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L’amore dei vicini di casa di Maurizio Agosta
Articolo pubblicato sul sito internet www.ildue.it
Nel 1996, l’allora direttore dell’Amministrazione Penitenziaria, dott. Michele Coiro, inviò una circolare tutti i direttori degli Istituti Penitenziari nella quale chiedeva la disponibilità di locali e strutture atte a consentire l’istituzione dei cosiddetti "rapporti affettivi" che la Costituzione non solo non vieta, ma che l’Europa, in una direttiva del 1985, ribadita recentemente, ha chiesto che sia attivata negli Stati dell’Unione. Negli ultimi tre anni altri paesi europei, con tempi meno biblici, hanno dato vita ad una seria sperimentazione. Tra questi, ultima la Francia che, nel ‘98 ha realizzato tale sperimentazione in tre carceri. Copiare non è male, specie se le idee funzionano. In Italia lo sappiamo bene. E il Sottosegretario alla Giustizia, On. Franco Corleone, fin dal suo insediamento ha premuto sull’acceleratore per portare l’Italia nel novero delle Nazioni a civiltà avanzata. La
decisione di consentire un surrogato (nel senso temporale del termine) della
pratica affettiva in carcere, presa da altri paesi europei, tuttavia, trascende
i sistemi politici; la Russia, già nel periodo comunista quando era ancora
U.R.S.S. prevedeva la possibilità dei rapporti affettivi e sessuali dei
detenuti, ed altre Nazioni quali l’Olanda, la Danimarca, la Spagna, la
Svizzera, la Svezia, la Finlandia, la Norvegia e la Germania, hanno già da
tempo avviato la sperimentazione ed in modo particolare la Spagna che prevede,
oltre all’istituzionalizzazione dell’affettività per tutti i reclusi, la
funzione di un carcere che dispone appartamenti separati (case-famiglia) all’interno
dei quali il detenuto trascorre alcuni giorni con i propri familiari nella
massima discrezione ed intimità. Ora
io dico: il personale carcerario è forse un nucleo separato dalla società,
dedito alla castità? Freud
a parte, sappiamo che la privazione di un bisogno primario come l’esercizio
dell’attività sessuale, procura nervosismo, disagio, insofferenza, malessere,
dunque di disturbo dell’equilibrio psicofisico; ed è evidente che la presunta
funzione di recupero e reinserimento del carcere non può aver luogo se non si
risolve "anche" questo problema, se non si colma questa carenza.
Senza occhi indiscreti di Giuseppe Caminiti
Articolo pubblicato sul sito internet www.ildue.it
Una trasmissione televisiva di Raitre, andata in onda il giugno di quest’anno ("La storia siamo noi") trattava il tema dell’affettività in carcere. Il tema era "Punizione o riabilitazione?". In studio c’erano Stefano Anastasia di "Antigone", Edoardo Albinati, scrittore e Insegnate a Rebibbia, Paolo Mancuso, del DAP. In collegamento, il direttore di Rebibbia e l’Onorevole Franco Corleone. Un filmato, girato a San Vittore, riguardava un nostro compagno, Tino Stefanini. Lo riportiamo perché ci sembra un punto di vista molto rappresentativo di quello che pensiamo su questo argomento, così come riportiamo le dichiarazioni fatte in quella trasmissione dal Sottosegretario alla Giustizia, con delega alle carceri, Onorevole Franco Corleone.
Tino Stefanini
Omosessualità
in carcere io in tutti questi anni non l’ho riscontrata se non a livello
normale, come ci può essere all’esterno. Detenuti che abbiano usata la
violenza su altri detenuti, anche violenza sessuale... sono casi isolati, sono
così sporadici e qualcuno di queste persone è stato preso a botte... sono
stati isolati e tenuti in disparte dal contesto dei detenuti. In determinati
carceri, dove magari c’è meno controllo, meno possibilità di essere
acchiappati hanno fatto delle pratiche sessuali con le loro compagne; almeno,
così mi hanno raccontato, cioè durante il colloquio, dove magari c’erano dei
posti... nella stanza, staccati uno dall’altro, qualcuno è riuscito a fare
qualcosa con la propria compagna. Quello vuoi dire proprio superare un certo
gradino di dignità. È un bisogno fisiologico e non penso che sia indignitoso
cercare di avere dei rapporti sessuali senza occhi indiscreti. Una persona da
sola per un determinato periodo, bene o male... è qualcosa che è nell’istinto
dell’uomo...
Tino Stefanini è detenuto ininterrottamente da dodici anni e mezzo. Ha già fatto circa venticinque anni di carcere ha scritto vari libri, ha prodotto un film, lavora e ha ancora da scontare quindici anni; ha un figlio che ha lasciato che aveva sette mesi, e che adesso, a luglio compirà tredici anni... Onorevole Corleone, alcuni dicono che il carcere, se si introducessero le "stanze dell’amore" non sarebbe più carcere...
Franco Corleone
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