberati solo in quanto avevano introdotto quantitativi non ingenti. Tutti erano finiti direttamente da Malpensa in carcere; l’italiano la gran parte di loro l’ha imparato in prigione, e tutto ciò che hanno visto dell’Italia sono state le quattro mura di una cella sovraffollata. Un paio di loro, nigeriani, si sono volatilizzati prima del rimpatrio. “Vi sono situazioni particolari in questi casi, a volte i corrieri che non sono riusciti ad effettuare la consegna rischiano la vendetta dei trafficanti, convintisi che abbiano fatto sparire lo stupefacente per propri fini” spiega senza troppe perifrasi l’assessore ai servizi sociali Luigi Chierichetti. “Ho avuto modo di parlare con uno dei due ragazzi nigeriani poi fuggiti, e mi diceva che lui in Nigeria non poteva assolutamente tornare: era molto spaventato, e forse temeva una cosa del genere”.

“Alla fine è la miseria quotidiana che ha spinto questi uomini a tentare il colpaccio come corrieri della droga” argomenta Marco Pozzi, presidente di Vol.Gi.Ter: “c’è anche chi in patria aveva lasciato moglie, sei figli e una madre malata”. Il “colpaccio” in media è costato ad ognuno di loro due anni e mezzo di galera, pena che finora ha mostrato un effetto dissuasivo nullo, vista la quantità di “colleghi” che vengono regolarmente “pescati” alla Malpensa da doganieri e Guardia di Finanza, nonostante i trucchi più diabolicamente astuti per nascondere la droga. A dispetto dei continui arresti e degli imponenti sequestri di stupefacenti - soprattutto cocaina - i trafficanti insistono, segno che la tratta resta lucrosa e che per ogni corriere che cade nella fitta rete dei controlli, altri riescono a passare

 

 

Marche

Spoleto: queste le misure adottate “per l’emergenza indulto”

 

Spoleto on-line, 18 agosto 2006

 

L’applicazione del provvedimento di indulto recentemente approvato dal parlamento ha coinvolto, vista la tipologia dell’istituto penitenziario spoletino (Casa di Reclusione), un esiguo numero di detenuti, per la maggior parte rientrati nel proprio comune di residenza o paese di origine.“Il Comune di Spoleto” spiega l’assessore alle Politiche Sociali Manuela Albertella “per il tramite della Direzione Coesione Sociale e Salute, in stretto raccordo con la Direzione penitenziaria e l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Spoleto (Ministero della Giustizia), ha programmato, per quei detenuti insediati nel territorio di Spoleto e che hanno beneficiato del provvedimento di indulto, una serie di misure di primo intervento e di reinserimento sociale e lavorativo.

In particolare il Comune, anche avvalendosi delle risorse integrative messe a disposizione per lo scopo dalla Regione dell’Umbria, si avvale, per tali programmi di intervento, dei servizi già operativi sul territorio a favore dei detenuti ed ex detenuti, ovvero: gli sportelli di informazione, consulenza ed orientamento sia interni che esterni al carcere (quello esterno è situato in via

della concordia - tel. 0743.225177) che offrono, nell’ambito del progetto PID (Primo Intervento Detenuti) informazioni e supporto utili nei diversi ambiti (istruzione, formazione, lavoro, previdenza, salute, pratiche burocratiche di vario genere, ecc.).

Il PID prevede inoltre il funzionamento di una struttura di accoglienza per i familiari in visita e i detenuti in permesso premio; il S.A.L. (Servizio di Accompagnamento al Lavoro) che in collaborazione con il Centro per l’impiego della Provincia sviluppa programmi individualizzati finalizzati all’inserimento lavorativo; infine gli interventi di assistenza per la fase post-penitenziaria

di sostegno economico e di aiuto nella ricerca di una sistemazione abitativa adeguata (intermediazione abitativa).” “La rete di intervento costruita in questi anni a favore della popolazione carceraria” continua l’Albertella “vede il coinvolgimento attivo dei diversi soggetti del terzo settore, del volontariato e del privato sociale, del mondo produttivo e imprenditoriale direttamente impegnati nei progetti e nei programmi di intervento, in campo assistenziale, formativo e lavorativo, realizzati sia all’esterno che all’interno della struttura carceraria la quale è dotata, tra gli altri, di funzionali laboratori nei settori della falegnameria, della stampa e grafica, della sartoria. All’interno del carcere di Maiano operano ormai da diversi anni con notevoli risultati il Centro Permanete Territoriale di educazione degli adulti, facente capo alla Direzione della Scuola Media Pianciani-Manzoni e l’Istituto Statale D’Arte di Spoleto “L. Leoncilli”.

 

 

Macerata: apicoltura per la rieducazione dei detenuti

 

Corriere Adriatico, 23 agosto 2006

 

Carcere come rieducazione e quindi il lavoro come strumento principe per riaprire le porte della società ai detenuti. Quello che è un obbligo legislativo, di difficile realizzazione per evidenti problemi logistici e di spazi idonei al lavoro interno alle carceri, ha trovato concreta realizzazione nell’esperienza svolta a Macerata Feltria. Per volere del provveditore Raffaele Iannace e con il concorso di tutti gli addetti dell’amministrazione penitenziaria dal 2003 tra i boschi del Montefeltro si è realizzata la fattoria agricola occupando gran parte dei 15 detenuti della casa mandamentale.

Si è partiti con 15 arnie e lo svolgimento di un corso di preparazione finanziato dal Fai e, sotto la guida dell’agronomo Sandro Marozzi e la supervisione della direttrice del carcere di Pesaro Maria Benassi, il lavoro di apicoltura si è intensificato fino a divenire una attività con margini di utile. Sono i detenuti stessi a partecipare a mercatini dove vendono i barattoli di miele selezionato e di qualità.

Di questa esperienza se ne parlerà all’interno della manifestazione Apimarche 2006, a Montelupone dove da venerdì a domenica produttori, esperti e semplici visitatori si incontreranno nello splendido borgo medioevale animato da spettacoli e rievocazioni storiche. Uno stand della mostra mercato sarà infatti dedicato all’esperienza di Macerata Feltria, tuttora unica nelle Marche, come ha detto Daniela Grilli, Responsabile formazione dell’amministrazione penitenziaria delle Marche. “Siamo molto contenti dei risultati ottenuti, alcuni di coloro che hanno svolto questa attività sono stati assunti da cooperative esterne, abbiamo avuto commesse da enti pubblici e privati, oggi abbiamo 27 arnie e dall’apicoltura abbiamo allargato l’attività alla floro-vivaistica. Grazie all’indulto un quarto dei detenuti delle Marche sono in libertà, e paradossalmente siamo rimasti senza addetti, infatti il progetto interessa proprio quelli che sono più vicini alla scadenza della pena detentiva e quindi pronti al reinserimento. Ora aspettiamo nuove assegnazioni per proseguire. Intanto stiamo lavorando per un’altra sperimentazione presso la sede di Barcaglione ad Ancona”.

 

 

Toscana

Rafforzata assistenza al disagio psichico dei detenuti

 

Redattore Sociale, 16 agosto 2006

 

Se grazie all’indulto una parte di detenuti sono usciti dal carcere, per i tanti rimasti la situazione resta ai limiti della vivibilità: sovraffollamento, precarie condizioni igieniche, malattie. E disagio psichico diffuso, che si manifesta con atti di autolesionismo, tentati suicidi, suicidi riusciti.

Per questo, per il secondo anno consecutivo, la Regione ha finanziato con 90.000 euro il progetto Retintegrare, gestito dalla Fondazione Michelucci, per dotare gli istituti penitenziari più a rischio dal punto di vista del benessere psichico di un incremento di assistenza psicologica: più psicologi esperti nell’assistenza ai detenuti in crisi, e un maggior numero di ore a disposizione.

Retintegrare era già partito in via sperimentale nel 2005, con un finanziamento della Regione alla Fondazione Michelucci di 70.000 euro. Valutato positivamente il primo anno di sperimentazione, è stato deciso di ripetere l’iniziativa anche per il 2006. Forse è anche grazie a interventi di questo tipo che, nei dieci istituti più a rischio (Sollicciano, Livorno, Pisa, Lucca, Pistoia, Montelupo, Prato, Porto Azzurro, San Gimignano, Arezzo) i suicidi si sono ridotti: da 5 nel

2004 a 2 nel 2005.

“Questo progetto - chiarisce l’assessore al diritto alla salute, Enrico Rossi - si concentra su quella particolare condizione di disagio psichico causata proprio dalla detenzione, e vuole dare una risposta efficace che consenta di evitare i danni estremi di una gestione ottusa del carcere. Per troppo tempo le carceri sono state considerate terra di nessuno, senza regole né diritti. Come Regione stiamo assumendo una serie di iniziative per garantire ai detenuti le stesse opportunità e prestazioni sanitarie garantite ai cittadini liberi.

Retintegrare va in questa direzione. Un migliore benessere psichico non può che comportare un miglioramento della qualità della vita dei detenuti e una maggiore facilità di gestione anche dal punto di vista della custodia”.

Dal 2000, quando le competenze dell’assistenza sanitaria ai detenuti sono state trasferite dal ministero di giustizia al servizio sanitario nazionale (e la Toscana è stata inserita fra le tre Regioni in grado di realizzare il trasferimento in via sperimentale), la Regione, in collaborazione con il Prap

(Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria), ha messo in atto una serie di iniziative per la prevenzione e la tutela della salute dei detenuti: dagli interventi di sorveglianza sulle malattie infettive, all’avvio di programmi per le vaccinazioni; dal miglioramento delle attività di assistenza e prevenzione nei servizi penitenziari minorili, all’assistenza farmaceutica ai detenuti; dall’inserimento nel Piano Sanitario Regionale di una specifica azione volta a promuovere la salute all’interno delle carceri toscane, alla redazione di un testo di legge regionale sull’assistenza sanitaria in carcere. Tra le principali patologie di cui risultano soffrire i detenuti, è risultato che molte

sono legate, appunto, alla sfera psichica: da qui la decisione di integrare e rafforzare l’assistenza psicologica.

 

Siena; servono misure straordinarie per i beneficiari

 

Redattore Sociale, 16 agosto 2006

 

Arriva dalla Provincia di Siena un segnale importante in Toscana per fronteggiare la situazione provocata dal provvedimento di indulto, che secondo i dati diffusi dal Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria ha restituito la libertà a circa 800 detenuti. L’assessore alla sicurezza sociale, nonché vicepresidente, della Provincia di Siena Alessandro Pinciani, con l’appoggio del presidente Fabio Ceccherini, hanno scritto al presidente della Regione Claudio Martini e al vicepresidente Federico Gelli lanciando un’iniziativa: destinare le risorse regionali - a disposizione delle dieci province - dedicate alle politiche per la sicurezza urbana a misure straordinarie e urgenti a seguito dell’indulto, con l’obiettivo di attivare una rete tra gli enti locali e i vari soggetti coinvolti sul territorio, e avviare progetti di reinserimento sociale dei detenuti beneficiari del provvedimento. “L’indulto ha creato una situazione di emergenza straordinaria - sottolinea l’assessore Pinciani -, abbiamo pensato di far fronte mettendo intanto a disposizione le risorse che ci sono state assegnate per le politiche di sicurezza urbana”.

Si tratta del Fondo regionale deliberato dalla Giunta il 5 giugno scorso e che si compone di 200mila euro, 20mila per ciascuna delle dieci province. La Giunta ha in questo modo previsto di finanziare protocolli d’intesa con le province toscane che partecipino alle attività di promozione delle politiche per la sicurezza. “Abbiamo scritto alla Regione - continua - dicendo che vogliamo mettere a disposizione la nostra parte del Fondo, per attivare o migliorare una vera e propria rete di servizi di prima accoglienza e di indirizzi a percorsi di recupero sociale”. Le possibilità di impiego delle risorse sono molteplici, “si potrebbero attivare collaborazioni con le associazioni, i Sert attivi sul

territorio - precisa Pinciani - utilizzarle per progetti di reintegro. Sarebbe in ogni caso importante attivare un tavolo di concertazione che coinvolga la Regione e soprattutto le altre province, sperando che vogliano contribuire alle iniziative e devolvere la loro parte del Fondo”. Segnali positivi in questo senso stanno arrivando dalle Province di Grosseto e Firenze, con cui la Provincia di Siena ha preso i primi contatti, mentre entro la fine del mese è attesa una risposta da parte della Regione

 

Prato: uno sportello informativo per i detenuti scarcerati

 

Ansa, 16 agosto 2006

 

L’ufficio sarà attivo dal lunedì al sabato dalle ore 9.00 alle 12.00, presso la sede dell’associazione Barnaba, in via Montalese 422. È stato deciso nel corso di una riunione alla presenza degli operatori del settore, presso l’assessorato ai servizi sociali del comune. Questa la risposta per gestire la fase più immediata, una volta che il carcere della Dogaia si è aperto per coloro che hanno beneficiato del provvedimento di clemenza. Sono 96 i detenuti rimessi in libertà nei primi due giorni, circa 40 di questi sono domiciliati a Prato.Le strutture sociali delle istituzioni locali e della Asl, nonché le associazioni del volontariato, sono state allertate da subito e per i detenuti liberati, che ne hanno bisogno o lo richiedono, funzionano già la mensa e l’asilo notturno dell’associazione La Pira. Anche l’assessorato alla multiculturalità del comune giovedì 10 e giovedì 17 agosto metterà a disposizione i propri uffici per i detenuti stranieri che hanno goduto dell’indulto. Per venerdì della prossima settimana, inoltre, sarà convocato un nuovo summit con le associazioni del volontariato, per fare un punto sulla situazione e per verificare quanti si siano rivolti al punto di ascolto dell’associazione Barnaba, che avrà il compito, in base alle esigenze che si manifestano, di attivare la rete sociale di istituzioni, Asl e volontariato.

 

 

Veneto

Padova: Ristretti Orizzonti; l’indulto visto da chi è rimasto in carcere

 

L’Eco di Bergamo, 24 agosto 2006

 

Ornella Favero è il direttore responsabile del periodico “Ristretti orizzonti” curato e realizzato dai detenuti del carcere “Due Palazzi” di Padova e dalle detenute del carcere della Giudecca a Venezia. Dal 1997 ad oggi sono stati pubblicati oltre cinquanta numeri della rivista che, anche attraverso il sito Internet ad essa collegato www.ristretti.it, è diventata un punto di riferimento per tutti gli operatori del settore: direttori di carcere, agenti di polizia, volontari, detenuti ed ex detenuti che nelle sue pagine trovano approfondimenti, novità legislative e dibattiti relativi proprio alla realtà carceraria italiana. La direzione di questo giornale, diffuso in duemila copie in tutta Italia e per il quale lavorano circa trenta carcerati, fornisce alla Favero un punto di vista privilegiato per osservare le aspettative e le speranze dei detenuti, alla luce anche del recente indulto, e per analizzare, e spesso criticare, i mass media italiani per il modo in cui trattano l’intera materia.

“Erano ormai diversi anni che i detenuti italiani attendevano un atto di clemenza: questa speranza era stata fortemente alimentata dalla visita di Giovanni Paolo II nel 2002 al Parlamento italiano. Quest’anno, quando in parlamento si è capito che c’erano i numeri per dare il via libera alla legge, si è pigiato sull’acceleratore per approvarla il prima possibile ed evitare ripensamenti. Tutto ciò però ha evidenziato la situazione che i detenuti devono affrontare una volta fuori di prigione, dove spesso sono abbandonati a se stessi” racconta la Favero. Le suona il cellulare: è uno dei volontari, detenuto fino a qualche anno fa, che opera all’interno dell’ufficio padovano “Sos indulto”.

È al lavoro per aiutare una persona scarcerata nei giorni scorsi grazie all’indulto e che non sa come tornare a casa. “A Padova, ma credo che la situazione si sia ripetuta anche in altre prigioni italiane, i detenuti sono usciti dalle celle letteralmente a tutte le ore del giorno, appena arrivava il via libera dalla Procura che li aveva condannati. Per evitare di essere accusate di sequestro di persone, le prigioni hanno fatto uscire gli ex detenuti anche a notte fonda. Ho visto tre uomini liberati al “Due Palazzi” all’una di notte: due di loro non avevano soldi in tasca, il terzo invece, aiutato anche da un agente della polizia penitenziaria, ha chiamato un taxi e ha offerto loro un passaggio”.

Le aspettative di chi è rimasto dentro rimangono alte: “C’è chi grazie all’indulto, pur non uscendo di prigione, ha avuto un accorciamento della pena: molti di loro già confidano nella riforma del codice penale” aggiunge il direttore di “Ristretti orizzonti”. Per aiutare gli ex detenuti a reinserirsi nella società è fondamentale modificare l’atteggiamento di chi è fuori: “Attualmente nelle carceri italiane operano circa ottomila volontari: pochi di loro però si preoccupano del dopo, di ciò che avviene ad una persona una volta scarcerata. Ritengo quindi che sia fondamentale lavorare nel settore dell’informazione affinché cambi la mentalità dei cittadini che non hanno mai avuto problemi della giustizia nei confronti degli ex carcerati”.

A questo proposito la Favero attacca senza mezze misure alcuni mass media per come hanno trattato l’argomento creando paura e allarme nei cittadini. “Fino a pochi giorni fa - aggiunge - i giornali italiani, nazionali e locali, avevano poche notizie di cui parlare, come spesso succede d’estate, e per questa ragione si sono tuffati a pesce nel mare delle storie di chi usufruiva dell’indulto. Rivendico, per chi si è macchiato di una colpa, il diritto all’oblio: non è pensabile che a distanza di anni un ex detenuto venga risbattuto in prima pagina ricordando a lui e a tutta la comunità in cui dovrebbe reinserirsi gli sbagli per i quali ha già pagato la pena prevista dalla legge”.

 

Padova; uno sportello al servizio di chi è uscito

 

Redattore Sociale, 16 agosto 2006

 

Si chiama “SOS Indulto” lo sportello aperto dal Comune di Padova con la collaborazione del gruppo di “Ristretti Orizzonti”, il periodico del carcere, e altre associazioni del territorio: rimarrà aperto per tutto il mese di agosto. “Il Comune ha messo a disposizione buoni pasto e posti per dormire - racconta Ornella Favero, coordinatrice di “Ristretti Orizzonti” - . Se qualche ex detenuto vuole tornare a casa, facciamo in modo di pagargli il biglietto del treno. In tutto siamo circa dodici volontari, qui allo sportello: noi di Ristretti, alcuni legali di Avvocato di strada, la Caritas…”. I dati, aggiornati a tre giorni fa: dalla casa di reclusione di Padova sono uscite 220 persone - “il carcere è quasi dimezzato”, dice Ornella Favero - , mentre dalla casa circondariale, più piccola, altre 60. Il problema più grande è rappresentato dai detenuti immigrati in uscita: “Cerchiamo di capire come muoverci, cosa fare per loro - prosegue la Favero - , ma non ci sono molte possibilità. Penso che questa potrebbe essere l’occasione per sperimentare percorsi di regolarizzazione per quegli stranieri che, a partire dal carcere, avevano già cominciato un percorso di reinserimento, facendo qualche lavoro, oppure ottenuto la semilibertà”. In uscita non ci sono solo immigrati, ma anche persone con problemi di dipendenza, di disagio psichico.“L’indulto è stato inatteso, una sorpresa per tutti dopo tante aspettative deluse. Anche noi eravamo impreparati. C’è chi è stato scarcerato all’una di notte…” All’inizio, per chi esce, “c’è l’ebbrezza della libertà, c’è grande felicità. Ma già ora si toccano con mano i primi problemi. Noi volontari facciamo difficoltà ad agganciare queste persone con i servizi. Senza contare che siamo in agosto…” Il Comune di Padova, tuttavia, “si è subito attivato. Stamani - conclude Ornella Favero - c’è stata una riunione con il vicesindaco, Claudio Sinigaglia, che è anche assessore alle Politiche sociali. C’è lo sportello, e poi a Padova funziona anche un’unità di strada, con le cucine popolari: stiamo lavorando con loro”

 

Rovigo: dopo-indulto; varato un coordinamento stabile

 

Il Gazzettino, 22 agosto 2006

 

Ha i propri “angeli” la rete dell’accoglienza per chi esce dal carcere con l’indulto. Ieri, a palazzo Nodari si sono riunite le associazioni di volontariato che, coordinate dalla prefettura e dal Comune, stanno predisponendo una catena di solidarietà che prevede di far fronte a richieste di assistenza e reinserimento anche per rodigini i quali, scarcerati in giro per l’Italia, dovessero desiderare di tornare nella loro città d’origine. “In effetti se per la cinquantina di indulti eseguiti nella casa circondariale di Rovigo, il numero di casi che hanno avuto effettiva necessità di assistenza si è ridotto a una decina - ha detto il sindaco Merchiori - potrebbe succedere che scarcerati da altri istituti di pena rientrino a Rovigo e non abbiano di che vivere”. Alla riunione di ieri hanno preso parte i rappresentanti di una decina di associazioni di volontariato. Tra questi Porta verta, Caritas, Emmaus, Centro francescano di ascolto, San Vincenzo de Paoli, Coordinamento assistenti volontari Casa circondariale, Centro servizi volontariato. Si è stabilito di costituire un coordinamento che abbia connotati di più ampio respiro per fronteggiare anche situazioni meno emergenziali.

 

Vicenza: la pulizia “socialmente utile” con le cooperative

 

Il Gazzettino, 9 settembre 2006

 

Pulizia socialmente utile con il coinvolgimento delle cooperative cui saranno affidati dodici siti, particolarmente frequentati e di interesse socio ricreativo, della città. Per Roberto Vittori, Giuseppe Cardullo e Francesco Castegnero, i presidenti delle cooperative coinvolte Rinascere, Piano Infinito e 81, quella offerta dall’amministrazione comunale è “un’opportunità importante per quelle persone che presentano problemi di natura fisica o psichica. È una maniera per qualificare il loro tempo e la loro vita, un modo di reinserimento anche per i detenuti che, con tornati in libertà con l’indulto,

possono totalmente o parzialmente introdursi nuovamente nella società con un’occupazione di pubblica utilità”. L’iniziativa rientra nel più ampio progetto “Montecchio è nostra, la vogliamo pulita”. “Per migliorare qualitativamente l’ambiente e il nostro territorio - ha dichiarato l’assessore all’ambiente Massimo Meggiolaro - c’è bisogno di una collaborazione con i vari enti e associazioni locali. Abbiamo deciso quindi di coinvolgere in questo progetto le cooperative sociali radicate sul nostro territorio creando per loro un’occupazione che sia in grado di fornire un servizio socialmente e pubblicamente utile”.

Il servizio consisterà nell’attività manuali semplici, come ripulire da piccoli rifiuti abbandonati, come carte, bottiglie di plastica, di vetro, con opportune scadenze da concordare. La società Montecchio Brendola Servizi garantirà sacchetti, pinze, guanti, e quanto necessario oltre che la gestione dei rifiuti raccolti. “Queste una della serie di iniziative - ha detto il sindaco Maurizio Scalabrin - che stiamo studiando e organizzando in quest’ultimo anno.E solo questa prevede un investimento di circa 30.000 euro”. “Altre sono già in essere, come il controllo - ricorda il consigliere Pierangelo Carretta - per contrastare l’abbandono dei rifiuti che ha portato, da gennaio ad oggi, a sanzionare 75 trasgressori. Oppure quella in collaborazione con l’associazione Laboratorio Civico Territoriale per l’integrazione di Montecchio Maggiore, finalizzata all’insegnamento della cultura ambientale agli extracomunitari ed in particolar modo alle donne, responsabili dell’economia domestica e dell’educazione dei bambini”.

“Iniziative di questo tipo - conclude il primo cittadino castellano - hanno un’importanza strategica per il nostro paese dove sigarette spente, pacchetti vuoti e pubblicità sono le cause prime di sporcizia e degrado della città”. Nei prossimi mesi inoltre prenderà avvio, in collaborazione con il comune di Brendola, un servizio di video sorveglianza delle isole ecologiche, la raccolta dei rifiuti abbandonati, in parte già attiva.

 

 

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