|
Indulto, è rissa a destra
Il Manifesto, 22 novembre 2002
Dibattito rinviato su indulto e riduzione della pena. almeno nella sede che ne avrebbe dovuto discutere ieri. la commissione giustizia della camera. La riunione è saltata per il protrarsi dei lavori dell’aula, ed è stata aggiornata a martedì prossimo. Quando però la commissione dovrà discutere di art. 41 bis. In concreto, il "provvedimento di clemenza" tornerà in campo alla fine della settimana, nella migliore delle ipotesi. Di indulto si è parlato lo stesso, però, e molto. In aula, complice il dibattito sulla situazione delle carceri, e tra gli inquilini il dibattito è stato tanto acceso da minacciare il passaggio alle vie di fatto. Uno scontro pubblico e senza precedenti tra Lega e Forza Italia, finito con il Carroccio che reclama un "chiarimento" sul tasso di fiducia che gli alleati, quelli forzisti in particolare, ripongono nel ministro Castelli. Ma non solo a Montecitorio si è parlato di clemenza e pene ridotte. Ha affrontato l’argomento, a Praga, Silvio Berlusconi, per bacchettare il suo vice Gianfranco Fini, che nemmeno 24 ore prima lo aveva clamorosamente smentito sia sull’indulto che sulla grazia a Sofri: "Ho sempre detto - risponde il premier che se eventualmente si ponesse il problema, questo deve essere lasciato alla libertà di coscienza di ciascuno. Non è questione che deve avere risposte dalle singole forze politiche". È il caso di notare che il giorno precedente Fini aveva proprio rifiutato di lasciare ai suoi parlamentari libertà di voto. Forse per stemperare la durezza del contrasto, Berlusconi ammette però che "essere parte di un’alleanza non significa essere d’accordo su tutti gli argomenti".
Di indulto hanno parlato infine, per l’ennesima volta, le gerarchie vaticane. E stavolta a lanciare il nuovo monito della Cei è il cardinal Ruini in persona, che scende in campo per rispondere ad An. Alcuni deputati di Fini avevano impugnato una parte del discorso del papa alla camera, quella sulla "salvaguardia della sicurezza dei cittadini", per santificare il proprio no al "gesto di clemenza" invocato dal pontefice stesso. "A meno di non porre il papa in contraddizione con se stesso - risponde Ruini la tutela della sicurezza non comporta il dire no a qualunque forma di riduzione della pena. La tutela della sicurezza è importante ma non preclusiva". Parole severe, mai però roventi come quelle volate a Montecitorio e poi, a distanza, per tutto il pomeriggio. Si discuteva di carceri, e il ministro Castelli non ha perso l’occasione per ribadire la sua opposizione a ogni riduzione della pena. "Mi corre l’obbligo - dice - di ribadire che varare un’amnistia o un indulto, adducendo la ragione che lo stato non può custodire i detenuti, sarebbe una resa. È una ragione non fondata sui fatti". Che qualcuno rispondesse al ministro-secondino era scontato. Ma che a rispondere, e con durezza degna della più severa opposizione, fosse Forza Italia, per bocca del vicepresidente della camera Biondi, questo era assai meno prevedibile. Invece Biondi attacca frontalmente e, peggio, il suo intervento viene accolto dai colleghi forzisti con un’ovazione seguita da complimenti e strette di mano.
È a questo punto che il capogruppo leghista ce perde le staffe. "Non è più accettabile ringhia - che una parte della maggioranza, e in particolare esponenti di Forza Italia, tolgano di fatto la fiducia al ministro ogni volta che viene in aula". Chiede "un chiarimento politico non più ritardabile nella maggioranza". Il problema, conferma il diretto interessato, effettivamente esiste. "Forza Italia - afferma il guardasigilli - mi ha sempre sostenuto, ma ci sono alcune voci forziste isolate che non perdono l’occasione per attaccarmi ogni volta che entro in aula". Tanto isolate non devono essere, se la vittima di tali e tanti attacchi conferma che c’è un problema politico e se il capogruppo del suo partito, dopo un botta e risposta con Biondi e con Vito proseguito per tutto il pomeriggio, torna a chiedere il "chiarimento". In attesa che la Cdl si chiarisca le idee, qualche passo avanti in questa direzione sembrerebbe aver fatto il centro sinistra. La sparata di Mantini, della Margherita, sulla necessità di approvare anche la riduzione delle pena con una maggioranza qualificata invece che con quella semplice (cioè la maggioranza dei votanti) dovrebbe restare lettera morta. E così i dubbi avanzati dai Ds, poi fortunatamente risolti, sulla costituzionalità della legge Pisapia Buemi A conti fatti, la legge dovrebbe essere approvata, anche se con le esclusioni apportate dal responsabile della Margherita Fanfani. Al momento sono pesantissime, tanto da comprendere anche l’associazione sovversiva semplice dalle fattispecie escluse dall’indultino, ma è probabile che saranno riconsiderate prima del voto finale. In ogni caso, una volta passata attraverso il filtro Fanfani, la legge dovrebbe essere votata anche dai Ds e persino, Fini permettendo, da una trentina di deputati di An. Quando? Auspicabilmente prima di Natale. Comunque dopo aver chiarito un punto non secondario: se la riduzione debba restare di tre anni, come nel disegno originale, o diminuita a due, come chiede la Margherita.
|