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Martedì 19 il primo voto, mercoledì 20 l’indultino
Il Manifesto, 15 novembre 2002
Ora il Parlamento dovrà tradurre in atti concreti l’applauso fragoroso che ha salutato le parole del papa su carcere e clemenza. E le occasioni si presenteranno subito. Martedì prossimo, nella stessa aula, i deputati esprimeranno il primo dei quattro "sì" necessari per l’approvazione della legge costituzionale a firma di Marco Boato e Paolo Cento (Verdi), che cancellerebbe l’irraggiungibile quorum dei due terzi oggi richiesto per l’amnistia e l’indulto. Sarà una giornata chiave per verifIcare se coloro che battono le mani sono decisi anche ad alzarle al momento giusto, specie dalle parti di Alleanza Nazionale (che aveva detto "sì" in commissione e potrebbe cambiare idea in aula) e dei DS (astenuti in commissione, probabilmente contrari), mentre la Lega dirà senz’altro "no". L’indomani, mercoledì 20, sempre a Montecitorio la commissione giustizia comincerà l’esame della proposta di sospensione dell’esecuzione delle pene, ormai ribattezzata "indultino", promossa da Giuliano Pisapia (Prc) ed Enrico Buemi (SDI) proprio per aggirare la maggioranza qualificata ed evitare il lungo - e incerto - iter di una riforma costituzionale (esposta peraltro all’ipoteca del referendum confermativo nell’ipotesi di approvazione a maggioranza assoluta e non dei due terzi). La Pisapia - Buemi è una sorta di "messa in prova". Tutti i detenuti si vedrebbero sospendere tre anni di pena e, uscendo dal carcere, sarebbero soggetti a pesanti obblighi (firmare tutti i giorni in commissariato, non uscire dal comune di residenza, tapparsi in casa dal tramonto all’alba). Nel caso in cui commettessero nuovi reati o violassero le prescrizioni tornerebbero in carcere, altrimenti la pena si estinguerebbe in cinque anni. Sotto la proposta Pisapia - Buemi, realizzabile a maggioranza semplice, ci sono già un’ottantina di firme di tutti i gruppi, compresi parecchi DS, qualche nazional - alleato e un leghista. Anche i forzisti, favorevoli all’indulto, la valutano positivamente. Ora però si ricomincia anche a parlare di amnistia, il provvedimento più incisivo visto che cancella non solo le pene (o parti di esse) ma anche i reati. Lo ha fatto sul Corriere il guardasigilli Roberto Castelli, contrario da buon lumbard a qualunque atto di clemenza: "Io penso all’amnistia che fece Togliatti. Fu un atto politico di alto valore che chiudeva un’epoca - ha detto Castelli - che riappacificava. Bene, se l’amnistia, anche oggi, fosse pensata come un atto di pari valore vedrei la possibilità di una discussione seria e approfondita. Credo che politica e magistratura debbano riappacificarsi". Niente grazia a Sofri, aggiunge però Castelli, se non anche agli altri "terroristi di destra e di sinistra", compresi "gli altoatesini" (per i quali strepita Vienna) e i "Serenissimi" del campanile di San Marco, "che ricordo - ha spiegato il ministro - non hanno torto un capello a nessuno". Castelli non voleva certo riferirsi alla proposta di Cento, Pisapia e Giovanni Russo Spena che giace da tempo e realizzerebbe l’indulto per i detenuti politici degli anni settanta (stragi escluse). Al di là della confusione su grazia indulto e amnistia, l’ingegnere sembra pensare soprattutto a Tangentopoli. Difficile spiegare altrimenti il richiamo al ripristino dell’immunità parlamentare "per riequilibrare i poteri" e alla tregua tra politica e magistratura. Vorrebbe l’amnistia, insomma, per chiudere Mani Pulite. Ma proprio il rischio del colpo di spugna su Tangentopoli è tra le preoccupazioni in casa DS e nel centrosinistra. Non a caso la proposta di Giuseppe Fanfani, della Margherita, è una sorta di Pisapia - Buemi con rilevanti eccezioni per i reati contro la pubblica amministrazione oltre che l’omicidio, l’associazione mafiosa, il terrorismo e altro. E non a caso i garantisti diessini, Pietro Folena e Vincenzo Siniscalchi in testa, nella loro proposta di indulto escludono gli stessi reati. L’amnistia, insomma, sembra interessare FI solo se estesa a corrotti e concussori (tutt’altro che numerosi nelle patrie galere), ma sarebbe realizzabile per i DS solo con la loro esclusione. Anche se Guido Calvi, capogruppo diessino in commissione giustizia al senato, diceva ieri che "forse potremmo parlare anche di amnistia", sembra la strada più difficile. |